Le cene ed altre prose/Prima cena/Novella prima: differenze tra le versioni

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Partissi allegro Salvestro, e alla moglie portò la buona novella, lietamente aspettando e con disio il giorno vegnente, per intendere il modo di ritornar sana la sua cara consorte. Così la sera, cenato che egli ebbe, stette alquanto intorno alla donna, confortandola, e dipoi, commesso il medesimo alla serva, all'usanza se ne andò al letto a riposare. La Sandra, avendo il cervello a partito, perchè non avesse a uscire scandolo, poichè due volte aveva fatto lo errore, seguitò di farlo la terza, e a Salvestro la mattina diede la sua orina in vece a quella della moglie; il quale, quanto più tosto potette, al maestro la portò. Ma il medico, pura e chiara veggendola al solito, se gli rivolse ridendo, e disse: vien qua, Salvestro, a te conviene, se brami, come par tu che mostri, la salute di mogliata, usare seco il coito; perciocchè altro non veggio in lei di male, se non soverchio di caldezza, nè altra via o modo ci è per sanarla, che il congiungersi; a che fare ti conforto, quanto più tosto meglio, sforzandoti di servirla gagliardamente; e se questo non giova, fa conto che ella sia spacciata. Salvestro, intera fede prestando al medico, promesse di fare il bisogno, e lasciollo col nome di Dio, aspettando con grandissimo desiderio la notte, nella quale la salute della donna procacciar doveva, e ricoverarle la smarrita sanità.
 
Venne finalmente la sera; ed egli, fatto ordinar benissimo da cena, volle in presenza della moglie mangiare, avendo fatto intorno al letto accomodare un quadro, e con un suo compagno, uomo piacevole e faceto, motteggiando sempre, cenò allegramente. Alla fine dato licenza al compagno, e alla fante detto che se ne andasse a dormire in camera sua, e solo rimasto, si cominciò in presenza della donna a spogliare, burlando e ridendo tuttavia. La moglie, meravigliosa non meno che timida, attendeva pure la fine di quello che far volesse; il quale, restato come Dio lo fece, se le coricò a lato, e cominciò di fatto, toccandola e stringendola, ad abbracciarla e a baciarla. A cui la donna, quasi sbigottita, ciò veggendo e sentendo, disse: ohimè! Salvestro, e che vuol dir questo? sareste voi mai uscito del cervello? che è ciò che voi volete fare? Colui, rispondendo, diceva pure: sta ferma, non dubitare, pazzerella: io procaccio tuttavia di guarirti. E volle, questo detto, acconciarsi, per salirle addosso; ma colei, alzando la voce, prese a dire: ohimè! traditore, a questo modo volete ammazzarmi? e non volete avere pacienza tanto, che da sè stessa mi occida la malattia, che sarà tosto, senza volere affrettarmi con sì strano mezzo la morte? Come! rispose Salvestro, io cerco mantenerti in vita, anima mia dolce: questa è la medicina al tuo male, così mi ha commesso il compar nostro maestro Mingo, che sai quanto egli sia intendente fra gli altri medici; e però non dubitare: sta cheta e salda, a fine che prestamente guarita, esca di questo letto. Colei, gridando pure e scuotendosi, non rifinava di riprenderlo e di garrirlo, ma sendo debolissima, dalla forza e da' preghi del marito sil asciò finalmente vincere, di modochè il santo matrimonio adempierono; e la donna, avendo propostosi di stare immobile, come se di marmo fosse stata, non potette far poi che non si dimenasse; e ben le parve, come il marito la strinse, che le mettesse, come gli aveva detto, la salute in corpo; perchè 'n un tratto sentì dileguarsi il rincrescimento e l'affanno della febbre, la gravezza e la debolezza del capo, e la lassezza e la stanchezza delle membra, e tornar tutta scarica e leggiera, e col seme generativo gittare insieme la zinghinaja e tutto il malore; e così amenduni, fornito il primo scontro, alquanto presero riposo e lena.
 
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