Morgante/Cantare decimoquarto: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poemi epici}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Cantare decimoquarto|prec=../Cantare decimoterzo|succ=../Cantare decimoquinto}}
<poem>
<span style="font-size:80%">1</span> Padre del cielo e Re
sanza il qual non si muove in aria foglia,
non mi lasciar perduto ire a traverso
mentre
poi che tu
condotto in sino al mezzo della soglia,
con la tua man mi guida a salvamento
insino al porto con tranquillo vento.
<span style="font-size:80%">2</span>
facessi, adorerei sempre per santo. -
Disse Rinaldo: - Domattina aspetta,
e tutti a riposar ci andiamo intanto;
come fia giorno, i destrier nostri assetta:
vedrò
Così Rinaldo se
e fece, e rïuscigli, un bel concetto.
<span style="font-size:80%">3</span> La mattina per tempo fu levato.
e da costor non volle esser pagato,
ma di sua povertà lor proffereva:
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e Vegliantin vagheggiava e Baiardo.
<span style="font-size:80%">4</span> Rinaldo se
al re montava il baron valoroso;
era a vederlo tutto il popolazzo.
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<span style="font-size:80%">5</span> Rinaldo gli rispose: - La risposta
farò io per costui che tu domandi. -
E poi che presso alla sedia
disse: - Per certo di te fama spandi;
non so come il Ciel facci tanta sosta
della tua tirannia, can traditore,
dieci leghe lontan mi venne odore. -
<span style="font-size:80%">6</span> Era la sala piena di pagani;
non gli rispose alcun,
e divorato
quel signor tristo
Rinaldo seguitò: - Con le mie mani
per gastigarti sol, Vergante, vegno:
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nato di tristo e di superchio caldo,
non può più il Ciel patir tanto peccato
nel qual tu
lussurïoso, porco, svergognato,
poltron, gaglioffo, poltoniere e vile,
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<span style="font-size:80%">8</span> Dunque tu porti in testa la corona?
nimico
in odio a Dio, al mondo, alle persone.
Ben verrà la saetta, quando
perché
e
lupo affamato, perfido, rapace.
<span style="font-size:80%">9</span> Non pensi tu che in Ciel sia più giustizia,
malfusso, ladro, strupatore e mecco,
fornicatore, uom pien
ruffian, briccone e sacrilego e becco?
Non potrebbe scusar la tua tristizia
tener le nobil donne saracine
virgini e
<span style="font-size:80%">10</span> E batterle ogni dì sì aspramente,
e come il centro non
Vergante uscito parea della mente;
ognun tenea a Rinaldo gli occhi fissi,
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<span style="font-size:80%">11</span> Non sapea che si dir Vergante; e tanto
multiplicò la furia e la tempesta
che Rinaldo lo prese
e la corona gli strappò di testa
e tutto gli stracciò il reale ammanto;
ognuno stava a veder questa festa;
poi lo portò tra quella gente pazza,
e
<span style="font-size:80%">12</span> Tutti color che
a gran furore sgomberati la sala,
dicendo: «Da Macon questo è venuto!».
Beato a chi poté trovar la scala!
Rinaldo, come savio uomo ed astuto
che le parole e
sùbito andò dove le damigelle
avea sentite batter, meschinelle,
<span style="font-size:80%">13</span> e vide
e tutto il dosso vergheggiato aviéno.
Partissi e del palagio usciva fora,
e vide il popol
e come volentier ciascun
che tutti reverenzia gli faciéno;
ed accostossi ove era alcun barone;
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<span style="font-size:80%">14</span> Quel vero Iddio che fece prima Adamo,
poi pel peccato suo volle morire,
perché allo
(e non si può con ragion contraddire),
benché alcun saracin mi
del vostro re, qui
per liberar non sol le figlie vostre,
ma perché a gire a lui la via vi mostre.
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per lunghi tempi; e Macon falso e rio
conoscerete dopo la partita.
Ma
per la sua carità
perché egli è grazïoso e santo e pio,
alluminar vi manda e darvi segno
<span style="font-size:80%">16</span> Non ha voluto comportar
che vi faceva il signor vostro a torto:
questo esser debbe a ogni savio un saggio
di sua potenzia, poi
nella presenzia del suo baronaggio:
da Lui sol venne
Lui mi diè forza che così facessi,
e
<span style="font-size:80%">17</span> Lui vi spirò, potete intender certo,
però che troppo
ed or per trarvi dello etterno foco
vuol
nel qual cresciuti siete a poco a poco.
Però tornate tutti al cristianesimo,
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cominciava a gridare a una boce:
- Sia benedetto chi il tiranno ha strutto,
E poi che
adorian tutti Quel che morì in croce.
Dicci il tuo nome, sol tutti preghiamo,
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<span style="font-size:80%">19</span> ché poi che morto hai il traditor ribaldo,
vogliam, per sempiterna tua memoria,
un simulacro farti
dove sia disegnata questa istoria. -
Rispose il prenze a tutti: - Io son Rinaldo
da Montalban, che
ed or
dal mio Gesù, che
<span style="font-size:80%">20</span> Allora il popol cominciò a gridare:
- Viva Rinaldo, e viva il tuo Gesùe!
Ognun qui
già mille volte per le virtù tue. -
E così cominciava a battezzare
Rinaldo alcun baron con le man sue;
ognuno
e
<span style="font-size:80%">21</span> In pochi dì fur tutti battezzati.
quanto poteva più gli ha ringraziati.
Questa novella sentì il barbassoro
e gli altri che Rinaldo avea trovati:
alla città venien sanza dimoro;
e
e molto gaudio avea del re Vergante.
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venirsi a battezzar divotamente,
e quanto allegre parevano e belle,
di lor
elle parien del ciel le prime stelle;
le madre
Gran festa si facea per la cittade
e le castella e
<span style="font-size:80%">23</span> Il barbassoro della gran foresta
diceva al prenze: - Quanto ti so grado
Sappi
ogni cosa sia tuo
Dicea Rinaldo: - Intender mi fia a grado
questa città quanti uomini farebbe
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<span style="font-size:80%">24</span> Rispose il barbassoro: - Questa terra
ha sotto sé
centomila pagan faran da guerra,
sanza molte castella e le villate;
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<span style="font-size:80%">25</span> E stettesi alcun giorno a riposare
Rinaldo
Il popol lo voleva incoronare,
ma Rinaldo non volle per nïente,
dicendo: - In libertà vi
e
Poi, quando un tratto vide tempo ed agio,
il popol ragunò tutto al palagio;
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<span style="font-size:80%">26</span> e ragunato, fece parlamento,
e disse: - Or che di voi fidar mi posso,
io
per che cagion di Parigi son mosso,
e
il mio cugin
<span style="font-size:80%">27</span> Vorrei che mi facessi compagnia,
tanto
Poi che finita fu la diceria,
fu commesso a Balante che dicessi
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<span style="font-size:80%">28</span> Rinaldo, poi che liberati ci hai
da Macon, da Vergante e dallo
non pensi tu che noi siàn tutti omai
sempre tuoi servi e schiavi in sempiterno?
Ciò che domandi, a tuo piacere arai
ed ora e sempre, vivendo in etterno:
faccisi tosto come vuoi la
ché di tal caso a tutti assai ne pesa. -
<span style="font-size:80%">29</span> Rinaldo ringraziava tutti quanti.
E poi per tutti i paesi
subitamente messaggieri e fanti,
e molta gente tosto
Vennono a corte a Rinaldo davanti:
in men
novantamila cavalieri armati
e tutti in guerra ben disciplinati.
<span style="font-size:80%">30</span> E poi vi venne due giganti fieri
con diecimila armati in
in punto ben di ciò che fa mestieri,
che rinnegato avien tutti Macone;
e servivon Rinaldo volentieri
e
<span style="font-size:80%">31</span> Costui, che molto amò già il suo signore,
poi che vide Rinaldo che
non poté far non si turbassi il core,
e disse con Balante: -
e perché io fui suo amico e servidore,
mal volentier questo oltraggio comporto
né posso far
Per la mia nuova fé, con voi non vegno. -
<span style="font-size:80%">32</span> Disse Rinaldo: -
che meco non verrai, come tu hai detto,
e morto resterai, gigante fero,
ché tu non credi in Cristo o in Macometto. -
Era il gigante superbo e leggiero,
e disse: -
io ti farò sentir
e forse vendicato fia Vergante. -
<span style="font-size:80%">33</span> La poca pazïenzia
di Rinaldo e
Rinaldo la sua spada fuor tiròe
ed una punta crivellando viene,
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La gente corse a sì fatto romore
e domandava ognun che quivi corre:
- Che vuol dir questo? - e
dicevan tutti: -
poi che Vergante amava, il traditore,
e dicea che fu a torto il dì ammazzato. -
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che venga presto con sue gente avante,
e di tal cosa romor non ispanda;
che si ricordi quel
E in pochi giorni compariva il messo.
<span style="font-size:80%">36</span> E Lucïana il vide volentieri,
e disse al padre quel che scrive il prenze.
Disse Marsilio: -
tu metta in punto e tutte tue potenze;
Rinaldo nostro e sue magnificenze:
troppo mi piacquon
E così in punto si misson le squadre.
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non mi lasciar mai più portare spada;
ma questa è quella volta che rinflora. -
Disse Marsilio: -
pur che
ché di servirlo son più di te caldo. -
<span style="font-size:80%">38</span> Diceva la fanciulla a Balugante:
- O Balugante, io
con questa gente
acciò che sia
Egli rispose: - Pel mio Trevicante,
volentier ne verrò sotto tua insegna. -
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<span style="font-size:80%">39</span> Così la dama da Marsilïone
si dipartì
e per insegna nel suo gonfalone
eron due cuori insieme incatenati;
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tanto era lavorato ricco e bello.
<span style="font-size:80%">40</span> E
al prenze, come
subitamente molti baron chiama
e fece i principal montare in sella,
e così incontro
Rinaldo, come appariva la stella,
dicea: «Rinato è Cristo veramente,
ché apparita è la stella in orïente».
<span style="font-size:80%">41</span> Giunse la donna, e
della qual cosa Rinaldo si duole,
ché la sua gentilezza è superata;
dismonta presto, e con destre parole
si scusa, e parte la fanciulla guata
come sta fissa
e
e
<span style="font-size:80%">42</span> Rimontati a caval, tutti
nella città con festa e con onore;
e poi
disse la dama: - O mio caro signore,
io
il qual sempre terrai per lo mio amore:
con le sue mani
contesto
<span style="font-size:80%">43</span> E fecelo spiegare in sua presenzia.
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<span style="font-size:80%">44</span> Egli era in questo modo divisato:
in su la sala magna fu, disteso
in quattro parte,
quattro alimenti; e
che si
pien di faville e raggi fiammeggianti,
<span style="font-size:80%">45</span> Quivi eran certi carbonchi e rubini
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come è nel foco dello etterno amore.
Quivi è la salamandra ancor nel foco,
che si godea contenta in festa e
<span style="font-size:80%">46</span> Nella seconda parte è
azurro tutto, e
la luna e
e Giove appresso e Vulcan che martella;
Saturno e Marte in aspetto più duro,
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Poi gli uccèi sotto si vedean volare.
<span style="font-size:80%">47</span>
guardando fiso il sol,
tanto che
e rovinava in mar giù
quivi di nuove penne
e riprendeva poi sua giovinezza.
E la nuova fenice, come suole,
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ed arsa e poi rinata in su la cima.
Quivi è il falcon salvatico e quel domo,
e
e
Quivi è
che drieto alla pernice studia il volo.
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che par che si volessi inalberare,
e mentre che fuggìa, forte schiamazza;
quivi è
e drieto il suo nimico che
e lo smeriglio si vede squillare
di cielo in terra, e la rondine ha innanzi,
e par che
<span style="font-size:80%">50</span> Quivi si vede i gru volare a schiera,
e quel che va dinanzi par che gridi;
e
e come questi par che
Quivi è la tortoletta a primavera,
e par che
più non
e sol
<span style="font-size:80%">51</span> Quivi si cava il pellican del petto
il sangue, e rende la vita
èvvi
e
a ogni mosca chiudendo gli artigli;
e gira
e
<span style="font-size:80%">52</span> Ed anco il milïon si va aggirando,
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si vede, e rizza la pupa la cresta;
quivi si pasce di sogni il moscardo
perché
<span style="font-size:80%">53</span> Il picchio
che
perché
mandollo a Corsignan, poi non fu desso,
tanto che Siena ha ancor le gote rosse.
Quivi è il rigogoletto, e
e
ed èvvi il verde e
<span style="font-size:80%">54</span> Gli stornelletti in frotta se ne vanno,
e tutti quanti in becco hanno
le mulacchie un tumulto in aria fanno;
la passer
e par sol si diletti di far danno;
e
èvvi il fatappio ed èvvi la cornacchia
che garre drieto agli altri uccelli e gracchia.
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<span style="font-size:80%">55</span> Quivi superbo si mostra il pagone
e grida come gli occhi in terra abbassa,
garzetto e
quivi la quaglia, che pareva lassa
volando
quivi è
parea, che in giù volassin per tuffarsi.
<span style="font-size:80%">56</span>
la gallinella con variate piume,
e
parea che fussi alla morte vicino,
però cantassi, come è suo costume;
quivi col gozzo e col gran becco aguzzo
si vedea
<span style="font-size:80%">57</span> barattole, germani e farciglioni,
altri uccèi
certi ugelletti che si dice alcioni,
che fanno al mar sentir lor nidi e canti;
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lungo sarebbe a contar tutti quanti,
che stan per fiumi e per paludi e laghi,
perché
<span style="font-size:80%">58</span> e
la merla nera e la merla acquaiuola,
poi la tordela e
e
e
avelia e capitorza e sepaiuola,
pincione e niteragno e pettirosso,
e
<span style="font-size:80%">59</span> Quivi era calandra e
e
e
e
insino al re delle siepe piccino,
la cingallegra, il luì, il capinero,
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ed un uccel che suol beccare il fungo.
<span style="font-size:80%">60</span> Rondoni e balestrucci eran per
Poi in altra parte si vedea soletta
la passer penserosa e solitaria,
che sol con seco starsi si diletta,
a tutte
Èvvi il cuculio con sua malizietta,
che mette
della sua balia, che è detta curuca.
<span style="font-size:80%">61</span> E
e degli uccèi notturni sbandeggiati,
civetta e gufo e gli altri sventurati:
non ne mancava al padiglione un solo
di
Ultimamente
<span style="font-size:80%">62</span> Vedeasi in mezzo rilucente e bella
nella sua sedia Giunon coronata,
e Deiopeia e
e molto dalle ninfe era onorata.
Eol parea che tentassi procella
e che picchiassi la porta serrata,
e Noto ed Aquilon già fuori usciéno,
ed Orïon
<span style="font-size:80%">63</span> Poi si vedeva Dedalo che
avea smarrito, e batteasi la fronte,
ché non credette al suo savio consiglio;
vedesi il curro abandonar Fetonte,
e
e come
e la terra apre per
e Giove il fulminava della ròcca.
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e far talvolta navili affondare,
e dolcemente cantar la serena
il dalfin
e par
che si provegghin di salvar lor legni.
<span style="font-size:80%">65</span> Il marin vécchio fuor
e
ma il pesce tordo così non facìa;
vedeasi il cancro
e come il fuscelletto in bocca avia,
e poi che quella vedeva allargare,
e poi
<span style="font-size:80%">66</span> Raggiata e rombo, occhiata e pescecane,
la triglia, il ragno e
lo scòrpin colle punte aspre e villane,
ligusta e soglia, orata e storïone,
e
e
gambero e nicchio e calcinello e seppia
e sgombero e morena e scarza e cheppia.
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<span style="font-size:80%">68</span> e che vi fussi boncio e barbio e lasca.
Alefe finalmente
e come sol
e tratto fuor di quella parea morto.
Vedevasi la manna che giù casca
e
e come il pescator molto
con rete ed esca e con mille altri inganni.
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che lo voleva a Colchi guidar Tifi;
Scilla abbaiar si sentia crudelmente,
vedeasi Teti, e vedevasi Ulisse
come più là
<span style="font-size:80%">70</span> Cimoto e Trìton placar la tempesta;
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cercando Esperia ancor sotto acqua andare;
talvolta Galatea fuor trar la testa
che
notavan per lo mar con ambo mane,
converse in ninfe, le nave troiane.
<span style="font-size:80%">71</span> Poi si vedeva nave in quantitate
gir sopra
balenier, grippi e galeazze armate
e brigantin, carovelle e marrani,
Line 644 ⟶ 639:
e sopra fuste menarsi le mani;
battelli e paliscarmi e schifi e barche
<span style="font-size:80%">72</span>
quivi si vede tutte
e come il globo si ristrigne e serra,
e le città famose tutte quante,
Line 656 ⟶ 651:
<span style="font-size:80%">73</span> Il lïofante parea molto grande,
calloso e nero e dinanzi
e come quegli orecchi larghi spande
e stende il grifo lungo,
pigliar con esso tutte le vivande,
e nol potea toccar se non un ghezzo;
fuor della bocca gli uscivan due zanne
<span style="font-size:80%">74</span> Èvvi il leone, e
èvvi il caval famoso sanza freno,
e
e
Vedevasi il castor molto discreto,
che
e strappasi le membra genitale,
veggendo il cacciator, per manco male.
<span style="font-size:80%">75</span> Il leopardo pareva sdegnato,
perché
e
esser da questa tocco e pettinato,
ma non si fidi
se non vi mette il corno prima drento;
e se quel suda sta a vedere attento.
<span style="font-size:80%">76</span> Tutto bizzarro e pien di furia
e
gridato dalla gente e
e
e poi
e
insin che
<span style="font-size:80%">77</span> E
e la capretta e
la lepre paürosa e meschinella
par che si fugga, temendo ogni caso;
Line 701 ⟶ 696:
<span style="font-size:80%">78</span> La volpe maliziosa era a vedere,
e
èvvi il coniglio, e scherza a suo piacere;
molto sentacchio pareva il cignale;
poi si vedeva la damma e
che drieto al monte scorgea
quivi era il tasso porco e
che si dormien per le lor buche o tane.
<span style="font-size:80%">79</span> E lo spinoso e
e sopra il bucolin del topo il gatto
con molta pazïenza, come astuto,
tanto che netto rïuscissi il tratto;
bevero, e
e puzzola e faina e lo scoiatto;
èvvi la lontra e va cercando il pesce,
ed or
<span style="font-size:80%">80</span> gattomammon, bertuccia e babbuïno,
mufo, camoscio, moscado e zibetto,
la donnoletta e
che parea tutto bianco e puro e netto;
la martora si sta col zibellino;
Line 728 ⟶ 723:
<span style="font-size:80%">81</span> La lonza maculata e la pantera,
e
e nel cadergli addosso quella fera
aveva ucciso lui, come ignorante,
ché del futuro accorto già non
èvvi il serpente, superbo, arrogante,
che fiammeggiava fuoco per la bocca
e col suo fiato attosca ciò che tocca.
<span style="font-size:80%">82</span> E
poi lo piangeva, pien
e
acciò che le parole sue non oda,
aveva
e
Poi si vedea col fero sguardo e fischio
uccider chi il guardava il bavalischio;
<span style="font-size:80%">83</span> con sette capi
la vipera scoppiar nel partorire;
la serpe si vedea prudente e mastra
tra sasso e sasso della scoglia uscire;
che con la coda voleva ferire;
la biscia, la cicigna e poi il ramarro,
e molti altri serpenti
<span style="font-size:80%">84</span> Ienna vediesi della sepultura
cavare i morti rigida e feroce,
la qual si dice, chi
la cientro colla faccia orrida e scura,
e iacul, tanto nel corso veloce,
e la farea crudel che per Libia erra.
<span style="font-size:80%">85</span> Poi si vedeva andar pel mondo errando
Ceres dolente, misera e meschina,
e in ogni parte venìa domandando
dicendo: - Io
E la fanciulla bella e peregrina
vedevasi di rose e vïolette
Line 774 ⟶ 769:
<span style="font-size:80%">86</span> poi si vedea Pluton che la rapia.
E così stava il padiglione adorno;
facean
tal che sì bel mai più vide Soria:
trecento passi o più girava intorno;
le corde aveva e gli altri fornimenti
di seta e
<span style="font-size:80%">87</span> Non si potea saziar di mirar fiso
Rinaldo il padiglion; poi disse: - Certo
questo
non fu già Filomena in un deserto.
Né mai sarà il mio cor da lei diviso.
Line 794 ⟶ 789:
questo terrò con singulare onore;
questo terrò di tue virtù per segno;
questo terrò
questo terrò perché del tuo sia il pegno;
questo terrò vivendo in sempiterno;
questo terrò poi in cielo o nello inferno. -
<span style="font-size:80%">89</span> Disse la dama: - Ascolta quel
Io ti vorrei poter donare il sole,
e non
il tuo cor generoso, come suole,
si mostra pur magnalmo al modo antico.
Ma intender, chi
con le sue proprie man
<span style="font-size:80%">90</span> Or qual
di porfiro o dïaspro o altra petra,
che non
e le saette
Volea pur dir (ma la voce
Rinaldo qualche cosa alla donzella;
ma non poté, ché perdé la favella.
<span style="font-size:80%">91</span> Ben
che per soperchio amor non rispondessi,
e disse: «Sarei io tanto selvaggia
purché mai tempo e luogo e modo accaggia?
E qual
salvando sempre e
E
<span style="font-size:80%">92</span> Rinaldo ringraziò pur finalmente
delle parole grate
ultimamente la donna piacente,
Fu commendato da tutta la gente
il padiglione, e
E cominciossi a trattar molte cose
che fien
</poem>
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