Fu il fuoco o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano?/Lettera seconda: differenze tra le versioni
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{{Indent|0|abbondanza di cenere spinta dal vento occupò la terra, l'aria e tutto il mare, ciò che, per avventura, cagionò molti danni agli uomini, alle campagne, ed al bestiame, uccise tutti gli uccelli ed i pesci, e sotterrò interamente le due intere città d'Ercolano e di Pompei, nel mentre il Popolo nel teatro sedea.»}}
[[:w:Publio Cornelio Tacito|Tacito]] descrive un tal avvenimento, come segue<ref>''[[:w:Historiae (Tacito)|Lib. I. Hist]]. Jam vero Italia novis cladibus, vel post longam saeculorum seriem repetitis,
[[:w:Louis-Sébastien Le Nain de Tillemont|Tillemonzio]] dice<ref>''Art. 3. in Tit. Theatrum in urbe Pompeis cecidisse Neronis aevo, inde iterum excitatum, postea sub Tito cineribus Vesuvii oppletum, civibus Pompeianis insidentibus.''</ref>: «Esser caduto il teatro nella città di Pompei al tempo di [[:w:Nerone|Nerone]], indi riedificato; fu poi coperto sotto Tito dalle ceneri del Vesuvio, nel mentre i cittadini in esso sedeano.»
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{{Indent|0|a Pompei due calamità, la prima cagionata dal tremuoto sotto l'impero di Nerone, e la seconda dall'incendio del Vesuvio regnando Tito.
L'[[:w:Encyclopédie|enciclopedia francese]] all'articolo Pompei parla come segue<ref>''Pompei ancienne ville d'Italie, au [[:w:Regno di Napoli|royaume de Naples]], dans la Campanie, un peu plus loin de la mer que ce qu'on appelle aujourd'hui Civita. Cette ville fut engloutie par l'éruption du Vésuve, qui l'ensevelit avec Herculanum''</ref>: «Pompei antica città d'Italia nel regno di Napoli un poco più lontana dal mare, di quel che si chiama oggi Civita. Questa città fu inghiottita dall'eruzione del Vesuvio, che la seppellì con Ercolano». Ed all'articolo ''Ercolano''
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{{Indent|0|dice così<ref>''L'affreuse éruption du Vésuve, qui engloutit cette ville avec d'autres de la Campanie, est une époque bien célèbre dans l'histoire: on la date la première année de l'Empereur Titus, et la 79<sup>e</sup> de l'Ère Chrétienne''</ref>: «La terribile eruzione del Vesuvio, che inghiottì questa città con altre nella
Termina, secondo la mia scoperta, nel 1810 di [[:w:Gesù Cristo|Gesù Cristo]], 59 dell'[[:w:Augusto (titolo)|Augusto]] nostro [[:w:Re di Napoli|Sovrano]] [[:w:Ferdinando IV di Napoli|Ferdinando {{Sc|IV}}]].
[[:w:Antoine-Augustin Bruzen de La Martinière|Bruzen de La Martinière]] si esprime nella maniera seguente<ref>''Grand Dictionnaire géographique, historique et antique, Vol. 4., Article Pompei: Pompei ancienne ville d'Italie dans le Royaume de Naples, dans la Campanie, un peu plus loin de la mer de ce qu on appèle Civita. En creusant la terre pour planter les arbres on a trouvè quelque vestiges de cette ville, qui fui ensevelie par les cendres et les pierres qui sortirent
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{{Indent|0|di cui abbiamo memoria, accaduto l'anno 79 dell'Era Cristiana sotto l'impero di Tito [...] Dopo Ercolano veniva Pompei, città situata poco distante dalla presente Torre dell'Annunciata, seppellita anch'essa nell'istesso incendio, come Ercolano».}}
[[:w:Giacomo Martorelli|Martorelli]] parlando del gabinetto d'antichità di Portici, ripieno di tanti oggetti ricavati da Ercolano, Pompei, e Stabia parla nella maniera seguente<ref>''Praefat. in Thec. Calam. Unum seligam...</ref>: «Farò menzione d'una cosa sola, cioè, della Regia munificenza, colla quale facesti acquisto d'un tesoro di antichi mobili, specialmente di pitture, e di molti [[:w:Codice (filologia)|codici]] [[:w:lingua latina|latini]] e [[:w:Greco antico|greci]], ricavati dalle tre tue città, seppellite dalle ceneri del Vesuvio, in modo che da paesi i più lontani gli uomini più sagaci vengono in folla per osservarlo». E nella pagina 381 il nostro erudito autore si esprime così<ref>''[[:w:Giacomo Martorelli|Mart.]] pag. 381...''</ref>: «Non deve mettersi in oblio
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{{Indent|0|è quella della riempitura e del sotterramento delle tre città [...] La copritura delle medesime, non è accaduta, siccome generalmente si crede, per opera d'un torrente di [[:w:Lava|lava]], ma da ceneri e pietre pomici, le quali in gran quantità caddero dall'aria a guisa di neve»}}
Ciò mi sorprende, poiché il [[:w:Johann Jacob Ferber|signor Ferber]] mineralogista tedesco scrive da Napoli. Non sembra potersi dire, che tra tante migliaia di naturalisti e forestieri, che han visitato Pompei ed Ercolano, non vi sia stato un solo, avvezzo alle osservazioni geologiche? Infatti se qualcheduno di costoro avesse sospettato la distruzione ed il sotterramento di queste due città ''per opera delle alluvioni, lo avrebbe scritto, e non avrebbe tacciuto sicuramente''. Soprattutto mi sorprende il silenzio de' signori [[:w:Déodat de Dolomieu|Dolomieu]], [[:w:Giuseppe Gioeni|Gioeni]], [[:w:Alberto Fortis (scienziato)|Fortis]], [[:w:Giuseppe Vairo|Vairo]], della Torre, [[:w:Scipione Breislack|Breislak]], Vargas, [[:w:G. Thomson|Thomson]], [[:w:Filippo Cavolini|Cavolini]], e particolarmente de' nostri mineralogisti [[:w:Giuseppe Melograni|Melograni]], Savarese, e [[:w:Giuseppe Raimondini|Ramondini]], i quali han viaggiato tanto per le miniere della [[:w:Germania|Germania]] e dell'[[:w:Inghilterra|Inghilterra]]. Devo, poi, a questo proposito, osservare, che dopo alcuni sguardi gittati sul terreno di Pompei nella prima volta che vi fui, conobbi esser questo un [[:w:Pianura alluvionale|terreno d'alluvione]], e mi avvidi della falsità del tanto rinomato punto istorico; che prima di andare in Ercolano, feci, dall'analogia, deduzione, essere stata questa città seppellita dalle acque e non già dal fuoco, ciò che ritrovai vero nel luogo; e che, finalmente, le mie osservazioni ne' sotterranei d'Ercolano, mi fecero, ritrovandomi sotterra, tirare la conseguenza, dover essere un terreno d'alluvione tutto il circondario esteriore di
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{{Indent|0|questa città, che mai avea veduto, ciò che per l'appunto ritrovai.}}
Il marchese [[:w:Marcello Venuti|Marcello Venuti]] (''Descrizione delle prime scoperte dell'antica città d'Ercolano'') alla pagina 46 parla così: «Dirò solo che benissimo si vede, che dopo l'eruzione, dalla quale Ercolano fu sepolta, se ne contano altre ventisei. Dalle lave, che sono nella maggior parte passate sopra
Ma questo monte è, precisamente, quello ch'io chiamo ''monte d'alluvione volcanico'', in cui non vi è un sol [[:w:atomo|atomo]] di [[:w:lava|lava]], come dirò in seguito.
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Per conto della pioggia delle ceneri, ecco come vien da essi confutata relativamente ad Ercolano<ref>''Dissertatio Isagogica ad Herculanensium voluminum explanationem cap. XI. §. XIV.pag. 71....''</ref>: «Non persuaderti inconsideratamente essere tutta la materia lanciata in aria dalla bocca del volcano,
ma le osservazioni da noi fatte c'impediscono di abbracciare questa ipotesi. Difatti né il vento di mezzogiorno che soffiava allora, secondo rileviamo dalla seconda navigazione
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{{Indent|o|in Ercolano per opera delle acque. Difatti se fosse uscita mescolata colle acque» (con che l'opinione relativa a quel ''siccome alcuni si sono persuasi'' è diversa dalla mia: quelli intendendo acqua uscita dal Vesuvio colle materie volcaniche, ciò che confuterò in seguito, ed io ''alluvioni da dirotte piogge'', delle quali nessuno finora ha sospettato, oltre di che altro è parlare ''incidentemente'' dell'acqua, come forse altri, senz'appartarsi dall'opinione comune, e senza provarlo, avran fatto, scrivendo di questo avvenimento, ed altro è trattarlo con principj geologici in tutta la sua estensione, qual'è il mio proponimento, veduto che in materie di fisica non basta dire le cose, ''ma bisogna provarle'', N.d.A) «non avrebbe conservato quel grado di calore, che brucia le legna, né, ciò che forma la difficoltà principale, avrebbe coperto tutto egualmente; ma secondo la legge de' fluidi sarebbe scorsa ne' luoghi più bassi, siccome sappiamo esser [[:w:Vesuvio#L'eruzione del 1631|accaduto nel 1631]],
I signori [[:w:Accademia Ercolanese|Accademici Ercolanesi]], intanto, volendoci far conoscere la loro nuova dottrina, incominciano a protestare contro gli antichi ne' termini seguenti<ref>''Cap. II. pag. 9. Piaculum nobis profecto foret in tanta naturalis historiae luce... </ref>: «Sarebbe per noi certamente un delitto
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{{Indent|0|il circondario d'Ercolano è un [[w:Pianura alluvionale|terreno d'alluvione]], N.d.A.), «non già da una materia liquida, che scorre a guisa di torrente, e che poi repentinamente si consolida (''cioè le lave''), ma da un volume infocato di lapilli, di pomici e di ceneri, che scorrendo precipitosamente in giù pel declivio del monte, pervenne sino al mare, siccome qui appresso verrà da noi insegnato, qual volume col passar del tempo si rappigliò in una pietra tufacea, che vien oggi volgarmente chiamata ''pappamonte''. Difatti questa tal materia, dalla quale vediamo coperto Ercolano, s'incontra in tutto il circondario,
Ed in seguito delle lettere di [[:w:Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio il giovane]] a [[:w:Publio Cornelio Tacito|Tacito]], che parla della cenere caduta sulle navi, i signori Accademici conchiudono così<ref>''Cap. XI. §. X. pag. 70. E quibus verbis manifesto eruimus igneum illum torrentem, a quo Herculanum et adjacens Retina periere, cinere et ignitis lapidibus constitisse, quorum leviores vento impulsi supervolarunt, et navibus inciderent, major vero pars spissitudine sua gravior, praeceps per decliva volveretur ad mare usque, adeout vadum subitum efformaret, et lilora<!--Ctrl--> navibus obstarent ob montis ruinam.''</ref>: «Da quali parole si deduce manifestamente, che quel torrente di fuoco, che distrusse Ercolano e la vicina Retina, era formato da ceneri e lapilli infocati, de' quali i più leggieri, spinti dal vento, caddero sulle navi, la più gran parte, poi, come più
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{{Indent|0|pesante, a cagione della loro spessezza, scorrendo precipitosamente in giù per lo declivio del monte, giunse sino al mare, dove formò immediatamente un guado, da non rendere più le navi accessibili al lido, a cagione della [[:w:Frana|ruina]] del monte.»}}
E nel ''cap. XI. §. XI. pag. 70'' i signori Accademici si esprimono in questa guisa<ref>''Cap. XI. §. XI. pag. 70. Interim nemo Plinio
E finalmente nel ''cap. XI. §. XIII. pag. 71'' i dotti Accademici Ercolanesi stringono l'argomento cosi<ref>''Cap. XI. §. XIII. pag. 71. Sed quando nec Plinium testem haberemus, nec longa nos experientia doctiores reddidisset, ipsamet effossionum inspectio satis nos de illius materiae inflammatione certos faceret [...] Satis igitur et ex veterum testimonio, et ex recentibus inspectionibus exploratum habemus, quo igne, quave materia adgesta Herculaneum pessum iverit, non quidem liquido ignis torrente, de quo aequalium nemo verba fecis, nec ullum invenìnus vestigium, sed infiammalo cinere, pumicibusque.''</ref>: Ma supposto che non avessimo Plinio
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{{Indent|0|per testimonio,» (ed intanto Plinio non dice una parola sola d'Ercolano e di Pompei, N.d.A.) «e che una lunga sperienza non ci avesse resi più dotti, l'istessa ispezione degli [[:w:Scavo (archeologia)|scavamenti]] c'istruisce abbastanza dell'arroventamento di questa materia [...] Bastantemente, dunque, dalla testimonianza degli antichi, e dalle osservazioni recenti resta dimostrato qual fu il fuòco, e quale la materia che distrussero Ercolano; cioè non già un torrente di fuoco liquido, di cui nessuno ha parlato finora, e del quale non abbiamo ritrovato vestigio alcuno, ma da ceneri e pomici infiammate.»}}
La spiega, intanto, della nuova dottrina de' signori Accademici è incomprensibile a segno, ch'essi stessi sentono dover imbarazzare il lettore,
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{{Indent|0|essendo vere, che anzi verissime, era nostro dovere di esaminare, quanto il mare fosse lontano dalla città, e per qual luogo scorreva il fiume prima che quella terribile grandine di pomice avesse ripieno il porto ed il [[:w:Golfo di Napoli|golfo]], e prima che col riempimento del primo letto del fiume lo avesse scacciato via in un terreno più basso verso [[:w:Scafati|Scafati]].»}}
[[:w:Giuseppe Maria Galanti|Galanti]] (''Descrizione di Napoli e suoi contorni pag. 326'') si esprime come segue «La stessa eruzione che abbatté Ercolano, seppellì ancora Pompei [...] Una pioggia dunque di materie, volcaniche cadde inopinatamente su di quella città
[[:w:Domenico Romanelli|Romanelli]] (''Viaggio a Pompei, a [[:w:Paestum|Pesto]], e ad
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{{Indent|0|mi contento d'indicare qui le pagine
[[:w:Giovanbattista Gagliardo|Giovanbattista Gagliardo]] (''Atti del [[:w:Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli|Real Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali di Napoli]] Tom. 1. fol. pag. 301.'') socio ordinario dell'Istituto, nella sua memoria ''sull'agricoltura Ercolanese'', letta nell'adunanza de' 12 Aprile 1810, parla così «Il Vesuvio colla terribile eruzione del 79, che come ognuno sà<!--accentato nell'originale-->, costò la vita a [[:w:Plinio il Vecchio|Plinio]], seppellì di terra volcanica, detta pozzolana bianca la città d'Ercolano, e copri di altra terra volcanica, detta lapillo, le città di Pompei e [[:w:Stabiae|Stabia]].»
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{{Indent|0|oggi [[:w:Ercolano|Resina]], e che costituisce un vero ''monte d'alluvione volcanico''.}}
Se ciò è vero, conforme passo a dimostrare, voi vedete benissimo che Pompei ed Ercolano non poterono essere seppellite nell'istesso tempo, e quest'ultima città non nello spazio d'un giorno solo. Di fatti Pompei, coperta da uno strato di lapillo, fatto da tritumi di pomici e di lava, della doppiezza da 8 a 10 piedi (oltre la terra vegetabile che siede al disopra), poté benissimo restar vittima di un allagamento, accaduto in un giorno; ma Ercolano il quale ha al disopra un masso di circa 60 piedi, fatto da materie eterogenee, volcaniche, e non volcaniche, le quali si ritrovano disposte a strati, precipitate non istantaneamente, ma a poco a poco dalle acque, a misura, cioè, che queste si asciugarono, ed i quali, dalla loro varia natura, suppongono alluvioni in epoche diverse, Ercolano, io dissi,
E che sia cosi, egli è veramente cosa singolare, che [[:w:Plinio il giovane|Plinio il giovane]], il quale nelle sue due lettere a [[:w:Publio Cornelio tacito|Tacito]], nelle quali descrive questa eruzione,
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{{Indent|0|''e finti avesse ingranditi i veri pericoli''. Ma lascio agl'istorici la cura di fare l'apologia della storia, ed io proseguendo il filo del mio argomento cercherò di smentirla colla geologia. Il libro della natura è ormai aperto, e gl'istorici non potran chiuderlo sicuramente colle loro ipotesi.}}
Prima di ogni altra cosa, poi, devo qui accennare lo stato, in cui si ritrova oggi Ercolano, dove non bisogna attendersi di vedere case e strade disotterrate, come si osservano in Pompei. Tutti gli edificj, infatti, scavati, e dai quali sono uscite tante pitture, tante statue, tanti vasi, tanti candelabri, tanti utensilj, tanti istromenti, tanti famosi papiri, e finanche varie [[:w:Alimento|provvisioni da bocca]], non esistono più. Essi dopo lo spoglio di tanti oggetti antichi, furono,
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{{Indent|0|non sono state involate loro dalla negligenza degli architetti!}}
Si riduce oggi il rinomato Ercolano al solo teatro, in gran parte scavato bensì, ma esistente ancora sotterra, sul quale sono stati fatti da sopra Resina degli scavamenti, cioè un pozzo perpendicolare, che cade sopra de' gradini, su de' quali il popolo spettatore sedea una volta (in guisa che oggi bisogna discendere, dove prima si perveniva ascendendo, una gran scala, e delle grotte, le quali conducono ne' corridoi, ne' [[:w:Vomitorium|vomitorj]], nel proscenio, dietro il teatro, ed in varie parti di quest'edificio. Gli [[:w:Scavo (archeologia)|scavamenti]] suddetti formano una specie di [[:w:Labirinto|laberinto]], e non mostrano, che alcune parti del teatro. Ho già indicato che il masso, che lo cuopre ha circa 60 piedi di spessezza, incominciando dal piano inferiore del [[:w:Proscenio|proscenio]], ch'è quello della
Come è stato scritto tante volte ch'Ercolano fu coperta da una pioggia di ceneri, l'altezza per l'appunto del teatro, ch'è di circa 30 piedi (alla quale metto eguale quella eziandio degli altri edifici, ciò ch'è vantaggioso per gl'istorici riguardo alla pioggia delle ceneri) è quella, che deve indicare il sotterramento della città all'epoca del 79, se cioè fu essa distrutta nel tempo di Tito. Vale a dire che questa altezza dovrebbe essere ''interamente ripiena di ceneri volcaniche''. Tutto il dippiù del masso, che giace al disopra del teatro, dal cornicione
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{{Indent|0|in su, lo suppongo formato posteriormente all'eruzione del 79, e ciò per fare grazia agl'istorici.}}
Or tanto l'altezza del teatro, quanto il dippiù della spessezza del masso, ch'è al disopra, cioè, tra la parte superiore di questo edificio ed il suolo esteriore di Resina (che importa altri 30 piedi in circa) non è ripiena né da ceneri vulcaniche,
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{{Indent|0|seguire affatto ''in un'epoca soltanto'': che nou poté aver luogo in seguito d'una pioggia di ceneri lanciate per aria dal Vesuvio: che questo preteso sotterramento dalle ceneri Volcaniche non ritrovandosi corrispondente colle osservazioni geologiche del luogo, la distruzione d'Ercolano non accadde seppure nell'anno 79, poiché tolta da mezzo la pioggia delle ceneri, ''cade anche l'epoca del sotterramento'': e che, infine, cadendo l'epoca del sotterramento di queste due città, assegnata dalla storia, i due sotterramenti d'Ercolano o di Pompei dovettero accadere in tempi diversi, l'uno forse molto lontano dall'altro, e nessuno de' due nell'anno 79). Mi pare che gl'istorici posteriori a [[:w:Plinio il giovane|Plinio il giovane]], i quali non ebbero sospetto alcuno delle alluvioni suddette, ed i quali aveano bisogno d'una gran cagione per esterminare le due città, ebbero ricorso all'eruzione del 79, non potendo spiegare il fatto altrimenti. Ma
Primieramente non furono le ceneri volcaniche che coprirono Ercolano, né tampoco Pompei. Questo si ritrova al disotto d'un denso strato di lapillo, fatto da pezzi di pomice e di lava, rotolati e configurati in ciottoli dalle acque, sul quale siede uno strato di terra vegetabile, fatto eziandio dall'alluvione, importando questa copertura da 10 a 15 piedi al disopra degli edificj. Ercolano, all'opposta, giace sotto
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Ecco, intanto, la natura delle diverse sostanze, componenti il masso, che cuopre Ercolano, giusta le osservazioni da me fatte a varie altezze del teatro, e negli scavamenti praticati al disopra, ed intorno al medesimo.
{{sc|prima specie}}. Strato di limo siliceo-calcare, effervescente, depositato dalle acque, d'un colore griggio. Egli è polveroso, ed estremamente friabile tra le dita. Giace immediatamente sotto al suolo di Resina, ed è l'ultimo strato del masso,
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{{Indent|0|ed unisce le parti eterogenee della doppia origine. Or se tutte le genesi di questi tufi sono originate dalle acque, come sono quelle di [[:w:Possillipo|Posilipo]], di [[:w:Capodimonte (Napoli)|Capodimonte]], e di [[:w:Certosa di San Martino (Napoli)|S. Martino]] etc.,
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{{Indent|0|che giace sopra Ercolano è il prodotto della stessa cagione. Alcuni han preteso esser il tufo uscito in forma di un volume infiammato da un volcano vicino; ed in conseguenza anche in istato ignito, pervenne il tufo sopra Ercolano. Così gli [[:w:Accademia Ercolanese|Accademici Ercolanesi]]; ma ciò è un errore; {{Sc|1.°}}
{{Sc|quarta specie}}. [[:w:Rocce sedimentarie clastiche#Brecce|Breccia]] volcanica a cemento argilloso-calcare. In questo cemento, che fa effervescenza coll'[[:w:acido nitrico|accido nitrico]]<!--"accido" nell'originale-->, sono incastonati de' pezzi di pomice fibrosa. Chiamo cosi quest'aggregato non per la durezza (propria delle brecce), ma per la grandezza de' pezzi della pomice, che lo distinguono dal tufo comune, e pel cemento che a
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{{Indent|0|di alluvione, sulle quali lussureggian alberi, viti, ed erbe, sono quasi interamente fatte dalle stesse materie d'Ercolano, descritte nella specie quinta e sesta. Degli strati di lapillo, che s'incontrano nelle montagne di alluvione di [[:w:Monte Somma|Somma]] e del [[:w:Vesuvio|Vesuvio]]; ed un'infinità di pezzi di lava, di pietra calcare, e di altre rocce primitive, che si veggon incastonati nel masso di dette montagne, dimostrano essere state queste formate dalle acque. La specie, quindi, precedente e la presente sono il risultato delle alluvioni, ciò che indipendentemente dalla natura del masso, che cuopre Ercolano, è provato anche dall'analogia. Giova, poi, far qui parola della posizione di queste due specie, per dedurne la falsità dell'avvedimento raccontato dalla storia, volendole, cioè, supporre ceneri volcaniche. Questi due strati, dunque, si ritrovano tra il tufo volcanico, ch'è al disotto, e la breccia volcanica, che giace al disopra degli strali in quistione, i quali occupano quasi la parte media dell'altezza del teatro. Ammessa, quindi, una pioggia di ceneri volcaniche, caduta nel 79 sopra Ercolano, questa non
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{{Sc|settima specie}}. Tufo calcare volcanico, effervescente. La pomice è in esso polverosa, e giallastra. Giace al disotto della specie precedente. Che questo tufo sia stato una volta nello stato molle, si deduce dalla bella impressione d'un volto umano, scolpita nel medesimo, siccome dirò in seguito. Lo stato di mollezza di questo tufo, si rileva, eziandio,
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{{Indent|0|avvezzo alle osservazioni geologiche, non permettono di dubitare ''della [[:w:Stratigrafia (geologia)|stratificazione]]'', che cuopre la città, cagionata dalle acque. Sarebbe, certamente, pregio dell'opera esaminare, con alcuni perciamenti perpendicolari, palmo a palmo, l'intera altezza del masso, che cuopre il teatro, e le sue vicinanze, per definire così i limiti di ogni strato, e tutte le altre particolarità di questo sotterramento. Altronde non bisogna credere che l'estensione degli strati, fatti dalle alluvioni sia molto grande; essa è proporzionale alla quantità delle acque, le quali essendo più o meno abbondanti nelle varie inondazioni, dan origine a strati più, o meno estesi. Ecco
Il fin qui detto convince sicuramente i geologi del sotterramento d'Ercolano, seguito mercè delle consecutive e reiterate inondazioni. Ma la più bella prova di questo sotterramento per via umida, prova che deve persuadere anche quelli, i quali non hanno tintura alcuna della geologia, è messa nella bellissima impressione, che si osserva nel tufo della
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{{Indent|0|specie 7. Questa impressione rappresenta un volto umano, incavato nel masso, simile a quelle che s'imprimono nel gesso,
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{{Indent|0|volte, dietro la pioggia di ceneri vantata tanto dalla storia? Se fosse stato così, come le ceneri cadeano dall'alto, i corridoi, i vomitorj, come altresì tanti altri luoghi coperti da volte, che si osservano in Ercolano, avrebbero dovuto ritrovarsi voti. Un'alluvione quindi
ll teatro d'Ercolano ha 18 ordini di gradini, su de' quali sedea il popolo spettatore. Ogni gradino ha l'altezza di 14 pollici; altezza totale piedi 21. l1 cornicione superiore del teatro si ritrova nove piedi, in circa, al disopra dell'ultimo gradino; in guisa che l'altezza intera del teatro è di 30 piedi. Convien dire che gli altri edificj d'Ercolano aveano presso a poco la stessa altezza tanto essendo quasi quella della contemporanea Pompei, e non essendo 30 piedi un'altezza considerevole, considerata anche l'architettura bassa di quei tempi. Or io ragiono così. Se una pioggia di ceneri seppellì Ercolano,
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{{Indent|0|l'intera altezza del teatro, il quale è al livello del mare, dovrebbe ritrovarsi formata e ripiena da ceneri volcaniche, ma ciò non si verifica affatto;
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{{Indent|0|all'[[:w:acido nitrico|acido nitrico]]. In esso si veggono de' pezzi di pietra calcare, rotolati dalle acque, ed una quantità immensa di rottami di lava di tutte le grandezze. Io ho ritrovato anche incastonati in questo masso de' pezzi di mattoni, ed altre terre cotte. Niente dico de' monti di tufo, esistenti tra la Torre del Greco e ''lo Scavamento'', ne' quali veggonsi infiniti pezzi di lava. In una delle grotte, poi, si osserva, in mezzo al masso argilloso-calcare, uno strato di arena nera, che dimostra le reiterate soprapposizioni delle materie, originate dalle acque, e dalle quali nacque 1'altezza del monte.}}
Il lettore scenderà, indi, dallo ''Scavamento'' della [[:w:Torre del Greco|Torre del Greco]] alla marina sottoposta, e vedrà, quasi al [[:w:livello del mare|livello del mare]] uno strato ben
Allorché il lettore si ritrova sul lido del mare al disotto dello ''Scavamento'' della Torre del Greco, potrà caminare circa due miglia, andando verso la
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{{Indent|0|seguendo il [[:w:litorale|littorale]], e per poco che sia egli avvezzo alle osservazioni geologiche, dovrà confessare subito le alluvioni, che vi son accadute, e dalle quali è surto tutto quel terreno al di sopra del mare. Egli sarà, anzi, sorpreso dell'avermi veduto insistere tanto su quest'
Intanto non ostante quest'abbondanza d'argomenti a favore dell'acqua, i fautori del fuoco sono tuttavia ricalcitranti, e mi hanno oppresso con una ripetizione nojosa delle loro opposizioni. La novità della mia opinione, e l'essere i miei opponenti i più rispettabili soggetti di questa capitale, i quali da un altro lato si staccano con difficoltà somma dall'antica e generale credenza, mi obbligano di ponderare un poco le loro difficoltà.
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ll primo argomento, e ch'è quello che potrebbe sembrare il più solido, è dedotto da tanti famosi papiri, ritrovati in Ercolano in forma di carboni. Ma oltre che i papiri niente provano a favore del fuoco, essi, all'opposto, costituiscono una prova in contrario, siccome ho più e più volte osservato ai miei opponenti, i quali incomincian sempre da capo.
Di fatti i papiri ridotti in carboni nulla provano,
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