Canti (Leopardi - Donati)/VII. Alla primavera: differenze tra le versioni

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<poem>
Perchè i celesti danni
Ristori il sole, e perchè l'aure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
Delle nubi la grave ombra s'avvalla;
Credano il petto inerme
Gli augelli al vento, e la diurna luce
Novo d'amor desio, nova speranza
Ne' penetrati boschi e fra le sciolte
Pruine induca alle commosse belve;
Forse alle stanche e nel dolor sepolte
Umane menti riede
La bella età, cui la sciagura e l'atra
Face del ver consunse
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
Di febo i raggi al misero non sono
In sempiterno? ed anco,
Primavera odorata, inspiri e tenti
Questo gelido cor, questo ch'amara
Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?
 
Vivi tu, vivi, o santa
Natura? vivi e il dissueto orecchio
Della materna voce il suono accoglie?
Già di candide ninfe i rivi albergo,
Placido albergo e specchio
Furo i liquidi fonti. Arcane danze
D'immortal piede i ruinosi gioghi
Scossero e l'ardue selve (oggi romito
Nido de' venti): e il pastorel ch'all'ombre
Meridiane incerte ed al fiorito
Margo adducea de' fiumi
Le sitibonde agnelle, arguto carme
Sonar d'agresti Pani
Udì lungo le ripe; e tremar l'onda
Vide, e stupì, che non palese al guardo
La faretrata Diva ,
Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda
Polve tergea della sanguigna caccia
Il niveo lato e le verginee braccia.
 
Vissero i fiori e l'erbe,
Perchè i celesti danni<br>
Vissero i boschi un dì. Conscie le molli
Ristori il sole, e perchè l'aure inferme<br>
Aure, le nubi e la titania lampa
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta<br>
Fur dell'umana gente, allor che ignuda
Delle nubi la grave ombra s'avvalla;<br>
Te per le piagge e i colli,
Credano il petto inerme<br>
Ciprigna luce, alla deserta notte
Gli augelli al vento, e la diurna luce<br>
Con gli occhi intenti il viator seguendo,
Novo d'amor desio, nova speranza<br>
Te compagna alla via, te de' mortali
Ne' penetrati boschi e fra le sciolte<br>
Pensosa immaginò. Che se gl'impuri
Pruine induca alle commosse belve;<br>
Cittadini consorzi e le fatali
Forse alle stanche e nel dolor sepolte<br>
Ire fuggendo e l'onte,
Umane menti riede<br>
Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime
La bella età, cui la sciagura e l'atra<br>
Selve remoto accolse,
Face del ver consunse<br>
Viva fiamma agitar l'esangui vene,
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti<br>
Spirar le foglie, e palpitar segreta
Di febo i raggi al misero non sono<br>
Nel doloroso amplesso
In sempiterno? ed anco,<br>
Dafne o la mesta Filli, o di Climene
Primavera odorata, inspiri e tenti<br>
Pianger credè la sconsolata prole
Questo gelido cor, questo ch'amara<br>
Quel che sommerse in Eridano il sole.
Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?<br>
<br>
Vivi tu, vivi, o santa<br>
Natura? vivi e il dissueto orecchio<br>
Della materna voce il suono accoglie?<br>
Già di candide ninfe i rivi albergo,<br>
Placido albergo e specchio<br>
Furo i liquidi fonti. Arcane danze<br>
D'immortal piede i ruinosi gioghi<br>
Scossero e l'ardue selve (oggi romito<br>
Nido de' venti): e il pastorel ch'all'ombre<br>
Meridiane incerte ed al fiorito<br>
Margo adducea de' fiumi<br>
Le sitibonde agnelle, arguto carme<br>
Sonar d'agresti Pani<br>
Udì lungo le ripe; e tremar l'onda<br>
Vide, e stupì, che non palese al guardo<br>
La faretrata Diva ,<br>
Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda<br>
Polve tergea della sanguigna caccia<br>
Il niveo lato e le verginee braccia.<br>
<br>
Vissero i fiori e l'erbe,<br>
Vissero i boschi un dì. Conscie le molli<br>
Aure, le nubi e la titania lampa<br>
Fur dell'umana gente, allor che ignuda<br>
Te per le piagge e i colli,<br>
Ciprigna luce, alla deserta notte<br>
Con gli occhi intenti il viator seguendo,<br>
Te compagna alla via, te de' mortali<br>
Pensosa immaginò. Che se gl'impuri<br>
Cittadini consorzi e le fatali<br>
Ire fuggendo e l'onte,<br>
Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime<br>
Selve remoto accolse,<br>
Viva fiamma agitar l'esangui vene,<br>
Spirar le foglie, e palpitar segreta<br>
Nel doloroso amplesso<br>
Dafne o la mesta Filli, o di Climene<br>
Pianger credè la sconsolata prole<br>
Quel che sommerse in Eridano il sole.<br>
<br>
Nè dell'umano affanno,<br>
Rigide balze, i luttuosi accenti<br>
Voi negletti ferìr mentre le vostre<br>
Paurose latebre Eco solinga,<br>
Non vano error de' venti,<br>
Ma di ninfa abitò misero spirto,<br>
Cui grave amor, cui duro fato escluse<br>
Delle tenere membra. Ella per grotte,<br>
Per nudi scogli e desolati alberghi,<br>
Le non ignote ambasce e l'alte e rotte<br>
Nostre querele al curvo<br>
Etra insegnava. E te d'umani eventi<br>
Disse la fama esperto,<br>
Musico augel che tra chiomato bosco<br>
Or vieni il rinascente anno cantando,<br>
E lamentar nell'alto<br>
Ozio de' campi, all'aer muto e fosco,<br>
Antichi danni e scellerato scorno,<br>
E d'ira e di pietà pallido il giorno.<br>
<br>
Ma non cognato al nostro<br>
Il gener tuo; quelle tue varie note<br>
Dolor non forma, e te di colpa ignudo,<br>
Men caro assai la bruna valle asconde<br>
Ahi ahi, poscia che vote<br>
Son le stanze d'Olimpo, e cieco il tuono<br>
Per l'atre nubi e le montagne errando,<br>
Gl'iniqui petti e gl'innocenti a paro<br>
In freddo orror dissolve; e poi ch'estrano<br>
Il suol nativo, e di sua prole ignaro<br>
Le meste anime educa;<br>
Tu le cure infelici e i fati indegni<br>
Tu de' mortali ascolta,<br>
Vaga natura, e la favilla antica<br>
Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi,<br>
E se de' nostri affanni<br>
Cosa veruna in ciel, se nell'aprica<br>
Terra s'alberga o nell'equoreo seno,<br>
Pietosa no, ma spettatrice almeno.
 
Nè dell'umano affanno,
Rigide balze, i luttuosi accenti
Voi negletti ferìr mentre le vostre
Paurose latebre Eco solinga,
Non vano error de' venti,
Ma di ninfa abitò misero spirto,
Cui grave amor, cui duro fato escluse
Delle tenere membra. Ella per grotte,
Per nudi scogli e desolati alberghi,
Le non ignote ambasce e l'alte e rotte
Nostre querele al curvo
Etra insegnava. E te d'umani eventi
Disse la fama esperto,
Musico augel che tra chiomato bosco
Or vieni il rinascente anno cantando,
E lamentar nell'alto
Ozio de' campi, all'aer muto e fosco,
Antichi danni e scellerato scorno,
E d'ira e di pietà pallido il giorno.
 
Ma non cognato al nostro
Il gener tuo; quelle tue varie note
Dolor non forma, e te di colpa ignudo,
Men caro assai la bruna valle asconde
Ahi ahi, poscia che vote
Son le stanze d'Olimpo, e cieco il tuono
Per l'atre nubi e le montagne errando,
Gl'iniqui petti e gl'innocenti a paro
In freddo orror dissolve; e poi ch'estrano
Il suol nativo, e di sua prole ignaro
Le meste anime educa;
Tu le cure infelici e i fati indegni
Tu de' mortali ascolta,
Vaga natura, e la favilla antica
Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi,
E se de' nostri affanni
Cosa veruna in ciel, se nell'aprica
Terra s'alberga o nell'equoreo seno,
Pietosa no, ma spettatrice almeno.
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===== Voci correlate =====
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