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LA
VIRTÙ INDIANA
Tragedia
di
Giacomo Leopardi
1811
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Prefazione
Se non è nuovo l’intreccio di questa Tragedia, giova almeno il
creder, che nuovo ne sia il soggetto. Un Monarca Indiano sbalzato dal
suo trono vacillante, ed ucciso per mano di un traditore; un principe,
che ad onta de’ Regicidi ascende sul soglio paterno e giunge perfino
a conciliarsi gli animi istessi dei suoi nemici: ecco lo scopo, a cui si 5
diriggono le parti tutte di questa Tragedia. Vedesi, che ella è tratta
in parte dal Serse del P, Saverio Bettinelli1. Ella non è che fondata
sul vero, e adorna nel restante di quanto può esser atto a maggior¬
mente rilevare l’empietà del traditore, o la virtù del Protagonista
dell’azione2. In essa cercai di seguire religiosamente il precetto di 10
Orazio
Sit quod vis simplex duntaxat et unum3.
Non la formai per tal cagione che di tre soli atti, Se alcuno perciò
dar mi volesse la
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taccia d’importuno Novatore io non apporterei
per liberarmene, che le parole poste dal celebre Algarotti in una sua 15
lettera4, e son le seguenti5 «Ognuno sa a mente quei versi della
Poetica Latina,
Neve minor neu sit quinto productior actu
Fabula, quae posci vult, et spectata reponi,
Precetto, che viene da Orazio prescritto non meno per la 20
Commedia, che per la Tragedia. Ora se pur vi ha delle Commedie
di Moliere di tre atti, e non più, e che ciò non ostante son tenute
buone; non so perché non vi possa ancora essere una buona
Tragedia che sia di tre atti, e non di cinque.
 
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Quid autem 25
Coecilio, Plautoque dabit Romanus ademptum
Virgilio Varioque?
 
E forse non sarebbe del tutto fuor di ragione, che una gran parte
delle moderne Tragedie si riducessero a tre atti solamente; mentre
si
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vede, che per arrivare ai cinque i più degli autori vi appicca- 30
no degli Episodi, che allungano il componimento, e ne tolgon l’uni¬
tà. E però l’istesso Racine non volle distendere la sua Ester più là di
tre atti. Che se i Greci nelle loro Tragedie benché semplicissime
ritennero costantemente la divisione in cinque atti, bisogna far
considerazione, che ciò non sempre torna così bene al nostro 35
Teatro, non tanto perché nostro costume è il fare gli atti più lunghi,
quanto perché tra noi non ha luogo il coro, che appresso di loro occupava una grandissima parte del Dramma».
Fu composta questa Tragedia senza l’intervento di donne perché
tale è il modello6 che in essa si è preso a seguire, ed affinché ella sia
esente dal rimprovero fatto da Voltaire alla Francia «Il linguaggio
puramente amoroso ha sempre disonorato il teatro Francese»7.
Spero, che non sarà discaro all’Italia
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che si applichi alle sue scene ciò,
che il Filosofo di Ferney scrisse di quelle della Nazione Francese;
specialmente essendo elleno debitrici di una gran parte della loro
corruzione a quello, che solo tra i Drammatici suoi Poeti è capace di
contrastare la palma ai Cornelii, e ai Racine, che vanta la Francia.
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Argomento
Avendo il celebre Conquistatore Tamas Koulikam Sofì di Persia
sparso il terrore delle sue armi per tutto l’Oriente giunse per mezzo
di esse ad impadronirsi del regno del Mogol, e reso avendolo al suo
trono tributario, e soggetto ne lasciò la debole, e vacillante corona
al Monarca allora regnante Muhamed principe dotato di buone
qualità, ma incapace di reggere il freno di una Monarchia. Ciò diede
occasione a Nizam Viceré di Golconda di tramare al misero Re una
congiura che avea per fine la sua morte, quella di Amet-Schah suo
figliuolo principe assai di lui più degno di governare, e lo stabili¬
mento di una Republica, capi della quale esser doveano i perfidi
congiurati. Sollevaronsi in questo tempo i Maratti, che desiderosi di
preda corsero ad invadere il misero regno del Mogol.
Mise in piedi Muhamed un armata per
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opporsegli ma scoppiando tosto il fuoco della congiura egli fu messo a morte salvo
restando il principe Amet-Schah, il quale avvertito della medesima,
e giunto non essendo a liberare il suo genitore venne nondimeno a
fine di farsi egli stesso dichiarare Sovrano di tutto il Mogol.
V. Becattini. Storia Politica, Ecclesiastica, e Militare del secolo
decimottavo. Lib. I1.
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Interlocutori
Muhamed Imperatore del Mogol. Zarak Confidente di Muhamed.
Amet-Schah Viglio di Muhamed. Osnam Confidente di Amet-Schah.
Nizam Viceré di Golconda. Ibraimo Confidente di Nizam.
Guardie, e Soldati.
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La scena è a Delly capitale del Mogol nel palazzo imperiale.
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ATTO PRIMO.
Appartamenti Reali.
Scena Prima
Muhamed, e Nizam.
Mu. Ah no, mio fido1, del mio cuore oppresso
L’affanno mitigar tu cerchi invano,
Il mio regno cadrà, troppo di forze
Manca, e d’ardire il popolo smarrito2:
In quel funesto dì3, che d’armi vide
Cinto, e d’armati Koulikam feroce
Trionfar vittorioso, e dure leggi
Imporre al popol mio sconfitto, e vinto
Vacillò questo trono, in fronte mia
Tremò, si scosse la regal corona,
E l’onta, e il danno ne risente ancora4,
Tutto geme il Mogol; piange la Sposa
Il perduto consorte. Orfano cerca
Il fanciullo infelice il caro Padre;
Manca aratore al suol, guerriero al campo;
E qual presidio, o Numi, e qual difesa
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De’ Maratti al valor, del cielo all’ira
Oppor possiam?
Ni. Pur non è sì funesta
Del tuo regno la sorte, armate schiere
Fremer vedi in Delly, battaglie, e sangue
Sospirare anelar; picciolo è vero
È il numero de’ tuoi, ma troppo ad essi
Cede ne l’opre di ladroni imbelli5
Lo stuol confuso, a lui ruina e morte
L’esercito minaccia, al suo valore
Sol si ricerca un duce6.
 
Or vanne adunque
Di prode condottier gli uffici adempì
Delle mie schiere a te consegno il freno
A te mio fido tu le reggi, e sappi
Gli animi avvalorar, lo sdegno accendi7,
Del gran Timur, di Tamerlan feroce
Lor rammenta il valor, l’opre ricorda
Del forte Aurang, che tanti regni, e tanti
Popoli unì del nostro scettro al vasto
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/14]]==
Possente impero8; del mio soglio infine
La difesa tu sii, te miri, e tremi
In mezzo a l’armi la nemica turba.
Parte
Scena Seconda
Nizam, e Ibraimo.
Opportuno tu giungi9, arride, amico,
La sorte a’ miei disegni, ignaro pone
Il Monarca in mia man del regno intero
Il fato, ed il destiti; duce son io
Dell’adunato stuol.
Che narri?
Ei stesso
Pose pur or nelle mie mani il freno
Dell’esercito tutto, egli confida
Veder per le mie cure a’ piedi suoi
Chieder pace, e perdon lo stuolo avverso10,
Ma la sua speme, o fido amico, è vana.
A volger l’alme de’ guerrieri armati
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Al nostro intento, al sospirato fine
v. 41: Il fato sprscr. [La sorte]
 
Tutto impiegar saprò, promesse, inganni 50
Lusinghe, e frodi, e di mie cure il frutto
Vedrai ben presto11; Osnam s’appressa, io parto
Di lui frattanto il cuor con arte, o amico
Tu guadagnar procura, a noi sommo
Utile ei fia se dell’arcano a parte 55
Venga per opra tua.
Parte
Scena Terza
Osnam, e Ibraimo.
Dunque non erra
Il volgo intimorito, e il nostro regno
Dovrà dunque, Ibraim, cader di nuovo
Sotto l’armi nemiche? e ancor non resta
Pago del nostro sangue il rio destino12? 60
No non temer da te dipende, amico
La tua difesa.
E qual difesa a l’ira
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Sottrar ci può delle nemiche schiere
Se d’armi manca, e di guerrieri il regno,
Se trema il popol tutto, e ne la fuga 65
Solo è posta ogni speme13?
A te non manca
Che voler la salvezza, e salvo sei.
Ma qual via di salute offresi a fronte
D’armato stuol, di furibonde schiere
A inerme regno, ed a guerrieri imbelli? 70
LA VIRTÙ INDIANA
Del Monarca il perire a noi sol puote
Sicurezza arrecar.
(Che ascolto?)14
Invano
Salute altronde cercheremmo, il fato
Di Muhamed, e di sua prole al regno
Sarà difesa, e scampo; odi, né l’alma
Da importuna pietà15 turbar ti lascia
Ciò, che giova a noi lice16. Il fiero stuolo,
Che minaccioso in ver Delly s’innoltra
Sol preda cerca, e assoggettar sol brama
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Al suo comando del Mogol il regno;
Ei strage non desia del rege il fine,
E del germe Regai solo è suo scopo.
A ciò chi oppor si puote? il ferro indarno
Contro le ostili furibonde schiere
Lampeggierebbe in nostra man, di forze
Troppo il nemico, e di valor prevale
All’esercito imbelle, in cui riposta
E la speme del volgo; inutil frutto
Sarian di ciò funeste stragi, e sangue,
E pianti, e grida, e luttuoso17 orrore.
Sol del Monarca il fato al nostro regno
Lo scampo arrecar può; per nostra mano
Egli adunque cadrà vittima, e preda
D’inevitabil morte: ai Duci avversi
E palese l’arcano, e tutto a noi
Lice sperare, in nostra mano il freno
Sarà del regno tutto, e forse il giogo
Scuoter potremo un dì ma qual sul volto
Turbamento appalesi? e quale
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‘Indarno
Cerca il mio cuore alla smarrita mente
Richiamare il dover, le sacre leggi
I diritti del giusto; indarno, io cedo,
In me vedrai, non dubitar de’ tuoi
II più fido compagno avrai me duce
Ne’ tuoi perigli ognor di questi a parte 105
Mi scorgerai tuo difensor, tua guida18...
Ib. Questi moti del cuor seconda, o amico,
Mostra la sorte a noi benigno il volto,
Dello stuol, che in Delly s’arma, e s’aduna
Pendon dal voler nostro i moti, e Top re: 110
De’ guerrieri, e di noi Nizam è duce
Nizam, che regge di Golconda il freno;
Tutto è propizio ai nostri voti: io parto
Tu co’ detti frattanto, e l’opre i nostri
Disegni secondar procura.
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Parte
Scena Quarta.
Osnam solo.
Oh Numi
Qual mai funesto orrore il cuor m’ingombra!
Che ascolto, o del, che vedo? è questo il suolo
Che mi diè vita, in cui bambino appresi
Il giusto, il dritto, ed il dover qual sia?
Di belve furibonde, e tigri ircane
Non è questo il ricetto? ove t’ascondi
Sconosciuta virtude? ah tu fuggisti
Da queste terre, ed in tua vece il trono
Tra noi fondar l’ambizione, il vizio
L’empietade, il delitto e tanto adunque
Tanto in odio a voi siam, Barbari Numi?
Che far degg’io? dunque svelar l’arcano
Dunque di certa morte io debbo espormi
Al periglio fatai? dunque tradire
La fede l’onestà lungi da questo
Smarrito cuor, da quest’oppresso spirto
Immagini abborrite; Amet il tutto
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Or or saprà: Nizam s’appressa, intanto
Ricuopra un doppio velo i dubbi miei19.
Scena Quinta.
Nizam, e detto.
Os. Amico, hai vinto20 d’Ibraim le voci 135
Note mi fero i tuoi disegni, e in essi
Ben ravvisai del tuo gran cuor Timmago,
Del tuo fido il parlar trionfa in questa
Incerta mente, che riscossa alfine
I suoi dubbi scacciò: fedel compagno 140
Sempre a lato mi avrai ne’ tuoi perigli
Questa mia destra, e questo ferro ognora
Pronti saranno al tuo volere.
Ni. Ornai
10 più non bramo, o fido amico, indarno
11 nostro arcano a te saria nascoso
Me noto il tuo valor perduto avremmo
Tacendo ogni opra tua; vindice invitto
Sarai di libertà21, che troppo, o amico,
È a nobil cuor la servitù penosa22,
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/21]]==
Ornai quel tempo giunse, in cui cadranno
Infranti i lacci alfin di vii servaggio:
De’ Maratti lo stuol di già s’appressa
A queste mura, e di guerrieri, e d’armi
Al cenno mio cinto vedrai fra poco
Il palagio Regai.
Os. (Cieli, che ascolto!) 155
Ni. Il Monarca ed Amet or or saranno
Ambi preda di morte.
Os, E tanto adunque
Convien l’impresa accelerare?
Ni. Or fora23
Perigliosa ogni tregua, è breve, il sai
Il popolare ardor, potria fra poco 160
Spenta cader delle mie schiere in petto
La fiamma, che destar volli pur ora
Ad esse in sen; forse potria l’arcano
Trasparir de’ nemici a l’occhio attento;
Fatai sarebbe ogni ritardo24, il vedi, 165
A’ miei disegni, e tutto a noi promette
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/22]]==
Fausto destin se ne la pronta impresa
Senno, e valor s’impieghi.
Os. I cenni tuoi
Si eseguiscano adunque, ognor vedrai
Questa man, questo ferro a te soggetti 170
Ni. Taci, il Rege s’appressa, egli tra poco
Più Rege non sarà.
Scena Sesta.
Muhamed, e detti.
Ni. Pronto adempii
Signore,' il tuo comando, arde, ed anela
L’armata turba, e minacciosa attende
Le squadre ostili, in campo or or vedrai 175
Schierato il popol tuo, sconfitto, e vinto
L’avverso stuolo, e in nere spoglie avvolto
A te bagnar di mesti pianti il piede
S’arma, e freme la turba, a noi prepara
Fausto avvenire il ciel.
Mu. Quanto t’imposi 180
Eseguisti, o mio fido, or dimmi, e dove
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/23]]==
L’inimico s’asconde? è lungi ancora
Da queste mura il turbine di guerra,
O minaccioso inver Delly s’innoltra
Il furibondo stuol?
Ni. Giace pur anche
In ozio molle il campo ostil, né mosse
Contro il Regai ricetto il passo ardito;
Nemiche insidie, impreveduti assalti
Ei non paventa, e a questo regno ei spera
Impor fra poco vittorioso il giogo.
Vano pensieri di cheta notte oscura
Al tacito silenzio, all’ombra amica
N’andrem, se il brami al campo, ivi tra il cupo
Sopor tranquillo, e tra l’opaco orrore25
Ogni difesa inutil fia né alcuno
Pur rimarrà del campo ostil, che giunga
Nunzio fatale al patrio suol.
Mu. Mio fido
La provida tua mente il tuo valore
Abbastanza m’è noto, in te ravviso
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/24]]==
Degli avi tuoi la gloriosa immago 200
Quanto dicesti adempì, e questo intanto
Pegno ricevi del Regale affetto,
Si toglie la spada dal fianco, e la dà a Nizam.
Questo in tua man degl’inimici a fronte
Acciar lampeggi di ruina, e morte
All’esercito ostil nunzio egli sia: 205
Or vanne, amico, alPadunato stuolo
Sian cenni i tuoi consigli e ognun ravvisi
Il mio nel tuo voler.
Parte
Scena Settima
Osnam, e Nizam.
(Misero! ignora
Di quest’empio i disegni.)
In quale ei giace
Ingannevole error! vedrà ben presto 210
Balenar quest’acciaro agli occhi suoi;
Nelle mie cure egli confida, e d’esse
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/25]]==
Vedrà fra poco il non bramato frutto;
Tutto è compito ornai l’amico stuolo
Solo un mio cenno attende, e cinte or ora 215
Queste mura saran d’armi, e d’armati
Regnar vedrai su questo suolo alfine
La patria libertà nulla s’oppone
Mio fido ai voti miei.
Ma come, o amico,
Giunger del rege a fronte? in sulle soglie 220
Del presidio regai come ingannare
L’armi potrem, la vigil cura?
Invano
Veglia il nemico stuolo, all’urto orrendo
Di mille flutti, e mille26 all’acque in mezzo
Come resister può debil naviglio? 225
No non temer, mio fido, al cenno mio
L’armi disponi, e il generoso ardire:
Quel dì rammenta, in cui ti vide il fiero
Tamas superbo di valor, di sdegno
Acceso in volto de’ suoi fidi a fronte 230
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/26]]==
Per la patria pugnar; quale in quel giorno
Ruotasti il ferro27, e qual di mille turme
L’urto sprezzasti, e vincitor l’acciaro
Spingesti a ber degl’inimici il sangue.
Il Perso il dica, e de lo stuol nemico 235
Il valoroso duce, ei, che degli avi
Emulator di sue guerriere imprese
D’ogn’intorno spandea la fama, il grido,
Qui di sua gloria il fin, qui di sue gesta
L’ultima meta, ed il confine estremo
Veduto avria, se deg’ingiusti Numi
La pietade, il valor placar potesse
L’inesorabil cuor. Mio fido all’uopo
L’ardir richiama, che in quel dì funesto
Per la patria mostrasti, il ferro tuo
Vindice sia di libertade, e atterri
Quanto ad essa s’oppon, trafitto cada
Della patria il tiranno, e sorga alfine
Su questo suol la libertà bramata.
Os. Quanto m’imponi adempirò28 non have
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/27]]==
Uopo quest’alma alPoperar di sprone29,
Della promessa fede ognor, mio duce,
Esecutor fedele Osnam vedrai30.
Parte.
Scena Ottava
Nizam solo.
Si parta ornai, nelPadunato stuolo
Scintilli alfin la conceputa fiamma,
Nulla s’oppone al mio desir, fra poco
Nizam regnar vedrà sul patrio soglio
Ministra al suo voler la turba istessa
Ch’a ricovrar31 la libertà s’accinge.
Estinto il rege, e della regia stirpe
L’odiato germe dal molesto freno
Del supremo poter libera invano
Esser confida l’ingannata plebe32.
Il mio disegno ognun frattanto ignori
Sicura al fin bramato apre la via
L’arcan, che delTautor s’asconde in petto.
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/28]]==
All’impresa io mi accingo, al rege istesso
Terrore alcun non desterà ne l’alma
Delle turbe il tumulto, ad arte io finsi
Lungi da queste mura il campo ostile,
E d’invitto valor le schiere accese
Pronte al notturno assalto, incauto, ei giace
Di cieca notte in tenebrìo sepolto33
S’affretti il suo destin, vittima ei cada
Alla sognata libertà, che invano
Cerca commosso il volgo, io parto, e voi
Favorite i miei passi, amici Numi
Parte
Fine dell’Atto Primo.
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/29]]==
ATTO SECONDO.
Scena Prima.
Zarak solo154.
Che ascolto? e tanto adunque in Regai cuore
Può d’un empio Oppressor l’arte, e la frode?
Nizam, che di Golconda il popol tutto
Gemer vede al suo piè, Nizam, che in petto
Cotanta ambizion fomenta, e pasce
Nizam dunque vedrò, Nizam istesso
Dell’adunato stuol reggere il freno,
Ed in sua man di questo regno intero
La sorte io scorgerò? prostrato, e vinto
Gl'insulti io soffrirò di lui, che sempre
S’oppose al mio voler, di lui, che solo
Brama ottener del regio cuor l’impero35?
Ah no, che ver non fia-56 nascer vedrassi
Dal fausto suo destili la sua sventura.
Di Muhamed nella delusa mente57
D’un empio ingannator l’inique frodi
Svaniranno al mio dir; Nizam lontano
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/30]]==
Alle mie cure oppor nulla si puote38,
Il suo partir s’attenda, i miei disegni
Ora tacer convien, vana ogni speme
Si renderia, se all'inimico sguardo
Giungesse a traspirar39.
Scena Seconda,
Muhamed, e detto.
Mu. Nulla, o mio fido
A desiar mi resta, armatisi a gara
Le radunate turbe, a5 venti esposto
Brilla il regai vessillo, il segue, e freme
Il minaccioso stuol, sua guida or ora
Nizam sarà degl’inimici al campo
Nizam cui sol delle guerriere squadre 305
Il valor noi dobbiamo, a cui del regno
La difesa dovrem, Vedrai fra poco
Vinta, e dispersa la nemica turba,
Incolume il Mogol, salvo il mio trono,
E forse un dì potrem di questo regno 310
Armati oltrepassar le fisse mete,
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/31]]==
Forse il popolo ostile
Za. E in Nizam dunque
Tanto, o Signor, confidi?
Mu. ^ In lui del regno
È riposta ogni speme alto valore
A provido consiglio in lui s’accoppia. 315
E qual mai rinvenir duce più degno
Tra’ miei fidi potrei?
Za. Di troppo awanzi,
Signor, perdona, la tua speme, il forte
Armato stuolo ostil, se a noi concede
Fausto destin di superar, saranno 320
Paghi del regno i voti, indarno il ferro
Spinger vorresti al suol nemico in seno;
Lo spavento, il terror, l’orrore, il lutto
Del tuo regno rammenta, il ferreo giogo40,
Che imperiosa al popol nostro impone 325
La nemica Ispahan41, come ad un tratto
Scuoter potrem? de la giurata fede
Come violar le stabilite leggi?
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/32]]==
Come del popol tutto?..,
Mu. Ah no di questo
Smarrito cuor con sì funesta immago 330
Non accrescer, mio fido, il grave affanno42
Troppo il dolor del popol mio m’è noto.
De Maratti il destin, del regno il fato
Dubbioso pende43 dell’armate squadre
Da l’opposto valor: vinto, e sconfitto 335
L’amico stuol, fra le ruine avvolto
Il mio regno sarà: dispersa uccisa
Àm.
LA VIRTÙ INDIANA 159
De’ Maratti la turba, al fausto raggio
Di felice destin, d’amica sorte
Da le ceneri sue sorger vedrai 340
Lo smarrito valor, l’ardir perduto
D’Ornar nel popol tutto44, il ferro, il fuoco
Spinger potremo allor de la nemica
Persia guerriera in sen, fiaccar l’orgoglio
Degli alteri Sofì scuotere il giogo, 345
Che insoffribil ci opprime, e in ogni dove
Lo spavento arrecar, l’orror de l’armi.
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/33]]==
Ah de’ miei voti il suon propizio ascolti
Benigno il ciel, di tanti mali ah giunga
Il sospirato fin, cadano infranti 350
I lacci, che di crude, aspre ritorte45
Stringono il popol mio....
Scena Terza
Amet-Schah, e detti.
Padre, che ascolto?
De Maratti lo stuol s’appressa ornai
A queste mura, e già Surate, ed Agra46
Preda son de’ nemici, il tutto cede
All’ostile furor, Bengala istessa47
Bengala un dì sì forte al fiero scontro
Abbattuta cadé, stride pur anco
Dell’altera Golconda intra le mura
La crepitante fiamma, il popol tutto
Atterrito sen corre, e cerca invano
Nella fuga lo scampo, il ferro, e Tarmi
Abbandona il guerrier, Nizam istesso
Nizam, che sol ne’ timorosi petti
v. 364: Nizam sprscr. [Egli]
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/34]]==
II valor suscitò, l’estinto ardore,
Nel commune spavento, egli puranche
Attonito, confuso accoglie in petto
Un indistinto orror s’aggira, e scorre
In mezzo a l’armi, ed all’altrui terrore
Mal può arrecar conforto.
Mu. E tanto, o Numi, 370
Dunque in odio a voi siam48! dunque di questo
Misero regno il rio destin cotanto
Veglia infelice a’ nostri danni? oh cielo,
Chi ci difenderà? chi del mio trono
Il sostegno sarà? l’armato stuolo 375
Timido ci abbandona il duce istesso
Ei, che pur ora con sicuro aspetto
Salvezza promettea di questo regno
Al popolo infelice, egli smarrito
Al terror si dà in preda, e cerca infido 380
Scampo al furore ostil.
Am. Signore, ah quale
T’ingombra il cuor di regio spirto indegna
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/35]]==
Vergognosa viltà! s’innoltra è vero
L’armato stuol di queste mura a fronte,
Ma non siam vinti ancor, no 49 non si ceda 385
Sì tosto al rio destin, questo il peggiore
Saria de’ nostri mali; il tutto puote
Inconcusso valor, delle nemiche
Armate schiere a fronte il nostro ardore
L’opre di questa destra or or vedrai. 390
Scena Quarta
ìbraimo, e detti.
Mu. Che mai reca Ibraim?
Ib. Signor, s’awanza
De’ Maratti lo stuol ver queste mura
Armi, faci raccoglie, e or or saremo
Assaliti in Delly: nunzii pur ora
Giunser dal campo esploratori, e a noi 395
Noto fero il periglio. Il tutto a l’uopo
Nizam dispose ornai, ferrate sbarre
Assicurar l’aenee porte50 a l’alte
Mura difesa, e scudo in su l’eccelsa
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/36]]==
Munita torre spaventoso orrendo 400
Sta il fulmine di guerra, in ogni dove
Sicura offre Delly la fronte altera
A l’inimico stuol ma incerta ancora
Fra speranza, e timor dubbiosa pende
La turba armata, ogni terror da l’alma 405
Del timido guerrier solo potria
Togliere il regio aspetto ah gli smarriti
Animi a confermar vieni tu stesso
Te brama il popol tutto.
Mu. Ebben si vada
S’appaghi il tuo desir.
Za. Seguirti anch'io 410
Vuo’ ne l’utile impresa.
Ib. (Andiamo è questo
De’ nostri voti il fin sarà fra poco
Privo di rege il regno).
Partono Ibraimo, Zarak, e Muhamed.
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/37]]==
Scena Quinta.
Osnam con spada nuda, e Amet-Schah.
Os. Ah fuggi, o Prence,
Da queste mura un tetro orror di morte
Minaccia i passi tuoi, questo, che impugno 415
Funesto acciaro51 del tuo sangue asperso
Nizam già volle in lui confida in vano
Il genitor deluso, a l’empie turme
Il varco egli aprirà cadrà trafitto
Per di lui mano il rege istesso, in preda 420
Te pure ei brama a cruda morte acerba
A me l’impresa ei confidò, l’orrendo
Attentato crudele invan cercai
Di palesarti, ognor me volle allato
L'iniquo traditor, Tinfide schiere 425
Ei guadagnar già seppe, ed in brev’ora
In sua mano sarà del regno il freno,
Ornai....
Am. Che ascolto! qual profondo abbisso
D’iniquità, d’orror s’apre ad un tratto
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/38]]==
D’innanzi a gli occhi miei! quai mostri asconde 430
Nel suo seno il Mogol!,.. Barbaro cielo!..,.
Misero Padre!...52 egli pur ora in braccio
Al periglio fatai..,, ma dove, o Numi,
Dove il valor sen fugge?.,, andiam si serbi
Al trono il rege, il genitore al figlio, 435
La mia vita si sprezzi, e solo, oh cieli,
Solo il padre si salvi53,,/
Trae la spada.
Scena Sesta.
Soldati in lontano, e detti.
A Tarmi, a Tarmi,
Os. Quai voci!
Am. Amico, andiamo, il grido è questo
De l’esercito ostile, è giunta ornai
L’ora estrema per noi, moriam da forti 440
Scampo al perir non v’è, con fermo petto
Il periglio s’affronti, il regno, il trono
Con noi commune abbian la sorte, allato
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/39]]==
Ambi cadrem trafitti, altra salute
Non resta a noi, che il non sperarne alcuna54, 445
Non più si tardi andiamo.
S’incammina seguito da Osnam.
Scena Settima.
Zarak con spada nuda, e detti.
Za. Trattenendoli Oh Dio, fermate
Dove il passo volgete? ah tutto innonda
L’orrore, il lutto, lo spavento, il sangue;
Già fu Delly, furo i Mogoli, e il grande
Onor del nostro nome55, il tutto cadde 450
Allo spirar d’avversa sorte ovunque
Scorre il barbaro acciaro armati, ed armi
Versa56 il campo nemico, empio, e ribelle
E stragi mesce, e vincitore insulta
Nizam crudele, per sua man trafitto 455
Giace là nel suo sangue57...
Am. Ah taci, intendo,
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/40]]==
Il genitor perì; misero Padre!...
Monarca sventurato! ah questo dunque
Si riserbava a’ tuoi funesti giorni
Lacrimevol destin! questo di tante
Sventure esser dovea la meta estrema!...
Prence infelice! ah se di questo sangue
Non giunse il prezzo a liberarti, avrai
Da questo ferro ampia vendetta, a l’opra,
Miei fidi, andiam, del nostro rege inulta
Non sia l’acerba morte, a l’ombra afflitta
Vittima cada il traditor crudele,
Seguite i passi miei.
Vuol partire seguito da Zarak, e da Osnam.
Scena Ottava.
Nizam con spada nuda e detti.
Ni. Trattenendoli Prence, t’arresta
L’opra è compiuta del Mogol il regno
Più tiranno non ha vittima ei cadde 470
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/41]]==
Alla nascente libertade, al giusto
Commun desio, che a ricovrar58 ci spinge
Ciò che ragion, ciò, che il diritto implora;
L’armi deponi, al vincitor t’arrendi,
In mio poter tu sei.
Am. Barbaro, e tanto 475
Ardisci in faccia al tuo Signor? nemico
Al cielo, in odio al mondo a quest’albergo,
Scellerato, t’invola, il nero spettro
Ch’esangue, e mesto a te s’aggira intorno
Chiede vendetta, e non la chiede invano. 480
A la pugna, miei fidi, olà guerrieri
Alle guardie
Il ribelle s’atterri,
Ni. Io non vi temo.
Amet-Schah, Osnam, e Zarak vanno contro di Nizam, il quale difen¬
dendosi, dopo breve contrasto è disarmato, e circondato dalle guardie.
Am. T’arrendi, o traditore, a carcer tetro
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/42]]==
Costui si guidi, e voi seguite in tanto,
Amici, i passi miei mostra la sorte 485
A noi men truce il volto, andiam, si corra
Su le sue traccie59, e vincitori, o vinti
A più temerci il fier nemico impari.
Parte Nizam da un lato tra una parte delle guardie, e dall’altro Amet-
Schah, Osnam, e Zarak seguiti da un altra parte delle medesime
Fine dell’Atto Secondo.
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/43]]==
ATTO TERZO.
Scena Prima.
Amet-Schah, ed Osnam.
Os. Pronto adempii quanto imponesti, ornai
Liberata è Delly da l’armi ostili. 490
A noi la sorte arride, il fallo suo
Poiché Nizam mirò di ferri cinto
Conobbe, ed emendò lo stuol ribelle.
A l’amico il nemico unito, e misto
Mal potè far difesa, ovunque in preda 495
A pavido timor trafitto cadde
De’ Maratti lo stuolo, insiem confuso
Delle fedeli schiere, e delle ostili
Scorre tra queste mura il nero sangue60.
Esulta il popol tutto, abborre ognuno 500
L’iniquo traditor; di labbro in labbro
Già vola il nome tuo; solo fra tanta
Gioia confuso, e mesto infra Poscure
Spaventose tenebre in carcer nero
Geme d’aspre catene avvolto, e stretto 505
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/44]]==
L’empio ribelle ad ora ad or sul suolo
Lo sguardo affissa, e nel ritrae di sdegno
Acceso il cuor tra le focose vampe
D’indomito furor; la terra, il cielo
Malvagio accusa, e la nemica sorte 510
Maledicendo irrita, al volto, al crine
E danni arreca, ed onte, e brama ognora
Fuggir se stesso, e ove fuggir non trova.
Am. Del delitto fatai, mio fido, è questo
Non insolito effetto, i rei sopporta 515
Felici un tempo il ciel, ma orrenda piomba
Sul colpevole alfin vendetta atroce.
De’ malvagi la speme infida, e vana
Qual nembo si dilegua, e qual procella
A lo spirar d’amico vento, o quale
Candida neve suole allor che sparge
Pel liquido sereno61 i raggi suoi
L’eccelso astro del dì, non grida invano
L’oppressa alma virtude, o la violata
Sincera fé, de le lor voci il suono
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/45]]==
Al ciel s’innalza, e su l’iniquo capo
Piomba orribile alfin l’ira divina.
Del delitto fatai vendetta atroce
Ella ritrar saprà. Si parta intanto,
L’opra si compia ornai, Surate, ed Agra
Gemon per anco a l’inimico in preda
Forse potrian del fuggitivo stuolo
Farsi amico ricetto; al regno, al trono
Periglioso ciò fora; i stanchi io vado
Guerrieri a radunar, se a le mie cure
Fausto arride il destin de’ fidi acciari
Al balenar d’ostili turme or ora
Scevro il Mogol vedrai62.
Parte
Scena Seconda
Ibraimo, ed Osnam.
(Numi, pietade
Che incontro è questo mai!)
T’awanza, il passo
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/46]]==
Perché confuso arresti?
(Oh dei! soccorso
Aita, oh cieli.)
Os. E qual ti tinge il volto
Insolito pallor? quello non sei
Che con tranquillo aspetto e sangue, e morti
Mirar potesti, a cui de’ regi il fato
Ombra mai di pietà, d’orror, di tema
Destar non seppe in cuor? quell’alma invitta
Qual turbamento opprime?545
Ib. Osnam, deh taci,
Non rammentarmi il mio delitto, ah basti
Violata aver la fé, Nizam tradito,
Ornai
Os. Che parli, infido? ah no, de’ sacri
Augusti nomi d’onestà, di fede
Non abusar così, quello tradii,
Che il suo Signor tradì63 di fé mancai
A chi del Rege suo violò la fede
Rammenta il tuo delitto; i falli tuoi
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/47]]==
In pria conosci, e quindi il mio condanna.
Ib. Ah taci, Osnam non più, confuso io sono,
La mia colpa conosco, aprirsi io miro
A’ piedi miei d’iniquità d’orrore
Funesto abbisso64, al tuo parlare io cedo
Che risponder non so, di quanto oprai
L’empietade m’è nota, ah nel tuo petto
Si celi il mio fallir, l’ascoso arcano
Non palesar se a cruda morte in preda
Un misero non brami, a’ piedi tuoi
Supplice io son,
S’inginocchia.
se de’ miei pianti il suono
Commuoverti non sa ti muova almeno
La pietà la virtù...
Os. Sorgi, Ibraimo,
Mal conosci il mio cuor, fido il mio petto
L’arcano serberà finché fedele
ÀI tuo Signor sarai, la spada ultrice65
Nunzia del giorno estremo agli occhi tuoi
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/48]]==
Balenerà, se al tuo Signor malvagio,
Iniquo traditor farti ardirai
De la giurata fé.
Parte..
Scena Terza.
Ibraimo solo.
Misero! ah dove
Tenti fuggir, dove involarti al nero
Spaventevole orror, che d’ogn’intorno
Ti circonda, t’opprime? ah questo cuore
Più riposo non ha, dopo il mio fallo
Pace più non ritrovo, a’ sguardi altrui
Ascondermi vorrei, vorrei celarmi
A’ Numi, al cielo, a questa terra istessa
In cui Todiate io bevo aure di vita,
In cui d’ingrata luce i sensi miei
L’astro del dì rischiara, ondeggia incerta
Quest’alma mia tra mille affetti66; ascolto
Chieder vendetta il nero spettro orrendo
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/49]]==
De l’estinto monarca; il volto io miro
Di squallido pallor coperto, il sangue
Veggio grondar da lo squarciato petto,
Brandir la destra ignita spada, orrendo
L’acceso sguardo sfavillare.., ah ferma...
T’arresta ombra fatale67, il pianto mio
Se a placarti non vai, del mio delitto
Questo mio cuor saprà ritrar vendetta.
Ei de la colpa la funesta immago
Farà presente ognora a gli occhi miei;
Ei di morte Porror, de’ Numi Pira
Ritrar saprà ne la smarrita mente
Ei lacerar co1 barbari rimorsi
A se stessa in orror Palma infelice....
Implacabil destini... Misero Prence!...
Sventurato Ibraimo!.... Andiam si frigga
Da queste mura, e me raccolga amico
L’adusto Caffro, o la deserta arena
Del Libico confine, o la sassosa
Araba terra, o per lioni orrenda
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/50]]==
La Numidica piaggia... Oh Numi ah dove
Dove fuggir me stesso?... ah tronchi alfine
Morte fatai così funesti giorni;
Trae la spada.
Voi quest’alma accogliete, ultrici larve,
In atto di ferirsi.
E voi d’Averno orrende, atre tenebre...
Oh del!.... qualcun s’appressa ah questo ancora
A compir vi volea le mie sventure68.
Ripone la spada.
Scena Quarta.
Zarak, e detto
Più non si tema, amico, a un colpo istesso
Cadde abbattuto il gemino periglio;
Langue da' lacci stretto in carcer nero
Di Golconda il tiranno; in fuga volto
Lo stuol nemico al non temuto assalto
Ver Satarah69 s’invia. D’Amet al brando
Tutto ceder mirò Delly superba70:
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/51]]==
Per di lui man piagato estinto cadde
De la sconfitta awersa turba il duce,
Egli al Mogol salute, al popol tutto
La bramata arrecò salvezza amica, 625
Ei de lo scosso trono egli del regno
Sovrano a un tempo, e difensor si fece;
Nulla a temer ci resta. Agra, e Surate
Obblia lo stuol fuggente, i passi suoi
Seguir guerrieri eletti, e a noi recaro 630
Così grata novella alfin si mostra
A noi propizio il ciel.
Ib. Stupido71 io sono
Qual novo ordin di cose a un tratto io miro
Cangiar del regno il deplorando aspetto!
Dal feroce Persian domato, e vinto 635
Il capo ei piega, e d’Ispahan sopporta
Il duro giogo; a le ruine insulta
Il Maratto guerrier del regno oppresso,
E qual torrente impetuoso72 atterra
Quanto a lui si fa innanzi, il regno intero 640
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/52]]==
Cede al furore ostil, Delly superba
Apre a’ nemici il varco, armato cerca
Lo stuol ribelle il suo sovrano a morte
Cinto è il regai palagio, e mentre il tutto
Contro il Mogol congiura, un colpo solo 645
Rende al Regno la pace, il rege al trono.
Za, Ibraimo, non più, l’unico germe
De la stirpe regai sul trono avito
Oggi innalzar convien; vanne s’aduni
Or de’ Raja lo stuol tra queste mura 650
Ciò brama, e chiede il popol tutto.
Ib. Io corro
Suoi voti a secondar sarà fra poco
Pago per la mia cura il suo desio.
(Quanto costi al mio cuor cura nemica!)
Parte
Scena Quinta
Zarak solo.
Tutto è compiuto alfin per Tarmi istesse,
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/53]]==
Che il suo braccio impugnò vinto pur giacque
L’infido traditor dai lacci stretto
Ei gema in preda al cupo orror, che inspira
Del delitto l’immago; ei, che pur ora
In sua mano vedea del regno intero
La sorte, ed il destin, sconfitto or giace
Al mesto affanno, cd al terrore in braccio.
Da l’oscure tenebre ove sepolto
L’infelice riman le glorie ei vegga
D’un odioso nemico, e il fren, che resse
Già la sua mano un dì reggere ei veda
Con augurio miglior colui, che un giorno
A sue frodi cedé l'ingiusta palma73.
Se tanto a le mie cure il del concede
Fia compiuto il trionfo; Amet s’appressa,
Al desiato fin tutto s’impieghi,
Cada l’orgoglio alter, veda il nemico
In oltraggiato cuor l’ira, e lo sdegno
Quanto possa a’ suoi danni, e voi porgete
Or Padiutrice destra, eterni Numi,
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/54]]==
A sì giusto desio.
Scena Sesta.
Amet-Schah, e detto.
Quanto imponesti
Pur or Prence eseguii, pronto a’ tuoi cenni.
D’Ibraim per le cure or or vedrai
L’augusto stuol de’ Raja; il popol tutto
Ciò richiede, e desia, ciascuno esulta
De’ suoi regi in mirar l’unico germe.
Fra la gioia comun sol geme afflitto
Di Golconda infelice il popol mesto,
Egli per man del traditor crudele
D’argento spoglio, e d’oro in preda a l’empio, 685
Inimico furor scorrer già vide
Per le sue messi il sanguinoso acciaro
Del Maratto guerrier, l’edaci fiamme74
Golconda incenerir le patrie mura
Distruggere, atterrar sul lungo solco 690
De l’arator la speme
Am, Or vanne adunque
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/55]]==
Tu regger sappi di Golconda il freno
Tu ricondurre al popolo smarrito
La sospirala pace; il suo conforto
Ei riconosca in te; dalle ruine 695
Sorga l’arsa cittade, al campo incolto
Ritorni l’arator, torni il guerriero
A l’armi abbandonate75, in ogni ciglio
Tergasi il pianto alfin, cessi sul labbro
Il dolente sospir, dai mesti petti 700
Fugga l’affanno, e il duol...
Scena Settima
Osnam, e detti,
Os. T’affretta, o Prence,
Del regno i voti a secondar, ciascuno
Te sul trono desia; cinto è d’intorno
Quest’albergo regai d’ansiose turme,
De’ tuoi fidi lo stuol tra queste mura 705
Già raccolto t’attende, ogni ritardo
Fora al popolo odioso.
Am, Amici, al trono
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/56]]==
Ecco io m’invio, me scorgerà fra poco
Sommo Prence, e Signor l’Asia guerriera:
Deh voi lieve rendete, eterni Numi 710
D’una corona a questa fronte il peso76,
Partono
v. 705: fidi [l’acci<ar>] lo stuol
Scena Ottava
Gran sala riccamente adobbata con Trono in fondo, e seggi intorno:
avanti a questi i Raja in piedi. Amet Schah si asside sul trono,
intorno a cui si schierano le guardie. Raja siedono: tra di essi
Ibraimo, Osnam, e Zarak.
Am. Anime eccelse, a sostenere elette
L’onor del regno, del sovran, del trono,
Della patria custodi, ecco il fatale
Funesto giorno, in cui cader distrutta 715
Dovea Delly per man ribelle al suolo
Io la serbai, dagl’inimici acciari
Salvo torna il Re vostro, io rendo a voi
De la stirpe regai l’unico germe;
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/57]]==
Trovar da insidie, e tradimenti stretto 720
Altro scampo io non so, spira per anco
Chi ribelle, e infedel me brama estinto.
Nel periglio fatai rifugio io cerco
Sol tra’ sudditi miei, se fidi in petto
La fé serbate ad un sovran dovuta 725
Soccorso, aita al vostro Re porgete.
Ib. Felice regna, o prence, avrai quest’alme
Ognora a te fedeli, in nostra mano
Sol lampeggiar vedrassi il fido acciaro
De’ tuoi dritti in difesa, e mai non fia 730
Scossa la fé, che con sincere voci
Tutti al tuo scettro, al soglio tuo giuriamo.
Am. Ed io lo giuro al del, che m’ode; ognora
A me sacri saran del regno i dritti,
Dell’orfano infelice, e del pupillo 735
Farmi padre io saprò, difesa, e scudo
De l’oppresso innocente, e a l’uopo il freno
Costringere allentar77.
Alle guardie
Si guidi intanto78
==[[Pagina:Leopardi - La virtù indiana, manoscritto, 1811.djvu/58]]==