Meditazioni storiche/Meditazione I: differenze tra le versioni

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I. La contemplazione della Provvidenza è possibile in tutti gli oggetti naturali, epperciò nel genere umano. - II. E'E’ ufficio di tutte le scienze, epperciò della storia. - III. Ma principalmente di questa. - IV, V, VI. Fu fatta sempre. - VII. Varii nomi dati o da darsi a tal contemplazione. - VIII. E'E’ ella opportuna a'a’ dì nostri? - IX. E a noi particolarmente?.
 
 
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<div align="right">Il faut ignorer profondément l'essentiell’essentiel de la</div>
<div align="right">religion pur ne pas voir qu'ellequ’elle est toute historique.</div>
<div align="right">FENELON, ''De l'Èducationl’Èducation'', ch. VI.</div>
 
'''I.''' Qualunque degli oggetti materiali che cadono sotto ai nostri sensi, il sassolino, il fuscello d'erbad’erba o il verme raccolto ai nostri piedi, non meno che le magnificenze della terra e de'de’ cieli, tutto ci narra la gloria di Dio, tutto c'innalzac’innalza alla contemplazione di Lui. Nè solamente di Lui creatore, ma pur di Lui conservatore; nè solamente d'und’un atto momentaneo di potenza e sapienza e bontà di Lui, ma di quell'attoquell’atto perenne e di quelle proprietà infinite di Lui. Questo atto perenne di Dio è ciò che noi chiamiamo Provvidenza Divina; è ciò che risplende a noi da qualunque punto, da tutto il complesso della natura. - E non risplenderebbe ella pure in particolare nell'uomonell’uomo, re, culmine e perfezione di questa natura sulla terra? nell'uomonell’uomo che è la materia più organizzata, l'entel’ente più animato, l'animal’anima somma quaggiù? Ovvero, risplendente nella creazione e conservazione di ciascuno di noi, non risplenderebb'ellarisplenderebb’ella, la Provvidenza Divina, non sarebb'ellasarebb’ella discernibile in tutti insieme noi, nel genere umano in complesso? Ciò è impossibile, ciò sarebbe assurdo, ciò certamente non è.
 
'''II.''' Ogni scienza umana non è altro che cognizione ulteriore d'unad’una parte della natura. Ed ogni scienza c'insegnac’insegna, prima e quasi elementarmente, l'usol’uso che noi possiam fare di quella. Ma quando ella si ferma li, quando ella non penetra a contemplare la sapienza creatrice e conservatrice, la scienza non adempie se non la inferior metà dell'ufficiodell’ufficio suo, non dà la mano all'altreall’altre scienze compagne, non entra in quella sapienza universale nostra, che è parte ella stessa della universale e divina. - E la storia ella pure, la scienza delle azioni del genere umano, ha i due uffizi senza dubbio: non è possibile che la Provvidenza, contemplabile per mezzo mezzo delle scienze materiali, contemplabile per mezzo di quelle che hanno ad oggetto lo spirito umano, per così dire, immobile, non sia contemplabile per mezzo di quella che ha ad oggetto speciale le azioni, i moti, la vita di quegli spiriti. Non è possibile che questi moti sieno senza motore, senza causa. Non è possibile che questa causa sia il caso, negazione di ogni causa. Non è possibile che sia quella necessità che ridurrebbe gli spiriti a condizione di materia, che distrurrebbe la loro spontaneità, la loro personalità, e così ogni colpa ed ogni virtù d'ognid’ogni uomo, e la coscienza del genere umano. Non è possibile poi, che questa o queste cause, quali che sieno, non sieno più o meno discernibili dagli spiriti che elle muovono. E non è possibile finalmente che dall'unadall’una all'altraall’altra non ci possiamo più o meno innalzare alla contemplazione della prima causa, del primo motore.
 
'''III.''' Ma facciamo pure subito un passo di più, e diciamolo apertamente: fra tutte le scienze non rivelate, la storia è quella che può andare, che va più su, in tale contemplazione. Tutte l'altrel’altre non ci fanno conoscere se non, per così dire, Iddio in generale; la storia sola ce lo può far conoscere in particolare. Le altre ci additano il dovere di servire Iddio; la storia sola ci può dire se Egli abbia voluto essere servito in un modo particolare, e quale sia tal modo. In somma, le altre scienze non conducono guari se non a quella religione indeterminata che suol chiamarsi naturale; elle restano al limitare della positiva, della quale non possono osservare se non poche armonie con sè stesse; la storia sola entra nel santuario ed osserva di là armonie innumerevoli<ref>Che le scienze naturali in particolare abbiano e possano osservare anch'esseanch’esse alcune armonie colla religione positiva è illustrato da un fatto recente. E'E’ noto che Lord Bridgewater faceva ricco lascito per la publicazione di uno o parecchi trattati da scriversi "Sulla potenza, sapienza e bontà di Dio manifestate come sono nella creazione, illustrando tale opera con ogni sorta di ragionevoli argomenti". Il tema era così evidentemente di religione naturale. E tuttavia nè gli autori degli otto trattati a cui fu distribuito il premio, nè Babbage, autore del ''Trattato nono'' spontaneamente aggiunto, non seppero tenersi in quei limiti, ed entrarono in quelli della religione positiva, ed osservarono parecchie armonie di essa colla propria scienza. - Ma quante più non si sarebbero osservate in un ''Trattato decimo'' che si fosse scritto sulla storia? Vero è che questo sarebe andato più che gli altri lontano, anzi contro al testo del tema; nè sarebbe potuto scriversi per le età cristiane fuori dalla cristianità fedele alla storia. Così l'avessel’avesse scritto Wiseman, o ne avesse trattato compiutamente ne'ne’ suoi ''Discorsi sulle relazioni delle scienze colla religione rivelata''! Invece d'inspirarcid’inspirarci da lui, non avremmo avuto che a tradurlo.</ref>. - E v'hav’ha più: senza voler entrare in dimostrazioni che sarebbero quì anticipate, mi si conceda usare un modo d'argomentod’argomento, una sfida generale già usata da altri. Fu ed è asserito molto bene, non essersi trovata mai nè trovarsi nazione, gente, nè società o congregaione d'uominid’uomini, quantunque barbari o selvaggi, senza Dio nè religioni; e così l'ateismol’ateismo essere stata rara eccezione. Ma io dico, non essersi trovata nemmeno mai niuna società d'uominid’uomini che seguissero una religione puramente naturale, una religione dedotta dalla sola contemplazione della natura, inventata dalla mente umana, senza derivazioni; e così anche la religione detta naturale essere stata più o meno rara eccezione. La storia intiera ci mostra che questa non fu mai se non di pochi e disgiunti, i quali or fuggirono, or pretesero fuggire gli errori delle religioni positive; e che queste sole in somma furono seguite in ogni tempo dai più, dal popolo, dalla società stessa, di mezzo a cui si separavano que'que’ pochi ed eccezionali. Come religione sociale e di molti, la religione detta naturale è dalla storia dimostrata la più innaturale, la più antistorica di tutte; più che il politeismo, che l'idolatrial’idolatria e che qualunque più abbietto feticismo, i quali si trovano, mentr'essamentr’essa no. - E vi ha ancor più: se è vero ciò, se apparisce a chiunque abbia onde che sia la menoma notizia di storia universale, se sarà dimostrato poi meditandovi sopra specialmente, che tutte le religioni umane furono sempre e dovunque religioni positive; certo ne segue che nè elle possono essere tutte vere del paro, nè anzi può essere vera se non una; e che, dove che sia, debbono essere documenti a distinguere la sola vera. Che Iddio abbia negati questi documenti agli uomini, non è possibile, sarebbe assurdo; perchè sarebbe assurda l'ipotesil’ipotesi d'und’un Iddio produttore di soli inganni, negator di documenti alla parte più importante della verità; Lui il medesimo Iddio che ci diede documenti a tante e tante altre parti (quasi inutili al paragone) della verità universale. E che questi documenti poi si debbano trovare nella storia universale, non è più altro che questione di parole. Se per istoria universale s'intendas’intenda la raccolta di tutti i fatti umani, chiaro è che ella deve pur comprendere quelli massimi degl'insegnamentidegl’insegnamenti, delle rivelazioni di Dio, di tutte le relazioni tra gli uomini e Dio.
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'''IV.''' E il vero è, che dal principio fino a noi, la storia comprese, narrò, contemplò tali fatti. Facciamo sotto quell'aspettoquell’aspetto una breve storia della storia. I primi libri scritti sono narrazioni e contemplazioni di que'que’ fatti divini insieme ed umani; incominciano colle cosmogonie, o narrazioni del primo grande atto di Dio quaggiù; e continuano colle memorie di altri atti minori ma non meno diretti della provvidenza di Lui. Poi, aiuti di quelle prime storie, le prime poesie cantano que'que’ primi atti provvidenziali; e i primi monumenti che li ritraggono a modo loro. Seguono, ricchi de'de’ medesimi fatti, quegli annali sacerdotali, que'que’ libri dei Re, di che non abbiamo se non estratti, ma che sappiamo essere stati presso a tutte le nazioni primitive<ref>Quanto ci è narrato dagli Egizii e dalle nazioni asiatiche centrali ed occidentali primitive, è tutto estratto dagli annali sacerdotali. - Il libro ''de'de’ Re'' nella Bibbia è un estratto degli annali regii de'de’ regni di Giuda e d'Israellod’Israello; e cita sovente questi, e qua e là poi gli altri annali regii delle nazioni circonvicine.</ref>. Quando poi dimezzo alla civiltà già progredita ma corrotta si separarono la contemplazione religiosa e la razionale pura, e si separarono tanto più, perchè ripugnavano, e da tal ripugnanza sorse la ammirabile filosofia greca; non perciò la storia ripudiò quelle altissime contemplazioni, ma solamente le fece in modo nuovo. Sono due gravi errori de'de’ moderni, l'asserirel’asserire che gli antichi non avessero nè storie filosofiche, nè filosofie della storia. I nomi soli sono nuovi; ma queste due scienze, o per dir meglio, questi due modi della scienza storica sono antichissimi, se per istorie filosofiche s'intendanos’intendano, come si deve, quelle che narrando i fatti pur ne cercano le cause, se per filosofia della storia s'intendas’intenda la ricerca professata e fatta separatamente di queste cause, e il tentativo d'arrivared’arrivare dall'unadall’una all'altraall’altra quanto più presso alla prima. Che gli antichi non sieno saliti alle cause vere e più alte, che non abbiano avute storie filosofiche nè filosofie storiche giuste, io lo credo, e ne cercheremo in breve la ragione principale; ma non si può nè si deve dire che una scienza non esistesse presso gli antichi, perchè essi non le dieder nome, o perchè non v'arrivaronov’arrivarono ad una buona teoria; chè, così dicendo, si negherebbero loro quasi tutte le scienze. Certo sono storia filosofica quant'altraquant’altra mai, e molte parti del libro di Erodoto<ref>"Quando Erodoto considerò gli avvenimenti materiali come effetti d'unad’una causa, ed impose alla Storia il dovere d'indagared’indagare e rivelare tal causa primaria, allora egli sollevò la Storia (greca?) dal grado di semplice novellatrice a quello altissimo di scienza" (PEYRON, ''Idee della Storia antica della Grecia'', pag. 30).</ref>, e l'ammirabilel’ammirabile introduzione di Tucidide, e la Ciropedia di Senofonte, e non poche digressioni di Polibio, di Plutarco e di parecchi altri Greci. E sono poi trattati meravigliosi di filosofia storica molti di quelli di {{acAc|Platone|Platone}}, e sopra tutti quel delle leggi, quel della repubblica, e il [[Timeo]]; e poi parecchi di {{acAc|Plutarco|Plutarco}}, e quelle soprattutti della Provvidenza Divina. - I Romani poi scrissero storie meno filosofiche e meno trattati di filosofia storica; sia che venisse loro tale inferiorità dalle loro grandi preoccupazioni di pratica, sia che piuttosto dall'averdall’aver l'antical’antica filosofia fatto già prima di loro l'estremol’estremo di sua possa. E tuttavia sono pur talora molto filosofiche le grandi storie romane; quella di {{acAc|Tito Livio|Livio}} che giudica magnificamente fin dalla prima pagina tutto il passato e l'avvenirel’avvenire della grandezza romana; quella di Sallustio, che dicesi essere stato scellerato uomo, ma fu storico virtuoso, e mostra così la virtù essere stata tenuta dagli antichi quasi parte necessaria della storia; e quella di Tacito, che è riconosciuto per istorico filosofico anche dai moderni più esclusivi. E certo sono trattati di filosofia storica parecchi fra quelli di Cicerone e Seneca, e quello, qualunque ne sia l'autorel’autore, ''Della perduta eloquenza''. E tutti questi esempi provano che la filosofia, che la ricerca, che l'indicazionel’indicazione più o meno diffusa delle cause, fu sempre tenuta dagli antichi come parte essenziale della scienza storica; che l'eliminazionel’eliminazione di tal ricerca, che la riproduzione della storia a narrazione semplice e gretta non fu praticata mai dall'antichitàdall’antichità, non fu se non invenzione posteriore delle età barbare.
 
'''V.''' Non solamente poi la filosofia storica è scienza antichissima, ma non è nuovo in lei nemmeno il progresso principale, conseguenza immediata e contemporanea del Cristianesimo. Noi cercheremo in breve le ragioni di questo gran fatto di nostra scienza; qui non vogliamo se non farlo constare. E il fatto sta, che quantunque i Vangeli paiano a prima vista piuttosto esempi e precetti di virtù personali e private, tuttavia essi contengono pure que'que’ semi di vita pubblica tutto nuova, che or si vede dallo sperimento quanto fosser fecondi, quelle novissime rivelazioni sulle relazioni degli uomini con Dio e tra sè, sul destino del genere umano, sulle vie, su'su’ disegni della Provvidenza, che sono filosofia corretta, filosofia più sublime, filosofia sola divina insieme ed umana, e così sola compiuta filosofia, ma in somma ciò che si chiama filosofia storica. E tali seguono le lettere degli Apostoli, e sopra l'altrel’altre quelle di San Paolo, e sopra tulle quella di lui agli Ebrei; e tali innumerevoli squarci e libri intieri de'de’ Santi Padri, e sopra tulli quel libro della Città di Dio, che è vero e special (radalo della filosofia storica rinnovata, come fu storia fìlosofica cristiana quella di Paolo Orosio, ispirala dal medesimo Sant'AgostinoSant’Agostino. Delle quali due opere scritte entrante la barbarie ed all'orloall’orlo del medio evo, è da notare, che elle rimasero, duranti quella e questo, quasi sole opere storiche cognite e studiate; appunto per ciò, che elle contenevano la sola filosofìa storica, la quale combaciasse colla religione, con tulle le opinioni cristiane; che elle narravano e consideravano i falli antichi dal punto di vista cristiano. Quanto ai falli nuovi succeduti lungo la barbarie e il medio
evo, vero è che furono narrali per lo più senza quasi niuna filosofìa; e che la storia fu ridolta a quelle narrazioni pure,
che nemmeno allora non s'ardironos’ardirono chiamare storie, ma per pudore chiamaronsi annali o cronache; quegli annali o cronache,
che tra le poche virtù forse troppo ammirate a'a’ di nostri hanno lanli vizi storici, da mostrare qual diventi la storia
quando si separa da essa ogni contemplazione delle cause. Ma siffatta separazione poi è così innaturale ed alla storia
ed alla filosofia ed a lulto l'ingegnol’ingegno umano, che uscito questo appena da quelle oscurità verso la metà del secolo XI (e per opera, come vedremo, tutta della Chiesa Cristiana, quasi tutta della Romana in particolare), subito risorse la filosofia
storica, la scienza delle vie della Provvidenza nelle azioni umane, prima forse che qualunque altra scienza. E
risorse, dico, nella pratica e negli scritti; nella pratica, di quelle frequenti riunioni or pacifiche e legislative, or diplomatiche,
or guerriere, di tutta la Cristianità, le quali, vituperate e derise già, or s'incomincianos’incominciano, in parte imitandole,
a capire; e negli scritti poi, di que'que’ rozzi ma forti e retti scolastici, i quali da mezzo il secolò XI a tutto il XIII terminano
compendiati ed immortalati in San Tommaso ed in {{acAc|Dante Alighieri|Dante}}. I passi di filosofia storica che si trovano principalmente nell'ultimonell’ultimo (quando ei s'innalzòs’innalzò olire alle preoccupazioni di parte) sono tali, da far vergogna a parecchi de'de’ vantati
filosofi storici che seguirono. "Vero è che questa filosofia storica, indubitabilmente esistente nella pratica e negli scritti
di que'que’ secoli, v'esistettev’esistette recondita, non professata, non ridotta né a trattati speciali, né a storie bene e filosoficamente scritte. La virtù, la scienza stessa v'eranov’erano; la forma, l'artel’arte, no. L'etàL’età che seguì die'die’ la forma e l'artel’arte, ma tolse la virtù, e pervertì la scienza.
 
'''VI'''. Imperciocchè, quest'etàquest’età principiante più o meno tardi nel secolo XV, la quale gli stranieri chiamano prima, ma noi Italiani non possiamo chiamare se non seconda del risorgimento delle lettere, produsse storie molto bene scritte, con ricerca ed esposizione ben proporzionata delle cause, ma cause molto mal cercate; storie filosoficamente scritte, ma mal filosofiche, cattiva filosofia storica insomma. Fu naturale, fu effetto soprattutto dell'imitazionedell’imitazione antica troppo servile. Della quale non è il luogo qui di discernere il buono e il cattivo effetto in tutta la coltura; ma basterà notare che ella non ne viziò niuna parte, quanto la filosofia storica. La filosofia storica antica è tutto diversa da quella cristiana; voler seguir quella in mezzo alla Cristianità, voler adattare quella a'a’ fatti adempiuti in questa, è contrattempo, inopportunità, error logico e storico il maggior di tutti; perchè è eliminare dal ragionamento o il fatto, o l'importanzal’importanza del Cristianesimo. E questo errore fu pur fatto da colui, che senz'essosenz’esso sarebbe certo stato il maggiore de'de’ filosofi storici moderni, da quel {{AutoreCitatoAc|Niccolò Machiavelli|Machiavello}}, che fu forse men perverso egli che non i tempi suoi, più errante che non perverso. Certo lo storico fiorentino fu precipitato in quel grande errore dalle condizioni, dalle miserie, da'da’ pregiudizi della sua patria; l'errorel’errore di lui fu errore specialmente italiano e fiorentino<ref>L'assomigliareL’assomigliare ogni città o repubblica italiana a Roma, e lo sperare e cercare destini eguali, fu errore frequente de'de’ cittadini e degli storici o cronachisti italiani fin del secolo XIII. I Ghibellini volevano la restaurazione d'und’un imperio romano; ogni città guelfa, Firenze e Venezia sopra tutte, la restaurazione d'unad’una repubblica quasi romana.</ref>.