Don Chisciotte della Mancia/Capitolo XXVIII: differenze tra le versioni

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- Poiché non è Lucinda, non è nemmeno persona umana ma pare divina.
 
Il giovane si trasse la ''montera'',<ref> Specie di berretto usato dai contadini nella Mancia e nell'Andalusia.</ref> e scotendo la testa, fece mostra di una superba treccia di capelli biondi, da muover invidia ai raggi del sole. Capirono da tutto ciò che non era un contadino, ma una delicata fanciulla, e la più bella che avessero veduta fino a quel punto. Cardenio dichiarò ai suoi compagni che soltanto quell'incognita avrebbe potuto gareggiare in avvenenza con la belliliima sua Lucinda. Le trecce bionde non solo le coprivano le spalle, ma ondeggiavano da ogni parte, e la rivestivano tutta, quasi come un manto, rimanendo scoperti solo i piedi. Adoprava per pettinarsi due mani, che, se i piedi nell'acqua parevano di cristallo, quelle parevano fiocchi di neve appena caduta. Tutto ciò eccitava nei tre uomini il più vivo desiderio di sapere chi ella fosse. Si decisero alla fine di lasciarsi vedere; e al fruscio che fecero per alzarsi, la vezzosa giovane sollevò la testa, e spartendo con le sua dita gentili i capelli sugli occhi, che n'erano coperti, osservò d'onde venisse il rumore. Appena vedute quelle persone, balzò in piedi, e senza più badare a calzarsi, né a raccoglier le trecce, prese lesta un involto che aveva dappresso e si mise a fuggire tutta turbata e confusa. Ma dopo appena sei passi, non potendo i suoi piedi delicati tollerare l'asprezza delle piante, cadde in terra. I tre amici volarono a darle assistenza, e il curato fu il primo a dirle:
— Fermatevi, signora, chiunque voi siate, che noi tutti siamo qua per assistervi; né vogliate fuggire per causa nostra, perché né i vostri piedi lo potranno e neppur noi potremo acconsentirvi.
 
A tutto ciò ella non rispondeva, ma stava confusa ed attonita; se non che il curato, fattosi più vicino, la prese per la mano, dicendo:
— Quello che la vostra povera veste vorrebbe nascondere si scopre dai vostri capelli. Certo, furono gravi le ragioni che v'indussero a nascondere tanta bellezza sotto un abito non vostro, e che vi hanno trascinata in un deserto come questo, dove fu un caso trovarvi. Se non rimediare ai vostri mali, possiamo almeno darvi qualche utile consiglio: perché nessuna sventura è tanto grande da non potere essere alleviata da un consiglio suggerito
con purissima intenzione. Coraggio, dunque, mia signora, o signor mio, o quello che più vi piace di essere; calmate la vostra agitazione e narrateci la vostra buona o trista fortuna,che in noi tutti e in ciascuno di noi in particolare troverete soccorso alle vostre sventure.
 
Mentre il curato così le diceva, la giovane travestita se ne stava come stupefatta, guardando ora l'uno ora l'altro senza proferire parola. Ma il curato riprese a parlare, adducendo nuove ragioni a poterla persuadere; finalmente essa mandò un profondo sospiro, ruppe il silenzio e disse:
- Poichè non riuscì a celarmi la solitudine di queste balze e i miei capelli sciolti e scomposti renderebbero evidente ogni mia menzogna, inutile mi sarebbe fingere più oltre. Dopo questo, o signori, mi dichiaro tanto obbligata alle vostre offerte, che non posso non soddisfare interamente alle domande che mi rivolgete. Temo per altro che il racconto che vi farò, abbia a ispirarvi noia oltre che compassione. Ma perché, intanto, la mia riputazione non iscapiti nel giudizio che potreste farvi di me, vedendomi giovane, sola e travestita, vi dirò quel che avrei desiderato di non rivelare a nessuno.
 
Tutto questo fu detto dall'avvenente giovane con tanta speditezza e con accento così soave, che gli astanti dovettero ammirare in lei il suo criterio non meno della sua bellezza. Insistettero essi perch'ella mantenesse la sua promessa, e la giovane, senza lasciarsi pregare più a lungo, si mise le calze con onesta disinvoltura, raccolse i capelli, si pose a sedere su di un sasso, e in mezzo al cerchio de' tre viandanti, sforzandosi di ritenere una lagrima che le spuntava dagli occhi, cominciò a narrare la sua storia con voce chiara e riposata:
 
« In quest'Andalusia vi è una terra, da cui prende il titolo un duca<ref> L'autore allude forse al duca d'Ossuna, ed a qualche fatto non interamente immaginario.</ref>, cioè uno di quelli che fra noi si chiamano grandi. Egli ha due figliuoli, il maggiore erede del suo Stato, ed anche, a quanto sembra, de' suoi buoni costumi; ed il minore non so di che cosa possa esser erede, se non dei tradimenti di Vellido e delle cabale di Galalone. I miei genitori sono vassalli di questo potente. Essi non sono nobili, ma in cambio hanno grandi ricchezze, e se la loro nascita fosse pari alla loro fortuna, non resterebbe ad essi nulla a desiderare, né io avrei temuto di trovarmi oppressa dalle presenti mie sventure, che si devono appunto al fatto di non esser noi di nobile stirpe. Veramente la condizione dei miei non è tanto abbietta da doversene vergognare, ma neppure è tanto alta da farmi pensare che non sia essa la causa della sciagura. In sostanza, i miei sono gente di campagna e alla buona, sono cristiani vecchi e stantii, come suol dirsi, e coi loro beni di fortuna e col loro garbo vanno ogni dì più acquistando credito di gente onoratissima e non volgare. La ricchezza e la nobiltà loro consisteva nel vantarsi ch''io fossi loro figliuola; e non avendo altri eredi all'infuori di me, ed essendo genitori amorosissimi potevo considerarmi ben avventurata.