La cooperazione regionale in ambito UE: il caso della Corsica/Capitolo I: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Aubrey (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 33:
Il “punto di forza” della storia della Corsica, forgiata nel corso dei millenni dalle sue caratteristiche geofisiche, dalla sua mentalità, dalla sua cultura, si radica nel popolo corso allo stesso tempo isolano, montanaro, mediterraneo e fonte di un nazionalismo permanente<ref>Cfr. ''Organisation Européenne pour les Droits de l’Homme et pour ses Libertés Fondamentals–Délégation générale de Corse, La Corse, l’Europe et le droit'', La Marge édition, Parma 1991, p. 8.</ref>.
La traccia più antica della presenza dell’uomo in Corsica risale al neolitico, come testimonia lo scheletro della “Dame di Bonifacio” datato al 6570 a.C. circa. I primi abitanti dell’isola arrivarono presumibilmente dalla Toscana ed il ritrovamento di ceramiche, punte di freccia e attrezzi agricoli dimostra che la sedentarizzazione ebbe inizio verso il 3300 a.C.. Queste popolazioni ben presto dovettero scontrarsi contro i torreani-sardari che arrivati dal mare distrussero le opere dei loro predecessori ed eressero delle torri. I navigatori fenici, etruschi e cartaginesi probabilmente fecero scalo su quest’isola situata nel mezzo delle rotte commerciali del Mediterraneo, ma non hanno lasciato tracce del loro passaggio. Nel VI secolo a.C. i greci focesi vi si insediarono fondando Alalia (Aléria) ed iniziarono a svilupparsi i commerci. I romani si interessarono alla Corsica per motivi strategici: non potevano certo lasciare che quest’isola, situata proprio di fronte alle loro coste, cadesse nelle mani dei nemici cartaginesi. Nel 259 a.C. conquistarono Alalia, subito ribattezzata Aléria, e la annessero alla Sardegna formando un'unica provincia. Con la caduta dell’Impero romano la Corsica fu depredata dai vandali ed ostrogoti, riconquistata dai bizantini e tale rimase fino al 725, anno in cui fu occupata dai longobardi.
 
 
== 2. La dominazione pisana e genovese ==
Line 38 ⟶ 39:
Teoricamente compresa nelle terre donate da Pipino al papato, nel IX secolo la Corsica divenne preda dei saraceni, che ne furono cacciati con due spedizioni pisane nel 1014 e nel 1050 circa. Rivendicata nel 1077 da Papa Gregorio VII, i poteri apostolici vennero dati al vescovo di Pisa e poi nel 1092 all’arcivescovo; da questo momento si attuarono la supremazia religiosa di Pisa e l’azione linguistica, artistica e culturale di stampo toscano sull’isola.
Con la sconfitta pisana della Meloria del 1284 iniziò la dominazione genovese che dovette affrontare le lotte intestine tra feudatari e la rivolta antigenovese guidata da Sampietro Corso (1533-1569) con l’appoggio della Francia. Il 1755 segnò la ripresa della rivolta corsa e vide Pasquale Paoli prendere le redini dell’insurrezione e guidare i rivoltosi contro i genovesi. Grazie al suo spirito tenace nacque un vero e proprio stato e, giustapposto alla Corsica genovese, si sviluppò il concetto di una Corsica indipendente. Paoli ristabilì l’ordine, promulgò una costituzione democratica trent’anni prima della Rivoluzione francese, promosse lo sviluppo agricolo, risanò le paludi ed in una quindicina di anni riuscì a creare un’università, a battere moneta, diede all’isola il suo stemma con la testa di moro, ma soprattutto dimostrò ai corsi che uno di loro poteva decidere il destino dell’isola.
 
 
== 3. La Corsica francese ==
Line 44 ⟶ 46:
Nel corso del XIX secolo la Corsica non tardò a mostrare la sua particolarità rifiutando alcune decisioni del potere centrale, dimostrò che la struttura dei clan<ref>Sul tema dei clan e dei notabili, cfr. J.L. Briquet, ''Le problème Corse'', «Regards sur l’actualité», n. 240, La Documentation Française, Paris 1998, pp. 26-27.</ref> era ancora ben radicata e che il banditismo imperava, mentre i problemi legati alla povertà, al sottosviluppo, all’agricoltura erano più che mai attuali.
Nel corso delle due guerre mondiali i corsi combatterono a fianco dei francesi, ma il “malessere” corso nei confronti di una madrepatria lontana ed assimilatrice riemerse prepotentemente sul finire degli anni ’60 con la creazione dell’Action régionaliste corse (ARC) e più tardi nel 1976 del Front de libération nationale de la Corse (FLNC)<ref>Sul tema del separatismo e dei relativi gruppi politici, cfr. P. Poggioli, ''Le Nationalisme en question(s)'', DCL éditions, France 2003; e la prima parte di E. Simeoni, ''Corse: la volonté d’être'', Albiana, Ajaccio 1995.</ref>. La questione del separatismo e della storia più recente della Corsica verrà trattata nel corso dell’ultimo capitolo dove saranno illustrati i problemi ancora aperti e gli scenari futuri. Bisogna tuttavia sottolineare che dai romani ai francesi, in qualunque epoca della sua storia, la Corsica non è mai stata completamente sottomessa alla legge “straniera”<ref>''Organisation Européenne pour les Droits de l’Homme et pour ses Libertés Fondamentals-Délégation générale de Corse, La Corse, l’Europe et le droit'', La Marge édition, Parma 1991, p. 5.</ref>.
 
 
== 4. Lo statuto speciale della Corsica ==
Line 81 ⟶ 84:
 
Circa un terzo delle risorse provengono dall’estero; la Corsica è nettamente dipendente nel settore energetico, agricolo, agro-alimentare (importa latte, frutta, verdura, legumi) e dei combustibili. Non bisogna tuttavia dimenticare la terziarizzazione estrema dell’economia locale che causa un forte spostamento di manodopera dai settori tradizionali al terziario. Questi fattori non contribuiscono di certo al decollo dell’economia corsa.