Rime (Alberti)/10: differenze tra le versioni
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Corimbo, giovinetto avernïese,
bello, prudente, virtuoso e onesto,
in cui eran
di selva in selva giva solo, mesto,
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Spesso, «Infelice», diceva, «chi inciampa
in questi lacci tuoi, crudel Cupido:
felice sol chi
Che dir?
e duolmi troppo quel che più mi piace,
e troppo temo
Accendo
qual pure
Mio dolor entro prega, e di fuor tace».{{R|15}}
CORIMBO.
Piango cantando: Oimè!
Misero me, misero me,
e io stessi mi acoro;
Misero chi si crede{{R|20}}
aminüir
discoprendo la fede,
Oimè! coperto amore
con servire a sua posta e libertade;{{R|25}}
benché
Aimè!
rallentar mïa doglia,
e parte mi fidai{{R|30}}
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Infelice chi spoglia
Meglio è finir sua vita,
che dover senza merto altrui servire.{{R|35}}
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e né posso tacer né gliel so dire.
Invidiosa fortuna,
anzi
non
benché la serva molto,
soffri mai sie sciolto
Or pianger ne conviene,{{R|50}}
stolti che al fuoco entràn credendo uscire.
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BATTISTA.
Che fai, Corimbo? Stolto chi si crede{{R|60}}
pietà trovar più in altri che
Prendi da Amore quanto ti concede.
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Ma sempre suole amor chiuso nel petto
più palesarsi quanto più
Non val contro li dii
Che fai, Corimbo? Te stessi confondi.
Ben scorge chi tu servi in un sospiro {{R|70}}
Se
miseri amanti, vincete soffrendo.
Matura il tempo ogni vostro disiro.
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