I suicidi di Parigi/Episodio terzo/VII: differenze tra le versioni
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Egli aveva bello chiamarsi Pradau, come si era chiamato di cento altri nomi in Russia, in Polonia, in Austria, in Turchia, in Italia. Egli aveva bello azzeccarsi delle basette troppo scure, dei capelli neri con una cresta a
Egli non à perfezionato il suo carattere, e non à aumentato nella nostra stima, in proporzione che à aumentato la sua fortuna, i suoi talenti, le sue relazioni sociali.
Aspettando la risposta
Ascoltatelo, se vi piace. Messer Tob è sempre istruttivo come i libercoli pii dei RR. PP. dalla Società di Gesù.
Passiamo i complimenti e le informazioni piene
- Io ve lo affermo, M. Claret, voi dovete cambiare il cameriere del vostro padrone, per
- Ma, signore, il duca è contento del suo cameriere.
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- Che mi dite voi dunque, père Pradau?
- Mio Dio, sì: nè più, nè meno! Quando io mi sono deciso - io, cittadino libero del bel regno di Francia e di Navarra, ad entrare
- Spiegatevi un poco più chiaro, père Pradau.
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- Ciò è, M. Claret. Un grande spirito del secolo scorso, un gentiluomo, il signor di Montesquieu à detto in qualche parte<ref>Lettres Persanes.</ref>: "Questo corpo dei lacchè è più rispettabile in Francia che altrove: egli è un semenzaio di grandi signori; ricolma i vuoti degli altri stati. Queglino che lo compongono, prendono il posto dei Grandi sgraziati, dei magistrati ruinati, dei gentiluomini uccisi nei furori della guerra, e quando non possono supplire da sè stessi, rilevano tutte le grandi case per mezzo delle loro figlie, le quali sono come una specie di fumiere che ingrassa le terre montagnose ed aride."
- Catteri! catteri! che
- Non è vero? - riprese lo zio Pradau. Ma non deploriamo più codesto - avvegnachè avessimo a rassegnarci, con rammarico, a non più battere le scolte di notte; a non più bastonare il borghese; a non far comunella con lo studente, ed a fare, in virtù
- Eh eh! mica sovente, père Pradau.
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- Di chi la colpa? Una cosa non pertanto era restata in piedi in questa ruina delle istituzioni dei nostri padri: che il domestico avrebbe servito il meno possibile il suo padrone e si sarebbe fatto il più possibile servire da lui.
Un articolo essenziale della nostra Carta non era stato mai violato - ed i nostri confratelli
- Un ceppo nel focolaio!
- Sissignore. Il duca di Lermes obbedisce. Il ceppo si infiamma. Il re à troppo caldo alle sue gambe e chiede al duca di scostare la sua seggiola. - Mi scusi, sire, risponde il duca di Lermes, gli è il conte di Lemos che à il diritto di toccare la seggiola di Vostra Maestà. Si cerca il conte di Lemos. Egli è alla caccia. Il re si abbrustola infrattanto, ma non osa più ordinare al duca di Lermes di allontanarlo dal camino. Il duca non osa invadere le funzioni del conte di Lemos. Sì bene che, quando questi ritornò dalla caccia, le gambe del re erano rosolate come una costoletta - e ne morì. Ecco come si conducevano i nostri padri; ecco
- Come è nobile codesto, birbo
- Ebbene, io ò visto - visto dei miei occhi, dei miei propri occhi, M. Claret - io ò visto mastro Robert, alla porta
- Voi avete ragione, zio Pradau - scoppiò M. Claret, indignato.
- Se ò ragione! ma dimani quel birbo consentirà a rimpiazzarvi come intendente, M. Claret, come maestro di casa, se il padrone
- Oh
- Bisogna mandarlo via corto corto, e
- Come! voi dite...
- Che quel posto mi fa
- Oh! per esempio! Non vi basta dunque quello che avete?
- Maitre
- Catterone! Ma io credo che il re è alle Tuileries per la stessa ragione.
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- Quanto vi rende il vostro posto?
- Sei mila franchi
- Corna di un bue! e voi sollecitate il posto di cameriere, che vi darebbe due cento franchi al mese?
- E per ciò appunto io li rifiuto. Voi mi farete
- Ma voi fabbricate dunque dei vaudevilles, père Pradau?
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- Per esempio! no: ma...
- Ascoltatemi bene, M. Claret, e comprendetemi bene. Che cosa sono io adesso?
- Cosa è Fernandina, père<ref>
- Ma donde cascate voi, M. Claret, che non avete udito parlare, o visto, la più bella figliuola di Parigi? quattro cavalli a un landau giallo e nero, come quello
- Capisco!
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- Ed ambizionate un posto di 200 franchi al mese?
- Appunto! Noi abbiamo avuto questo affare col Turco
- Voi dite, père Pradau!
- Conoscete voi quel
- Voi intendete parlare della Borsa, mi immagino?
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- Hum! père Pradau, io ò udito delle storie su quel luogo lì...
- Bazzecole! Tutto dipende dal colore delle mani che vi si portano. Ma infine, ecco il mio affare. Io lascio in deposito al mio agente di cambio un capitale di... - mettiamo 100. Egli mi lascia fare delle operazioni, tutto al più per 150 o 200. Perchè? Perchè io lo conosco, e perchè egli sa non esser io che un piccolo funzionario in casa di una dama la quale à un bazar dove à luogo qualcosa che si chiama: una sauterie, un pranzo in piccolo comitato, un raout, un ballo, infine, per i grandi colpi, come
-
- Credete voi, M. Claret, che gli uomini di genio
- O se ne va.
- Qualche volta. Ma noi paghiamo. Ciò allecca il mio amico agente di cambio. Io piagnucolo presso il duca, a proposito della perdita che ò subita. Egli
- Babbo Pradau, voi avete la mia stima!
- Voglio il posto, M. Claret, la vostra confidenza e la vostra amicizia: ecco tutto. Mi avete voi capito? Io non ò secreti per voi. Voi avete delle ragazze a maritare o a mettere al Conservatorio, e dei biricchini a ficcar nel collegio. Noi siamo cristiani al postutto, che diavolo! Ebbene, si va più spiccio della sorte che con i rosicchi sui conti e gli sconti dei fornitori. E rileviamo, per
- Oh! io comprendo perfettamente ciò.
- Bisogna moralizzare i padroni, mio caro, se vogliamo costituire la nostra indipendenza. Essi ci danno del tu, per
- Come a dire?
- La nostra livrea è la nostra gogna. E la parrucca, poi? E con questo, una parrucca di stoppa, bianca della farina che il vento ci caccia negli occhi e ci accieca, e nel naso e ci fa starnutire dodici ore al giorno! Mi pare che basti che ci accimorrino con li scarpini, le calze di seta e le brache corte. Essi non ànno nemmeno pietà se un famigliare à le gambe arcate, con quei mezzicalzoni di peluscio rosso o giallo canario! Se fossero almeno colori seri! Vi si azzima in pappagallo! Basti così, cospettaccio!
- Io inchino forte alla veste da camera. Essa è più comoda. Io ò saggiato
- Allora, caro M. Claret,
- Sì, sì, père Pradau, io ò afferrato tutte le vostre combinazioni e le trovo ammirabili. Ma lasciatemi preparare un pretesto che mi giustifichi agli occhi del duca, se mando via Roberto e vi sostituisco a lui.
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- Ciò è giusto. Ciò è, anzi, convenevole. Bisogna rispettarci, se vogliamo farci rispettare dai padroni. Anche io non voglio perdere la commissione che mi riviene sul collocamento che madama Augusta medita probabilmente.
- Ma cosa
- Ma! avete voi udito a parlar mai
- Oh! sì: ò letto ciò spessissimo negli annunzi dei giornali<ref>Agenzia di matrimoni.</ref>.
- Ebbene
- Ma,
- Le persone
- In fede mia! codesto è proprio superbo.
- Lo credo bene. E perciò ci si scrive dalle cinque parti del mondo per essere inscritta e presentata, e ci si manda il ritratto, guarentito rassomigliante per atto di notaro. Che collezione! Qualche volta noi facciamo delle anticipazioni, per dei soggetti il di cui successo è infallibile. Si può consultar gratis i nostri registri ed il nostro album. Nulla di sospetto e di meschino. Il signore che non giustifichi di avere un titolo e di posseder per lo meno 150,000 franchi a ruminare in un anno, non è ammesso nelle nostre riunioni.
- Ma
- Pouah! questo governo taccagno! Ah! parlatemi dunque degli altri<ref>Il conte di Chambord e gli antenati.</ref>!
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- Mille grazie, ed a rivedervi, père Pradau.
Come quella dimora aveva
M. Claret andava ad introdurvi
Il duca di Balbek aveva accettato, e fissato il ballo di Augusta al 29 novembre.
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