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mente ; ma se avesse da scieglier tra una brutta naturai e una bella depenta, torria sempre una bellezza artifizial, più tosto che una bruttezza che stomega.

Arlecchino. L’ è qua che la vien.

Brighella. Gh’at dito che gh’ho la lettera?

Arlecchino. Siguro. E se non era per la lettera, no la vegniva.

Brighella. L’ è la calamita, che tira.

Arlecchino. Ma l’ è una gran calamita rabbiosa ; i grida sempre.

Brighella. Eh, qualche volta pò i farà pase.

SCENA IV (1).

La Marchesa BEATRICE e detti.

Beatrice. Va a preparare la cioccolata. (ad Arlecchino)

Arlecchino. (Anca questa l’ha mandada el to patron). (piano a Brighella, e parte)

Beatrice. Sei tu, che mi deve dare una lettera?

Brighella. Illustrissima sì : eccola.

Beatrice. Chi la manda?

Brighella. El me padron.

Beatrice. Ha dormito bene?

Brighella. Ho paura de no.

Beatrice. Perchè?

Brighella. L’ ha smania tutta notte.

Beatrice. Come lo sai? Tu dormi lontano dalla sua camera.

Brighella. Sta notte l’ ha dormido da basso (2), e mi me son butta su un cémapè cussi vestido in t’ una camera vesina, che sentiva tutto.

Beatrice. Ha dormito in altro letto? Perchè questa novità?

Brighella. Perchè Y ha volsudo dormir solo. ( I ) Neil’ ed. Bettiii. così comincia la scena : e Brigh. Servilor a oussuilrhsima. Beatr. Buon giorno. Va a preparare la cioccolata, ad Arlecchino. Ari. Cnora sì. (Brighella, t’ aspetto, la heveremo anca nu). Brig. (Z,’è meio un boccal de quel de iersera). Ax\. (Si, quel che ti Voi : t’aspetto), via. Beatr. Non sei tu che mi deve dare una lettera ? ecc. ». (2) Bettin.: in te r arcova.