Canti (Leopardi - Donati)/XVI. La vita solitaria: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|La vita solitaria}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=XVI<br />La vita solitaria|prec=../Il sogno|succ=../Consalvo}}
 
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<poem>
 
La mattutina pioggia, allor che l'alel’ale
Battendo esulta nella chiusa stanza
La gallinella, ed al balcon s'affaccias’affaccia
L'abitatorL’abitator de'de’ campi, e il Sol che nasce
{{R|5}}I suoi tremuli rai fra le cadenti
Stille saetta, alla capanna mia
Dolcemente picchiando, mi risveglia;
E sorgo, e i lievi nugoletti, e il primo
Degli augelli susurro, e l'aural’aura fresca,
{{R|10}}E le ridenti piagge benedico:
Poiché voi, cittadine infauste mura,
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Le sciagure e gli affanni, alla reina
{{R|20}}Felicità servi, o natura. In cielo,
In terra amico agl'infeliciagl’infelici alcuno
E rifugio non resta altro che il ferro.
Talor m'assidom’assido in solitaria parte,
Sovra un rialto, al margine d'und’un lago
{{R|25}}Di taciturne piante incoronato.
Ivi, quando il meriggio in ciel si volve,
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Da presso né da lunge odi né vedi.
Tien quelle rive altissima quiete;
Ond'ioOnd’io quasi me stesso e il mondo obblio
{{R|35}}Sedendo immoto; e già mi par che sciolte
Giaccian le membra mie, né spirto o senso
Più le commova, e lor quiete antica
Co'Co’ silenzi del loco si confonda.
 
Amore, amore, assai lungi volasti
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Nel fior degli anni. Mi sovvien del tempo
Che mi scendesti in seno. Era quel dolce
{{R|45}}E irrevocabil tempo, allor che s'apres’apre
Al guardo giovanil questa infelice
Scena del mondo, e gli sorride in vista
Di paradiso. Al garzoncello il core
Di vergine speranza e di desio
{{R|50}}Balza nel petto; e già s'accinges’accinge all'opraall’opra
Di questa vita come a danza o gioco
Il misero mortal. Ma non sì tosto,
Amor, di te m'accorsim’accorsi, e il viver mio
Fortuna avea già rotto, ed a questi occhi
{{R|55}}Non altro convenia che il pianger sempre.
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Scontro di vaga donzelletta il viso;
{{R|60}}O qualor nella placida quiete
D'estivaD’estiva notte, il vagabondo passo
Di rincontro alle ville soffermando,
L'ermaL’erma terra contemplo, e di fanciulla
Che all'opreall’opre di sua man la notte aggiunge
{{R|65}}Odo sonar nelle romite stanze
L'argutoL’arguto canto; a palpitar si move
Questo mio cor di sasso: ahi, ma ritorna
Tosto al ferreo sopor; ch'èch’è fatto estrano
Ogni moto soave al petto mio.
 
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Danzan le lepri nelle selve; e duolsi
Alla mattina il cacciator, che trova
L'ormeL’orme intricate e false, e dai covili
Error vario lo svia; salve, o benigna
{{R|75}}Delle notti reina. Infesto scende
Il raggio tuo fra macchie e balze o dentro
A deserti edifici, in su l'acciarol’acciaro
Del pallido ladron ch'ach’a teso orecchio
Il fragor delle rote e de'de’ cavalli
{{R|80}}Da lungi osserva o il calpestio de'de’ piedi
Su la tacita via; poscia improvviso
Col suon dell'armidell’armi e con la rauca voce
E col funereo ceffo il core agghiaccia
Al passegger, cui semivivo e nudo
{{R|85}}Lascia in breve tra'tra’ sassi. Infesto occorre
Per le contrade cittadine il bianco
Tuo lume al drudo vil, che degli alberghi
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Sarà per queste piagge, ove non altro
Che lieti colli e spaziosi campi
{{R|95}}M'apriM’apri alla vista. Ed ancor io soleva,
Bench'innocenteBench’innocente io fossi, il tuo vezzoso
Raggio accusar negli abitati lochi,
Quand'eiQuand’ei m'offrivam’offriva al guardo umano, e quando
Scopriva umani aspetti al guardo mio.
{{R|100}}Or sempre loderollo, o ch'ioch’io ti miri
Veleggiar tra le nubi, o che serena
Dominatrice dell'etereodell’etereo campo,
Questa flebil riguardi umana sede.
Me spesso rivedrai solingo e muto
{{R|105}}Errar pe'pe’ boschi e per le verdi rive,
O seder sovra l'erbel’erbe, assai contento
Se core e lena a sospirar m'avanzam’avanza.
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