Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/14: differenze tra le versioni

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<noinclude>''sito'' </noinclude>(23 giugno 1823). Se ''accuso'' è quasi ''accauso'', tanto e tanto è da notare questo continuativo, che sarà quasi ''accausito'' dal participio ''accausatus''. {{ZbPagina|2811}} Alla p. 2775. Il verbo δείδω che oggi si pone come tema, non è certamente altro che reduplicazione di un tema piú semplice, il che è dimostrato sí dalla voce δέος, sí dal verbo δίω presso {{AutoreCitato|Omero}}, sí dalla voce δεῖσJαι usata piú volte da Plutarco per ''temere''. Κάρχαρος, χαρχαρέοι, καρχαρίας da χαράσσω per reduplicazione. ὀπιπτεύω da ὀπτεύω. βέβαιος da βαίνω o da βέβαα. Vedi p. {{ZbLink|4109}}. Anche in latino ''titillo ''é fatto per duplicazione da τίλλω. E altre tali duplicazioni alla greca si trovano pure in latino (come quelle de’ perfetti ''memini, cecidi'' ec)., sieno veramente latine di origine, o greche, o comuni anticamente ad ambe le lingue, ec. ec (23 giugno 1823).
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|2810}}--><noinclude>''sito'' </noinclude>(23 giugno 1823). Se ''accuso'' è quasi ''accauso'', tanto e tanto è da notare questo continuativo, che sarà quasi ''accausito'' dal participio ''accausatus''. <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|2811}} Alla p. 2775. Il verbo δείδω che oggi si pone come tema, non è certamente altro che reduplicazione di un tema piú semplice, il che è dimostrato sí dalla voce δέος, sí dal verbo δίω presso {{AutoreCitato|Omero}}, sí dalla voce δεῖσJαι usata piú volte da Plutarco per ''temere''. Κάρχαρος, χαρχαρέοι, καρχαρίας da χαράσσω per reduplicazione. ὀπιπτεύω da ὀπτεύω. βέβαιος da βαίνω o da βέβαα. Vedi p. {{ZbLink|4109}}. Anche in latino ''titillo ''é fatto per duplicazione da τίλλω. E altre tali duplicazioni alla greca si trovano pure in latino (come quelle de’ perfetti ''memini, cecidi'' ec)., sieno veramente latine di origine, o greche, o comuni anticamente ad ambe le lingue, ec. ec (23 giugno 1823).




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{{ZbPensiero|2811/2}} Alla p. 2776. margine. Lo stesso discorso si può fare di βαζω, il quale è pur verbo esprimente un suono, e fatto per imitazione di questo suono; il qual suono come è similissimo a quello di βαω, cosí non ha niente che fare con βαζω. Ma questa e simili interposizioni della lettera ζ {{ZbPagina|2812}} e d’altre tali, sono state fatte o per evitare l’iato o per altre diverse cagioni, nel processo della lingua, quando già non v’era piú bisogno che il vocabolo per essere inteso, esprimesse e rappresentasse collo stesso suo
{{ZbPensiero|2811/2}} Alla p. 2776. margine. Lo stesso discorso si può fare di βαζω, il quale è pur verbo esprimente un suono, e fatto per imitazione di questo suono; il qual suono come è similissimo a quello di βαω, cosí non ha niente che fare con βαζω. Ma questa e simili interposizioni della lettera ζ <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|2812}} e d’altre tali, sono state fatte o per evitare l’iato o per altre diverse cagioni, nel processo della lingua, quando già non v’era piú bisogno che il vocabolo per essere inteso, esprimesse e rappresentasse collo stesso suo<section end=3 />