Istoria delle guerre vandaliche/Libro primo/Capo XII: differenze tra le versioni

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//''Il patriarca di Bizanzio benedice l'esercito. — Sogno di ProcopiaProcopio. — Partenza delle navi, ed omicidio punito da Belitario. — Suo parlamento.''
 
I. Giustiniano , correndo 1' anno settimo del suo imperio, sul far di primavera <ref>(i) Nella stagione del solstizio estivo. (Cous.)</ref> comandò che la nave capitana aggiugnesse il lido vicino al palazzo, dove Epifanio vescovo della città benedisse l' armata secondo la usanza , e pregatole bene impose al guerriero testé battezzato di andare a bordo <ref>(2) Chi si fosse costui lo abbiamo dalla Storia Segreta (e. i). « Era in casa di Belisario un giovane di nome Teodosio , nato in Tracia di genitori della setta degli Ennomiani. Volendo Belisario condurlo in Africa gli si fece al sagro fonte padrino; a ed insiem colla moglie lo adottò per figlioccio, secondo che i cristiani sogliono fare». Costui altrove é nomato maggiordomo di Belisario , ed essendo giovane di molto ingegno venne sì in Africa che in Italia prescelto dal duce a trattare gravissimi affari. Peocorio j tom. I. ' 2»</ref>; salitivi in pari tempo Belisario e la consorte Antonina si sciolse l' ancora. Il duce avea seco Procopio autore della presente Istoria , il quale era dapprincipio alquanto in forse e temente del pericolo, ma rincorato poscia da un sogno intraprese con grandissimo fervore il viaggio.
 
chcII. Parvegli, dormendo, essere in casa Belisario e che tal dei donzelli annunziasse avervi gente con doni all'uscio; il duce allora affacciatosi ad un balcone vide alcuni del volgo col dorso carico di grano <ref>(i) Leggo questo sogno tradotto con qualche discrepanza dal mio testo nel Cousin.</ref> e di frutti : disceso adunque fe loro deporre le offerte JiclPaudronenell'androne , e sopra vi si assise colla sua comitiva gustando di quelle frutta sembrate ad ognuno di sapore gratissimo ; in compendio tale fu il sogno.
II. Parvegli, dormendo, essere in casa Belisario e
 
(2)III. Le altre navi seguirono la capitana e fecero scala tutte di conserva all' antica Perinto , a noi Eraclea<ref>« Era Perinto posta sul mare in una eminenza della pe» nisolapenisola lunga uno stadio. Avea le case ben unite insieme, e » tutte cadcnticadenti sotto la vista , perché a cagione del pendio det »del colle le une venivano ad essere sopra le altre , come se poste » tusserofossero su tanti scaglioni succcdentisisuccedentisi, e così prendeva una » certa forma di teatro » (Diodoro Siculo, lib. xvi , trad. del rsiv. Compagnoni). Essa fu da Filippo il grande strettamente cinta d'assedio , e molto travagliata perché favoriva le parti degli Ateniesi. È incerta poi l' epoca nella quale cominciò a dirsi Eraclea, pretendendo alcuni scrittori che ai tempi di TolomcoTolomeo avesse già un tal nome, e portano a conferma della opinione loro un passo di questo autore ove si legge : PjrinthusPirinthus , sive Heraclea ; ma da altri si risponde che le ultime due parole (sive Heraclea) collocate da principio nel margine ad illustrazione , venissero in processo di tempo sconsigliatamente introdotte nel testo. Una seconda opinione ed anche fornita di maggiore probabilità é quella che ciò accadesse dopo l'imperio di Severo e de' figli suoi, trovandosi in un nummo Mediceo dato in luce 'dallo Spancmio la leggenda: f.^mr,u.in B. £iiiipsv Tlipn&itir Niwxo/xv,; Adaentus II Severi Perinlhiorum Neocoron ; ed in altro di Geta, presso l'Anlnino: Ilifiid-iai H'aiiofui; Perinthiorum Neocoron. È chiamata poi Eraclea da Zosimo in Aureliano, scrivendo: « Nel tempo della sua dimora presso Perinto, che ora, mutato il nome, é detto Eraclea, gli furono tramate insidie » ( lib. i • cap. 6 ) ; da Vopisco e da Eutropio. Marciano eracleota la dice colonia de' Samii (Perieg. iu fine ; V. inoltre Procopio , lib. iv, degli Edif. ).</ref> (2), dove spesero cinque giorni ad attendere alcuni (2) cavalli delle imperiali razze della Tracia, presente di Giustiniano al condottiero, di là apportarono ad Abido, e la bonaccia ve li ritenne quattro giornate. In questo intervallo due Massageti uccisero un compagno che beffavali di lor ebbrezza, essendo gente appassìonatissima del vino ; e Belisario condannolli entrambi a morire di laccio su d'un promontorio di quella regione. Per la quale sentenza tutta la schiera loro, e massime i consanguinei, levarono forte rumore , dicendo non essersi già sommessi alle romane leggi entrando volontariamente in lega coll' imperio, né in patria andar punita di morte simigliante colpa ; e mormoravanne altresì alcuni Romani, che, scellerati eglino stessi, non volevan sentir di gastighi contro de' rei. Il duce però fatti chiamare a parlamento i Massagcti e l' esercito intiero così arringolli :
(i) Nella stagione del solstizio estivo. (Gius.)
 
»IV. « Se a gente inesperta di guerra o a nuove cerne ora io prendessi a ragionare, dovrei con assai lunga diceria esporre quanto addivenga efficace la osservanza della giustizia al conseguir la vittoria, lasciando agli ignoranti il pensare che tutte la forza di quest' arte, e tutti i prosperi o contrarj eventi delle armi dipendano dal solo valore. Voi però che spesso ro» vesciasterovesciaste nemici non inferiori di numero e coraggio , r, e spesso pure foste da loro vinti, andrete persuasi, il » credo , che mentre gli uomini qui e qua combattono, » l' Ente Supremo regolane di pieno suo volere i destili nidestini. Quindi é fuor ild' ogni dubbio che la gagliardi,!gagliardia del n corpo , il continuo esercizio delle armi e tutti gli ap» parecchiapparecchi di guerra ben poco montano rimpetto alla » giustizia ed alla riverenza del Nume , e che dall' a» dempimentoadempimento di queste cose ridondano prosperità in» comparabilmenteincomparabilmente maggiori. Imponendoci adunque so n prattuttosoprattutto giustizia di vendicar coloro che furono a n torto uccisi. io per non mancare a lei, e perché non n venga meno ogni disciplina ed in pochissimo pregio » abbiansi le nostre vite, ho sentenziato i due omicidi a « morte. Che se un barbaro adduce a minorar sua colpa » di aver ucciso nell'ebbrezza, e' vie più s'aggrava, non * essendo lecito a chicchessia, e ben meno ad un sol»soldato dato "''IIdell' esercito , l' abusare del vino al punto di » togliere ai compagni la vita. Ma se Pl' ebbrezza vuoi »vuol essere per sé stessa gastigata eziandio quando va escn» teesente da omicidio, quanto più farà mestieri punirla ren» dotasirendutasi rea di sì grande eccesso , in ispecie poi se n il sangue versato fu del compagno anziché dello stra» nierostraniero? Laonde siate voi stessi i giudici della gravezza ;. e malvagità del commesso delitto . custodite le vostre » mani, e guardatevi dall' ingiuriare , conciossiaché n non lascerò mai impunita , né comporterò un' ingin» stiziaingiustizia comunque ella sia, e meno ancora tra' miei » commilitoni annovererò colui che, sebbene temuto » dai nemici e valoroso, non si presenta con mani pure » a combatterli, un nulla essendo il coraggio dalla giu» stitiagiustitia disgiunto ». Dòpo quest'ammonizione tutto l'esercito convinto dell' equità di essa e preso da timore , avendo innanzi agli occhi l' eseguita sentenza , pensò tosto a moderarsi ed a vivere in buona armonia , certo di non patire ingiustizie sotto la obbedienza d'un tanto duce.
(2) Chi si fosse costui lo abbiamo dalla Storia Segreta (e. i). « Era in casa di Belisario un giovane di nome Teodosio , Date » in Tracia di genitori della setta degli Ennomiani. Volendo » Belisario condurlo in Africa gli si fece al sagro fonte padrino; a ed insicm colla moglie lo adottò per figlioccio, secondo che i » cristiani sogliono fare». Costui altrove é nomato maggiordomo di Belisario , ed essendo giovane di molto ingegno venne sì in Africa che in Italia prescelto dal duce a trattare gravissimi a flari.
 
Peocorio j tom. I. ' 2»
 
chc tal dei donzelli annunziasse avervi gente con doni all'uscio; il duce allora affacciatosi ad un balcone vide alcuni del volgo col dorso carico di grano (i) e di frutti : disceso adunque fe loro deporre le offerte JiclPaudrone , e sopra vi si assise colla sua comitiva gustando di quelle frutta sembrate ad ognuno di sapore gratissimo ; in compendio tale fu il sogno.
 
III. Le altre navi seguirono la capitana e fecero scala tutte di conserva all' antica Perinto , a noi Erach;a (2), dove spesero cinque giorni ad attendere alcuni
 
(i) Leggo questo sogno tradotto con qualche discrepanza dal mio testo nel Cousin.
 
(2) « Era Perinto posta sul mare in una eminenza della pe» nisola lunga uno stadio. Avea le case ben unite insieme, e » tutte cadcnti sotto la vista , perché a cagione del pendio det » colle le une venivano ad essere sopra le altre , come se poste » tussero su tanti scaglioni succcdentisi, e così prendeva una » certa forma di teatro » (Diodoro Siculo, lib. xvi , trad. del rsiv. Compagnoni). Essa fu da Filippo il grande strettamente cinta d'assedio , e molto travagliata perché favoriva le parti degli Ateniesi. È incerta poi l' epoca nella quale cominciò a dirsi Eraclea, pretendendo alcuni scrittori che ai tempi di Tolomco avesse già un tal nome, e portano a conferma della opinione loro un passo di questo autore ove si legge : Pjrinthus , sive Heraclea ; ma da altri si risponde che le ultime due parole (sive Heraclea) collocate da principio nel margine ad illustrazione , venissero in processo di tempo sconsigliatamente introdotte nel testo. Una seconda opinione ed anche fornita di maggiore probabilità é quella che ciò accadesse dopo l'imperio di Severo e de' figli suoi, trovandosi in un nummo Mediceo dato in luce 'dallo Spancmio la leggenda: f.^mr,u.in B. £iiiipsv Tlipn&itir Niwxo/xv,; Adaentus II Severi Perinlhiorum Neocoron ; ed in altro di Geta,
 
cavalli delle imperiali «-azze della Tracia, presente di Giustiniano al condottiero", di là apportarono ad Abido, e la bonaccia ve li ritenne quattro giornate. In questo intervallo due Massageti uccisero un compagno'che beffavali di lor ebbrezza, essendo gente appassìonatissima del vino ; e Belisario condannolli entrambi a morire di laccio su d'un promontorio di quella regione. Per la quale sentenza tutta la schiera loro, e massime i consanguinei, levarono forte rumore , dicendo non essersi già sommessi alle romane leggi entrando volontariamente in lega coll' imperio, né in patria andar punita di morte simigliaiite colpa ; e mornioravamie altresì alcuni Romani, che, scellerati eglino stessi, non volevau sentir di gastighi contro de' rei. Il duce però fatti chiamare a parlamento i Massagcti e l' esercito intiero così arringolli :
 
IV. « Se a gente inesperta di guerra o a nuove cerne » ora io prendessi a ragionare, dovrei con assai lunga n diceria esporre quanto addivenga efficace la osser» vanza della giustizia al conseguir la vittoria, lasciando n agli ignoranti il pensare che tutte la forza di que» st' arte, e tutti i prosperi o contrarj eventi delle armi
 
presso l'Anlnino: Ilifiid-iai H'aiiofui; Perinthiorum Neocoron. È chiamata poi Eraclea da Zosimo in Aureliano, scrivendo: « Nel » tempo della sua dimora presso Perinto, che ora, mutato il » nome, é detto Eraclea, gli furono tramate insidie » ( lib. i • cap. 6 ) ; da Vopisco e da Eutropie. Marciano eracleota la dice colonia de' Samii (Perieg. iu fine ; V. inoltre Procopio , lib. iv, degli Edif. ).
 
» dipendano dal solo valore. Voi però che spesso ro» vesciaste nemici non inferiori di numero e coraggio , r, e spesso pure foste da loro vinti, andrete persuasi, il » credo , che mentre gli uomini qui e qua combattono, » l' Ente Supremo regolane di pieno suo volere i destili ni. Quindi é fuor il' ogni dubbio che la gagliardi,! del n corpo , il continuo esercizio delle armi e tutti gli ap» parecchi di guerra ben poco montano rimpetto alla » giustizia ed alla riverenza del Nume , e che dall' a» dempimento di queste cose ridondano prosperità in» comparabilmente maggiori. Imponendoci adunque so n prattutto giustizia di vendicar coloro che furono a n torto uccisi. io per non mancare a lei, e perché non n venga meno ogni disciplina ed in pochissimo pregio » abbiansi le nostre vite, ho sentenziato i due omicidi a « morte. Che se un barbaro adduce a minorar sua colpa » di aver ucciso nell'ebbrezza, e' vie più s'aggrava, non * essendo lecito a chicchessia, e ben meno ad un sol» dato "''II' esercito , l' abusare del vino al punto di » togliere ai compagni la vita. Ma se P ebbrezza vuoi » essere per sé stessa gastigata eziandio quando va escn» te da omicidio, quanto più farà mestieri punirla ren» dotasi rea di sì grande eccesso , in ispecie poi se n il sangue versato fu del compagno anziché dello stra» niero? Laonde siate voi stessi i giudici della gravezza ;. e malvagità del commesso delitto . custodite le vostre » mani, e guardatevi dall' ingiuriare , conciossiaché n non lascerò mai impunita , né comporterò un' ingin» stizia comunque ella sia, e meno ancora tra' miei » commilitoni annovererò colui che, sebbene temuto » dai nemici e valoroso, non si presenta con mani pure » a combatterli, un nulla essendo il coraggio dalla giu» stitia disgiunto ». Dòpo quest'ammonizione tutto l'esercito convinto dell' equità di essa e preso da timore , avendo innanzi agli occhi l' eseguita sentenza , pensò tosto a moderarsi ed a vivere in buona armonia , certo di non patire ingiustizie sotto la obbedienza d'un tanto duce.
 
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