Pagina:Il Baretti - Anno II, n. 14, Torino, 1925.djvu/1: differenze tra le versioni

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Questo senso della storia, chiaroveggenza responsabilissima, nella quale ogni coscienza deve ''sentirsi'' non ''credersi'', centro vivido, anche della più stupida materia morta e lontana, che riposa, per vivere, su tutte le stelle ferite di occhi del firmamento sommerso sotto il santo oceano laico di Dio, e non è dunque materia, ma condizione dell'Invisibile, per esistere, e la precisa distinzione, è l'aristocrazia sincera, di Renan, che chiamo, senza contraddire storicolirico.
Questo senso della storia, chiaroveggenza responsabilissima, nella quale ogni coscienza deve ''sentirsi'' non ''credersi'', centro vivido, anche della più stupida materia morta e lontana, che riposa, per vivere, su tutte le stelle ferite di occhi del firmamento sommerso sotto il santo oceano laico di Dio, e non è dunque materia, ma condizione dell'Invisibile, per esistere, e la precisa distinzione, è l'aristocrazia sincera, di Renan, che chiamo, senza contraddire storicolirico.


I varii Mariano che scrivono le opere cantate, dalla carta liscissima, trovano che Renan indulse tanto alla Ipotesi, che il polso dei fatti e le prove dei risultati sono quasi futili, nella sua Storia di ''Origini, di Popolo, di Religioni'', di cori umani laici e santi. del vero, nell’appunto. Renan fu laboriosissimo, conobbe l'ebraico alla perfezione, tutta la vita dedicò alla conoscenza, alla curiosità esigentissima, e rivolse i suoi fiumi d’anima verso le tende eterne del mare di Israele, il popolo, per noi, ''antipraticissmo'' (ha ragione Cecchi e Cardarelli ha ragione), per Weininger, femmino, per Herder, poeta, per lui, Renan, ''morale'' di sua essenza. Se avesse un'altra vita, Renan la dedicherebbe alla divinazione del popolo Greco, il re dei miti ! Sta di fatto che Renan scelse il più antico... E non fu per questo. Il sangue brettone, sveglissimo nel figlio di Treguier, dove è in vista il Capo Finisterre e la nascita lirica del puro mare, rende, sospetto, Renan ''contro la rettorica del sentimento'', che ''troppo famigliare'' giudica alle stirpe latine, e dalle quali, isola con un senso aristocratico del limite e della primizia di quelli che, tra le persecuzioni, han saputo durare, la propria terra, timida, riservata — è lui che dice, — tutta vivente in profondo, comunicativa poco, ma sensibilissima come un trasalito filo di raggio, e una maschilità inespansiva, ma perforatrice, impresibile. Ce n’è abbastanza, quando si aggiunge la simpatia della strada e dell'Instabilità alla cosa, morta sempre, al concreto caduco, che fece desiderare a Renan la poesia degli infiniti e i viaggi senza ritorno, — (fu in Siria, Fenicia, Palestina, Egitto, tutta Europa cercò) — , ce n'è abbastanza per giustificare la preferenza data al popolo della tenda, straniero alla terra, e nato del cielo. Le ''corpulente'' percosse sono sempre i ''Monti di lettere'', i Vaticani maestri, Satana, cioè, e intrigo. Ma perchè un'idea duri quaggiù, non basta l'originalità fontana, occorre il sussidio dell'aìuto, e che San Francesco sia compiuto dal Frate Elia briccone, — l'esperienza è di Renan! Egli non ha avuto il suo Frate Elia; — il suo ''Gesù'' non ha avuto l'ultimo paragrafo dell’ultimo Vangelo, il Vangelo non lirico; perchè, salvo a farlo apposta, il lirico è sempre ''sinottico'', e non mica il filosofo, come Platone voleva ! Per questo, Renan si accorge che la sua azione sul mondo sarà breve, e non avrà che divertito un momento i suoi coetanei. Non si lamenta; sorride. Non saprebbe abdicare al suo sorriso marino e sovrano. Ma chi si ferma a questo, e non legge il sommerso di questo ''Veniero'' dell'anima che fuori è tanto gaio e dentro è strazio, dimentica che anche il fiore del mare su cui scherzano i bimbi dello zefiro, — di un'eruzione del suolo, e, dopo il frutto!... Lamaitre si ferma troppo al ''ritratto'' di Renan, nel suo taccuino di corsa. Faccia ''episcopale, succulenta, rabelaisiana'', va bene ! Ma chi è dentro, è il centro, e non volle Renan, e il tondo papa lo multò d'infamia, scongiurando l'immagine ''achei ropoiete'' di respingere la rovina dell'Anticristo, dalla città del dogma, la città tutta una mammella, dove il Vaticano ha ragione! A Roma, nel 1872, Renan scrisse l'ultimo volume delle ''Origini'' ( l'''Anticristo'' ) fu ospitato da Cavour. Due ''origini'' si riconoscevano. L’origine d'Italia, improvvisamente laica, come il cielo sparato dalla breccia della murata difesa di Porta Pia; l'origine dell’anima dalla morte del dogma tutto un sonno. ''Dilettantismo'', quello di Renan ! Intendersi bene su questo ! La parola è di Bourget nei suoi ''saggi''. Da prima, Renan fu un filosofo industre, un adoratore della scienza sperimentale, religiosa del vero. Quando lo destituiron nel 1864, si doleva perchè la sua cattedra era non orazione e giaculatoria, era esame scientifico, matematica d'anima; dunque, non aveva scopo di disturbare coscienze, ma di dire il vero. Fin dal Collegio di Issy, i lavori di linguistica lo trattengono, insonne, dalla questione del l'ortodossia, che affronta, dopo. La tecnica preparata è l'esercizio su tema, che non sente, questi sono i suoi scogli. Tutti gli abati Duchesue, brava gente, si meravigliano in coro che un alunno cosi intelligente scriva cosi male! Non capiscono che c’è un coraggio invisibilissimo nel ''non'' procedere ''che'' da sè, distruggendo i piani, — e conosce assai bene, e ha ben marciti di azzurri tutti i versi delle metriche e i paragrafi delle stampe e gli alfabeti distrutti, chi dice, il raggio e fa il vestito tutta una verità con l'anima, non deponibile fuori... Il centro di Dio esplode in mondo, ma non ritorna, questo, dall'origine, se non per ''perdersi fuori'', in capostorni ed in lussurie di terre, che i cavalli di Giobbe col boccone divorano e non giungono il centro, l'ho scritto. L’uno sta, certo, prima. E' centro, E dissolve ogni fuori. E, se espiale, spara tutte le grammatiche della natura gentile. Va bene, che quelle poi ricompongono l'origine in un organismo concreto. E il ''prete di Nemi'' che vuol disfare la lettera, se non provvede in tempo, muore giusto al quint’atto. Il dramma è di Renan.
I varii Mariano che scrivono le opere cantate, dalla carta liscissima, trovano che Renan indulse tanto alla Ipotesi, che il polso dei fatti e le prove dei risultati sono quasi futili, nella sua Storia di ''Origini, di Popolo, di Religioni'', di cori umani laici e santi. C’è del vero, nell’appunto. Renan fu laboriosissimo, conobbe l'ebraico alla perfezione, tutta la vita dedicò alla conoscenza, alla curiosità esigentissima, e rivolse i suoi fiumi d’anima verso le tende eterne del mare di Israele, il popolo, per noi, ''antipraticissmo'' (ha ragione Cecchi e Cardarelli ha ragione), per Weininger, femmino, per Herder, poeta, per lui, Renan, ''morale'' di sua essenza. Se avesse un'altra vita, Renan la dedicherebbe alla divinazione del popolo Greco, il re dei miti ! Sta di fatto che Renan scelse il più antico... E non fu per questo. Il sangue brettone, sveglissimo nel figlio di Treguier, dove è in vista il Capo Finisterre e la nascita lirica del puro mare, rende, sospetto, Renan ''contro la rettorica del sentimento'', che ''troppo famigliare'' giudica alle stirpe latine, e dalle quali, isola con un senso aristocratico del limite e della primizia di quelli che, tra le persecuzioni, han saputo durare, la propria terra, timida, riservata — è lui che dice, — tutta vivente in profondo, comunicativa poco, ma sensibilissima come un trasalito filo di raggio, e una maschilità inespansiva, ma perforatrice, impresibile. Ce n’è abbastanza, quando si aggiunge la simpatia della strada e dell'Instabilità alla cosa, morta sempre, al concreto caduco, che fece desiderare a Renan la poesia degli infiniti e i viaggi senza ritorno, — (fu in Siria, Fenicia, Palestina, Egitto, tutta Europa cercò) — , ce n'è abbastanza per giustificare la preferenza data al popolo della tenda, straniero alla terra, e nato del cielo. Le ''corpulente'' percosse sono sempre i ''Monti di lettere'', i Vaticani maestri, Satana, cioè, e intrigo. Ma perchè un'idea duri quaggiù, non basta l'originalità fontana, occorre il sussidio dell'aiuto, e che San Francesco sia compiuto dal Frate Elia briccone, — l'esperienza è di Renan! Egli non ha avuto il suo Frate Elia; — il suo ''Gesù'' non ha avuto l'ultimo paragrafo dell’ultimo Vangelo, il Vangelo non lirico; perchè, salvo a farlo apposta, il lirico è sempre ''sinottico'', e non mica il filosofo, come Platone voleva ! Per questo, Renan si accorge che la sua azione sul mondo sarà breve, e non avrà che divertito un momento i suoi coetanei. Non si lamenta; sorride. Non saprebbe abdicare al suo sorriso marino e sovrano. Ma chi si ferma a questo, e non legge il sommerso di questo ''Veniero'' dell'anima che fuori è tanto gaio e dentro è strazio, dimentica che anche il fiore del mare su cui scherzano i bimbi dello zefiro, — di un'eruzione del suolo, e, dopo il frutto!... Lamaitre si ferma troppo al ''ritratto'' di Renan, nel suo taccuino di corsa. Faccia ''episcopale, succulenta, rabelaisiana'', va bene ! Ma chi è dentro, è il centro, e non volle Renan, e il tondo papa lo multò d'infamia, scongiurando l'immagine ''achei ropoiete'' di respingere la rovina dell'Anticristo, dalla città del dogma, la città tutta una mammella, dove il Vaticano ha ragione! A Roma, nel 1872, Renan scrisse l'ultimo volume delle ''Origini'' ( l'''Anticristo'' ) fu ospitato da Cavour. Due ''origini'' si riconoscevano. L’origine d'Italia, improvvisamente laica, come il cielo sparato dalla breccia della murata difesa di Porta Pia; l'origine dell’anima dalla morte del dogma tutto un sonno. ''Dilettantismo'', quello di Renan ! Intendersi bene su questo ! La parola è di Bourget nei suoi ''saggi''. Da prima, Renan fu un filosofo industre, un adoratore della scienza sperimentale, religiosa del vero. Quando lo destituiron nel 1864, si doleva perchè la sua cattedra era non orazione e giaculatoria, era esame scientifico, matematica d'anima; dunque, non aveva scopo di disturbare coscienze, ma di dire il vero. Fin dal Collegio di Issy, i lavori di linguistica lo trattengono, insonne, dalla questione dell'ortodossia, che affronta, dopo. La tecnica preparata è l'esercizio su tema, che non sente, questi sono i suoi scogli. Tutti gli abati Duchesue, brava gente, si meravigliano in coro che un alunno cosi intelligente scriva cosi male! Non capiscono che c’è un coraggio invisibilissimo nel ''non'' procedere ''che'' da sè, distruggendo i piani, — e conosce assai bene, e ha ben marciti di azzurri tutti i versi delle metriche e i paragrafi delle stampe e gli alfabeti distrutti, chi dice, il raggio e fa il vestito tutta una verità con l'anima, non deponibile fuori... Il centro di Dio esplode in ''mondo'', ma non ritorna, questo, dall'origine, se non per ''perdersi fuori'', in capostorni ed in lussurie di terre, che i cavalli di Giobbe col boccone divorano e non giungono il centro, l'ho scritto. L’uno sta, certo, prima. E' centro. E dissolve ogni fuori. E, se esplode, spara tutte le grammatiche della natura gentile. Va bene, che quelle poi ricompongono l'origine in un organismo concreto. E il ''prete di Nemi'' che vuol disfare la lettera, se non provvede in tempo, muore giusto al quint’atto. Il dramma è di Renan.
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Per la poesia esso fu, quanto altri mai ferace di incomparabili rigogli: come vano appare il lamento dell’antico che si lagnava non rimanessero più jugeri da mietere!
Per la poesia esso fu, quanto altri mai ferace di incomparabili rigogli: come vano appare il lamento dell’antico che si lagnava non rimanessero più jugeri da mietere!


Meteore turbinose solcarono i cieli della lirica, descrivendo parabole fiammee: e disgregate si al tramonto, si frammentarono e moltiplicarono dissipandosi.
Meteore turbinose solcarono i cieli della lirica, descrivendo parabole fiammee: e disgregatesi al tramonto, si frammentarono e moltiplicarono dissipandosi.


Un cielo, per vero, in preda a travagliose geniture appare l’era victoriana in Inghilterra. Dalle profondità dello spazio si lanciano in vermiglia furia ascendente immensi astri chiomati. L'ultimo, Swinrburne, si spegne all'alba dell’età nuova.
Un cielo, per vero, in preda a travagliose geniture appare l’era victoriana in Inghilterra. Dalle profondità dello spazio si lanciano in vermiglia furia ascendente immensi astri chiomati. L'ultimo, Swinrburne, si spegne all'alba dell’età nuova.