Canti (Leopardi - Donati)/XX. Il risorgimento: differenze tra le versioni

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{{Qualità|avz=100%|data=14 giugno 2007|arg=poesie}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=XX<br />Il risorgimento|prec=../Al Conte Carlo Pepoli|succ=../A Silvia}}
 
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<poem>
 
Credei ch'alch’al tutto fossero
In me, sul fior degli anni,
Mancati i dolci affanni
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Prima il dolor mancò!
Mancàr gli usati palpiti,
L'amorL’amor mi venne meno,
{{R|15}}E irrigidito il seno
Di sospirar cessò!
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Spente le stelle in ciel.
{{R|25}} Pur di quel pianto origine
Era l'anticol’antico affetto:
Nell'intimoNell’intimo del petto
Ancor viveva il cor.
Chiedea l'usatel’usate immagini
{{R|30}}La stanca fantasia;
E la tristezza mia
Era dolore ancor.
Fra poco in me quell'ultimoquell’ultimo
Dolore anco fu spento,
{{R|35}}E di più far lamento
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Non dimandai conforto:
Quasi perduto e morto,
{{R|40}}Il cor s'abbandonòs’abbandonò.
Qual fui! quanto dissimile
Da quel che tanto ardore,
Che sì beato errore
Nutrii nell'almanell’alma un dì!
{{R|45}} La rondinella vigile,
Alle finestre intorno
Cantando al novo giorno,
Il cor non mi ferì:
Non all'autunnoall’autunno pallido
{{R|50}}In solitaria villa,
La vespertina squilla,
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E voi, pupille tenere,
Sguardi furtivi, erranti,
Voi de'de’ gentili amanti
{{R|60}}Primo, immortale amor,
Ed alla mano offertami
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Foste voi pure invano
Al duro mio sopor.
{{R|65}} D'ogniD’ogni dolcezza vedovo,
Tristo; ma non turbato,
Ma placido il mio stato,
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Ma spento era il desio
Nello spossato sen.
Qual dell'etàdell’età decrepita
L'avanzoL’avanzo ignudo e vile,
{{R|75}}Io conducea l'aprilel’aprile
Degli anni miei così:
Così quegl'ineffabiliquegl’ineffabili
Giorni, o mio cor, traevi,
Che sì fugaci e brevi
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Per sempre a voi negato
Questo mio cor non è?
Siete pur voi quell'unicaquell’unica
{{R|90}}Luce de'de’ giorni miei?
Gli affetti ch'ioch’io perdei
Nella novella età?
Se al ciel, s'ais’ai verdi margini,
Ovunque il guardo mira,
{{R|95}}Tutto un dolor mi spira,
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{{R|110}}Natura, e i dolci inganni.
Sopiro in me gli affanni
L'ingenitaL’ingenita virtù;
Non l'annullàrl’annullàr: non vinsela
Il fato e la sventura;
{{R|115}}Non con la vista impura
L'infaustaL’infausta verità.
Dalle mie vaghe immagini
So ben ch'ellach’ella discorda:
So che natura è sorda,
{{R|120}}Che miserar non sa.
Che non del ben sollecita
Fu, ma dell'esserdell’esser solo:
Purché ci serbi al duolo,
Or d'altrod’altro a lei non cal.
{{R|125}} So che pietà fra gli uomini
Il misero non trova;
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Schernisce ogni mortal.
Che ignora il tristo secolo
{{R|130}}Gl'ingegniGl’ingegni e le virtudi;
Che manca ai degni studi
L'ignudaL’ignuda gloria ancor.
E voi, pupille tremule,
Voi, raggio sovrumano,
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Non chiude una favilla
{{R|140}}Quel bianco petto in sé.
Anzi d'altruid’altrui le tenere
Cure suol porre in gioco;
E d'und’un celeste foco
Disprezzo è la mercè.
{{R|145}} Pur sento in me rivivere
Gl'inganniGl’inganni aperti e noti;
E, de'de’ suoi proprii moti
Si maraviglia il sen.
Da te, mio cor, quest'ultimoquest’ultimo
{{R|150}}Spirto, e l'ardorl’ardor natio,
Ogni conforto mio
Solo da te mi vien.
Mancano, il sento, all'animaall’anima
Alta, gentile e pura,
{{R|155}}La sorte, la natura,
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{{R|160}}Chi lo spirar mi dà.
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