Pagina:Il Baretti - Anno II, n. 9, Torino, 1925.djvu/4: differenze tra le versioni

DianaFodor (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
DianaFodor (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 15: Riga 15:


«Que dirons nous ici? Pascal, et c’est le principe de toutes ses faiblesses, a une incurable défiance à l’égard de la métaphysique». Strana fissazione: le anime sperdute, che si cercano e si ripiegano continuamente, magari follemente perche non han trovato appoggio di verità son qui prese a consacrare come dei mostri d’egoismo, che non possono provare amore e desiderio della parola altrui senza che v’entri la volontà perversa di trovar consonanze inattese e di bearsi della propria eco. Quelli che l’hanno letto, quasi tutti hanno letto il Vangelo ignoranti, e molti sfiduciati, della metafisica; non staremo qui a dire quale virtù ne hanno tratta. Saranno deboli, ma, appunto, più di tutti han bisogno d’una norma convincente e vicina. E quale forza dimostra chi, eleggendosi a maestro, nella sua aridità li respinge e li sconosce e non si ritiene mai abbastanza logico e pronto nel condannarli, forse per la paura o per il rimorso della sua debolezza non bene guarita?
«Que dirons nous ici? Pascal, et c’est le principe de toutes ses faiblesses, a une incurable défiance à l’égard de la métaphysique». Strana fissazione: le anime sperdute, che si cercano e si ripiegano continuamente, magari follemente perche non han trovato appoggio di verità son qui prese a consacrare come dei mostri d’egoismo, che non possono provare amore e desiderio della parola altrui senza che v’entri la volontà perversa di trovar consonanze inattese e di bearsi della propria eco. Quelli che l’hanno letto, quasi tutti hanno letto il Vangelo ignoranti, e molti sfiduciati, della metafisica; non staremo qui a dire quale virtù ne hanno tratta. Saranno deboli, ma, appunto, più di tutti han bisogno d’una norma convincente e vicina. E quale forza dimostra chi, eleggendosi a maestro, nella sua aridità li respinge e li sconosce e non si ritiene mai abbastanza logico e pronto nel condannarli, forse per la paura o per il rimorso della sua debolezza non bene guarita?



Con tali osservazioni, con tali insinuazioni psicologiche si rientra di netto nella schiera dei reprobi, trasportati e vinti da una di quelle correnti fatali, a chi non si argina dietro la salda filosofia scolastica; che sono il seguo e la forza del male di questo secolo. Ma una simile condanna non è per dispiacerci. Proprio perchè siamo tanto lontani dal candido ottimismo da non ricordarci nemmeno più dei suo valore, la critica non solo alle utopie romantiche e al mito dei progresso, ma allo stesso idealismo, ci convince e, per quanto siamo riformabili, ci raddrizza; è la legittima parola di uomini ormai disamorati di quegli ideali falliti. Faremo volentieri la patetica osservazione delle stanchezze e delle rovine che nelle speranze umane ha portato, dopo tanti inni, quest’ultimo periodo di guerre e di sconquassi: ne dedurremo che la teoria dove si nega o si allontana il male è un’allegra facezia o una disperata difesa di chi non sa sopportare l'evidenza. Ma non possiamo abbandonare, rifiutare il male di questo secolo, il non ancor sceverato male che ci sta nell’animo per rifarci a un imaginato bene che vige, costruito e perfetto, in una precisa epoca della storia; non siamo adatti a accettare il servaggio mentale a un’ipotetica età dell’oro.
Con tali osservazioni, con tali insinuazioni psicologiche si rientra di netto nella schiera dei reprobi, trasportati e vinti da una di quelle correnti fatali, a chi non si argina dietro la salda filosofia scolastica; che sono il seguo e la forza del male di questo secolo. Ma una simile condanna non è per dispiacerci. Proprio perchè siamo tanto lontani dal candido ottimismo da non ricordarci nemmeno più dei suo valore, la critica non solo alle utopie romantiche e al mito dei progresso, ma allo stesso idealismo, ci convince e, per quanto siamo riformabili, ci raddrizza; è la legittima parola di uomini ormai disamorati di quegli ideali falliti. Faremo volentieri la patetica osservazione delle stanchezze e delle rovine che nelle speranze umane ha portato, dopo tanti inni, quest’ultimo periodo di guerre e di sconquassi: ne dedurremo che la teoria dove si nega o si allontana il male è un’allegra facezia o una disperata difesa di chi non sa sopportare l'evidenza. Ma non possiamo abbandonare, rifiutare il male di questo secolo, il non ancor sceverato male che ci sta nell’animo per rifarci a un imaginato bene che vige, costruito e perfetto, in una precisa epoca della storia; non siamo adatti a accettare il servaggio mentale a un’ipotetica età dell’oro.