Pagina:Deledda - Nell'azzurro, Milano, Trevisini, 1929.djvu/161: differenze tra le versioni
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E quando Assan diventò il signore della moschea e dei giardini, il deserto si cangiò in un prato di fiori, le siepi in rose, le serpi in uccelli che cantavano le sue glorie, adulandolo... |
E quando Assan diventò il signore della moschea e dei giardini, il deserto si cangiò in un prato di fiori, le siepi in rose, le serpi in uccelli che cantavano le sue glorie, adulandolo... |
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Ma Assan non badò più a loro, non calcò più quel suolo maledetto, disprezzò le adulazioni e gli incensi di coloro che l’avevano tanto addolorato |
Ma Assan non badò più a loro, non calcò più quel suolo maledetto, disprezzò le adulazioni e gli incensi di coloro che l’avevano tanto addolorato, — ma Assan si ricordò sempre del fiorellino che l’aveva dissetato, delle rose che gli avevano sorriso, delle voci che l’avevano incoraggiato, e nel rin- |
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L’ultima a visitare è una piccola camera ovale, dalla vôlta alta, dalla finestra piuttosto piccola, ma elegante, col suo arco acuto, che guarda sul giardino... |