Pagina:Il Baretti - Anno II, n. 10, Torino, 1925.djvu/1: differenze tra le versioni

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Il nostro settecento non si conchiude che in un problema centrale: è possibile costruire una sto* ria del romanticismo italiano?
Il nostro settecento non si conchiude che in un problema centrale: è possibile costruire una storia del romanticismo italiano?


Ln risoluzione di questo problema si tradurrebbe in una vera c propria negazione stilistica del romanticismo tedesco: vedere come il romanticismo italiano sia sboccato in uno stile, o, quantomeno in una coscienza perentoria del problema dello stile (Leopardi) parrebbe lo stesso che negare la concretezza cui ambisce la filosofia tedesca del romanticismo.
La risoluzione di questo problema si tradurrebbe in una vera e propria negazione stilistica del romanticismo tedesco: vedere come il romanticismo italiano sia sboccato in uno stile, o, quantomeno in una coscienza perentoria del problema dello stile (Leopardi) parrebbe lo stesso che negare la concretezza cui ambisce la filosofia tedesca del romanticismo.


Ma il problema cosi impostato ba scarsi limiti di individuazione; presuppone una interpretazione assolutamente nuova di Goethe, presuppone cioè una giustificazione teologica della storia della letteratura tedesca costruita sul piano astratto in cui Goethe diventa il punto di convergenza e di risoluzione del romanticismo tedesco. Questo senza contare che una storia della letteratura europea, se vuol essere veramente storia, deve rinunziare ad ogni limite grettamente etnografico per la sua stessa ansia di voler conciliare l’apparente chiusura dello spirito nazionale, cosi fiaccamente recalcitrante all’universale storico, in un clima razionale ed antiparticolaristico.
Ma il problema cosi impostato ha scarsi limiti di individuazione; presuppone una interpretazione assolutamente nuova di Goethe, presuppone cioè una giustificazione teologica della storia della letteratura tedesca costruita sul piano astratto in cui Goethe diventa il punto di convergenza e di risoluzione del romanticismo tedesco. Questo senza contare che una storia della letteratura europea, se vuol essere veramente storia, deve rinunziare ad ogni limite grettamente etnografico per la sua stessa ansia di voler conciliare l’apparente chiusura dello spirito nazionale, cosi fiaccamente recalcitrante all’universale storico, in un clima razionale ed antiparticolaristico.


Ecco perchè si rinunzia, senza scrupolo, alla tentazione di costruire una storia della letteratura italiana più recente sulla falsariga dell’equivoco cnunciato, quantunque lo sviluppo del rinascimento italiano si ponga con irresistibile evidenza come una filosofia che cerchi la propria dignità nell’essere poesia (Campanella) e come una poesia che voglia superare il suo clima esclusivamente fantastico nell’assoluto e nel divino della filosofia (Bruno).
Ecco perchè si rinunzia, senza scrupolo, alla tentazione di costruire una storia della letteratura italiana più recente sulla falsariga dell’equivoco cnunciato, quantunque lo sviluppo del rinascimento italiano si ponga con irresistibile evidenza come una filosofia che cerchi la propria dignità nell’essere poesia (Campanella) e come una poesia che voglia superare il suo clima esclusivamente fantastico nell’assoluto e nel divino della filosofia (Bruno). Se quitta suprema esigenza appare or chiusa e sorda, or declamativa ed effimeramente entusiastica nel Campanella e nel Bruno, non si può veramente negare che si componga nella chiarezza espressiva e quindi effettivamente stilistica del Galilei.


Il problema essenziale del Galilei ha tutta l’aria di porsi così: come può lo stile scientifico tradursi e separarsi nella fantasia? Ma su questa traccia c’è il caso di costruire un Galilei lirico che in ultima analisi risulterebbe frammentario cd arbitrario.
Se quitta suprema esigi.-.za appare or chiusa c sorda, or declamativa ed effimeramente entusiastica nel Campanella e nel Bruno, non si può veramente negare che si componga nella chiarezza espressiva e quindi effettivamente stilistica del Galilei.


Gli è che nel seicento la poesia e il pensiero rimangono ancora visibilmente straniati: ma si direbbe che meditino già alla preparazione dell’estetica di Gioberti!
Il problema essenziale del Galilei ha tutta l’aria di porsi così: come può lo stile scientifico tradursi c separarsi nella fantasia? Ma su questa traccia c’è il caso di costruire un Galilei lirico che in ultima analisi risulterebbe frammentario cd arbitrario.


Gli è che nel seicento In poesia c il pensiero rimangono ancora visibilmente straniati: ma si direbbe clic meditino già alla preparazione dell’estetica di Gioberti I Il meraviglioso (Marini) c il razionale (Galilei) appaiono nncom meccanicamente contaminati nell’aspirazione (semplicemente nell’aspirazioneI) del Campanella. E questa aspirazione è in certo senso romantica: ma romantica fino ad un certo punto, fino a quel punto cioè clic non si ritrovi r si cquilibrii nella sua naturale sede, che è quella stilistica.
Il meraviglioso (Marini) e il razionale (Galilei) appaiono nncom meccanicamente contaminati nell’aspirazione (semplicemente nell’aspirazioneI) del Campanella. E questa aspirazione è in certo senso romantica: ma romantica fino ad un certo punto, fino a quel punto cioè che non si ritrovi e si equilibrii nella sua naturale sede, che è quella stilistica.


Sarebbe, facile costruire una storia dell’intenzione romantica in Italia: e si potrebbe cominciare da Dante, solo che Dante non avesse scritto che le sue prime cantiche della Comtncilia. Ln verità è che neppure la aspirazione platonico e nco.platonica del cinq.icccnto è riuscita a non renderà visibili i limiti di una contaminazione improvvisata e provvisoria dello Verità c della Bellezza, Il momento più chiaro e più fruttuoso di questa aspirazione romantica è il settecento: ed è proprio in questo secolo clic la duplicità presunta cd irreparabile del problema del Bello e del Vero comincia a levigarsi fino alla indislin/.ione, L’la storia dello stile del settecento clic può. e solo ili un certo particolare srnso, autorizzarsi nd affermare clic il romanticismo italiano non ha veramente il suo termini» a tino nell’ingenuo proclama del Bercile! e clic, in quel piatto e sereno c cosi utilmente dilettantistico secolo dccimottovo italiano, oltre aH’nmabilità politica dei suoi principi riformatori, cd ni poemi economici c giuridici clic si fanno eco da Napoli a Milano, oltre n questa idillica filantropia disarmata ed inarmabile, si prepara torbidamente, ma decisamente, lo stilo del risorgimento italiano-, si fa, cioè, il nostro romanticismo.
Sarebbe, facile costruire una storia dell’intenzione romantica in Italia: e si potrebbe cominciare da Dante, solo che Dante non avesse scritto che le sue prime cantiche della ''Commedia''. Ln verità è che neppure la aspirazione platonico e neo-platonica del cinquecento è riuscita a non renderà visibili i limiti di una contaminazione improvvisata e provvisoria dello Verità e della Bellezza.


Il momento più chiaro e più fruttuoso di questa aspirazione romantica è il settecento: ed è proprio in questo secolo che la duplicità presunta ed irreparabile del problema del Bello e del Vero comincia a levigarsi fino alla indistinzione. E’ la storia dello stile del settecento che può, e solo in un certo particolare senso, autorizzarsi nd affermare che il romanticismo italiano non ha veramente il suo ''terminus a quo'' nell’ingenuo proclama del Berchet e che, in quel piatto e sereno e cosi utilmente dilettantistico secolo decimottovo italiano, oltre all’amabilità politica dei suoi principi riformatori, ed ai poemi economici e giuridici che si fanno eco da Napoli a Milano, oltre a questa idillica filantropia disarmata ed inarmabile, si prepara torbidamente, ma decisamente, lo stilo del risorgimento italiano, si fa, cioè, il nostro romanticismo.
Clic esso venga prima o dopo di quello tedesco o di quello inglese è una pura quislionc di minuzia cronologica clic non ci sentiamo davvero, così poveri di pazienza come siamo, di affrontare.


Che esso venga prima o dopo di quello tedesco o di quello inglese è una pura quislionc di minuzia cronologica che non ci sentiamo davvero, così poveri di pazienza come siamo, di affrontare.
Questa storia letteraria del settecento è veramente felice perchè non possiede quelle grandissime figure di eccezionale rilievo che si pigliano tutto per se c ti disorientano e ti incantano c ti fanno perdere con molta prepotenza il filo della storia. E’ un secolo, questo, di grandi e buoni ed assai utili manovali. Ed è, per questo, più alto a diventare storia.


Questa storia letteraria del settecento è veramente felice perchè non possiede quelle grandissime figure di eccezionale rilievo che si pigliano tutto per se e ti disorientano e ti incantano e ti fanno perdere con molta prepotenza il filo della storia. E’ un secolo, questo, di grandi e buoni ed assai utili manovali. Ed è, per questo, più alto a diventare storia.
In questo clima non torrido da sfumare i contorni, nè gelido da cristallizzarli, è più facile ripigliare i problemi lasciati insoluti dal seicento.


In questo clima non torrido da sfumare i contorni, nè gelido da cristallizzarli, è più facile ripigliare i problemi lasciati insoluti dal seicento.
In Bruno c’era una grande disposizione alla poesia: ma l’opero del Bruno si fa recalcitrante ad un effettivo stile dello poesia, allorquando acquisto coscienza del suo essere letterario, quando si sente chiusa nella carcere metrico. Si irrigidisce in un puro esercizio gnomico: diventa nntifantastica per elezione e quindi grettamente realistica, grossolanamente satirica, impacciata cd impacciarne. La fantasia del Bruno si risolve in un piano superiore:


si fa intuizione di verità, ma si universaleggia e, ribelle al puro individuale litico, non si traduce mai in islilc c si esercita vistosamente c trogicomentc nell’astrattezza del sentimento puro.
In Bruno c’era una grande disposizione alla poesia: ma l’opero del Bruno si fa recalcitrante ad un effettivo stile dello poesia, allorquando acquisto coscienza del suo essere letterario, quando si sente chiusa nella carcere metrico. Si irrigidisce in un puro esercizio gnomico: diventa nntifantastica per elezione e quindi grettamente realistica, grossolanamente satirica, impacciata cd impacciarne. La fantasia del Bruno si risolve in un piano superiore: si fa intuizione di verità, ma si universaleggia e, ribelle al puro individuale lirico, non si traduce mai in istile e si esercita vistosamente e trogicamente nell’astrattezza del sentimento puro.


Questa aspirazione ad un filosofia-lirica si affina c scolliisce in Campanella: ma non quanto basti. Declama troppo il suo essere «sagace limante del ben vero c bello». Ma questa protesta rimane assolutamente inadeguata ni risultati della sua poesia. Questa realtà di cui si proclama i< conoscitore c fattivo» si va disciogliendo più che in una mitologia in una autografia: i versi clic amano cantare <i le virtù, gli arcani, e le grandezze di Dio come facea la prisca ctate» hanno teoreticamente negato In possibilità di una libertà lirica c quindi di una fantasia: Dio ha composto nello spazio la commedia universale c l’arte umana seguendo norma tale all’aulor del medesmo satisfece.
Questa aspirazione ad un filosofia-lirica si affina c scolliisce in Campanella: ma non quanto basti. Declama troppo il suo essere «sagace limante del ben vero c bello». Ma questa protesta rimane assolutamente inadeguata ni risultati della sua poesia. Questa realtà di cui si proclama i< conoscitore c fattivo» si va disciogliendo più che in una mitologia in una autografia: i versi clic amano cantare <i le virtù, gli arcani, e le grandezze di Dio come facea la prisca ctate» hanno teoreticamente negato In possibilità di una libertà lirica c quindi di una fantasia: Dio ha composto nello spazio la commedia universale c l’arte umana seguendo norma tale all’aulor del medesmo satisfece.