Saggio sopra la lingua francese/Saggio: differenze tra le versioni

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"Malherbe est inimitable dans le nombre et dans la cadence de ses vers; mais comme Malherbe avait plus d'oreille que de génie, la plûpart des strophes de ses ouvrages ne sont recommendables que par la mécanique et par arrangement harmonieux des mots pour lequel il avoit un talent merveilleux. On n'exigeoit pas même alors que le pöesies ne fussent composées, pour ainsi dire, que de beautés contigües. Quelques endroits brillants suffisoient pour faire admirer toute une pièce. On excusoit la foiblesse des autres vers, qu'on regardoit soulement comme étant faits pour servir de liaison aux premiers, et l'on appelloit, ainsi que nous l'apprenons des Mémoires de l'abbé de Marolles, des vers de passages". Du Bos, ''Réflexions critiques sur la poésie et sur la peinture'', seconde partie, sect. XIII.</ref>
 
Finalmente quiete le cose nel regno sotto Luigi XIII, il cardinale di Richelieu, che tanto avea operato per la gloria della monarchia francese, deliberò di fare altrettanto per la lingua; e fondò in Parigi un'Accademia a imitazione di quella che fondata si era in Fiorenza sotto il titolo di {{AutoreCitato|Accademia della Crusca}}, la quale di tutto ciò che si appartiene al bel parlare e al correttamente scrivere dovesse aver cura e governo.
 
Ma se la instituzione e il fine delle due Accademie furono gli stessi, diverse pur troppo furono le circostanze e i tempi in cui ebbero il principio. La nostra venne in tempo che per il corso di due secoli e più era stata da' più rinomati scrittori stabilita e regolata la lingua. Oltre {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}}, il {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}} e il {{AutoreCitato|Giovanni Boccaccio|Boccaccio}}, che ne sono chiamati i tre lumi, e oltre a quelli che nel medesimo secolo seguirono le tracce loro, non mancò la età susseguente di autori di conto, come il {{AutoreCitato|Angelo Poliziano|Poliziano}}, che nelle sue {{TestoCitato|Stanze de messer Angelo Politiano cominciate per la giostra del magnifico Giuliano di Pietro de Medici|Stanze}} si accostò con lo splendor della espressione a {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, ed il {{AutoreCitato|Luigi Pulci|Pulci}}, che per la evidenza dello stile gareggiò nel suo {{TestoCitato|Morgante}} con {{AutoreCitato|Omero}}. Quanti degni scrittori non videro dipoi gli aurei tempi di Leone? Il {{AutoreCitato|Baldassarre Castiglione|Castiglione}}, che quanto al linguaggio volle nella prosa far quello che Dante avea fatto nella poesia, scrivendo in una quasi comune favella d'Italia, il {{AutoreCitato|Francesco Guicciardini|Guicciardini}} autore gravissimo ed ampio, il Segretario fiorentino conciso, pieno di nervi e di cose, il Bernio tutto sapore e festività, che da tanti è stato imitato ed è tuttavia inimitabile. E per passare sotto silenzio di altri molti, il {{AutoreCitato|Pietro Bembo|Bembo}} aveva a quel tempo, con la sua diligenza e con grandissimo studio posto sopra gli autori più classici, dato le regole della nostra lingua, e l'avea ridotta a sistema. L'Accademia dunque della Crusca non altro ebbe a fare, che da tutti gli autori che per così lungo tempo e trattando così diverse materie, formata aveano, accresciuta e nobilitata la lingua italiana, raccoglier voci e modi di dire, e nel suo Vocabolario mettere ogni cosa a registro. Talmente che i Medici vennero a creare un corpo di tesorieri, in tempo che di tesori non era punto voto l'erario.