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tinto ei ti vede? E la misera nostra
ottima madre, che d’entrambi i figli
orba cosi faresti? perché, al certo,
ucciso me, non ardiresti ad essa
innanzi mai, mai più venirle. Ah, pensa
qual, senza noi, vivria quella infelice:
pensa...
- Caino
Ah Fratello! il cor mi squarci a brani:
sorgi omai, sorgi: io ti perdono: in questo
abbraccio... Ma, che fo? che dissi? Iniquo,
prestigio sono i pianti tuoi: non dubbio
è il tradimento tuo; perdon non merti;
né ti perdono io, no.
- Abèle
Che veggo? or crudo
già più di pria ritorni?
- Caino
Io, si, ritorno
qual teco deggio. Or, sia che vuol ; quel bene
«si nieghi a me, pur che a costui si nieghi ».—
Non più perdon, pietà non più; non havvi
più, né fratei, né genitor, né madre.
Già d’atro sangue rocchio mi si offusca:
un mostro io scorgo ai piedi miei. Via, muori.
Chi mi rattiene?... Chi mi spinge il braccio?...
Qual voce tuona?
- Abèle
Iddio ci vede.
- Caino
Iddio ?
Parvemi udirlo: ed or, vederlo parmi,
perseguirmi, terribile: già in alto
veggo piombante sul mio capo reo
questa mia stessa insanguinata marra!
- Abèle
È fuor di senno, affatto. Oh vista! Io tremo...
da capo a piè...
- Caino
Prendi tu, Abèle, prendi
tu questa marra; e ad ambe man percuoti
sovra il mio capo tu. Che tardi? or mira,
niuna difesa io fo: ratto, mi uccidi: