Favola di Belfagor arcidiavolo: differenze tra le versioni

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«Anchora che io, dilettissimi miei, per celeste dispositione et fatale sorte al tutto inrevocabile possegga questo regno, et che per questo io non possa essere obligato ad alcuno iudicio o celeste o mondano, nondimeno, perché gli è maggiore prudenza di quelli che possono più, sottomettersi più alle leggi et più stimare l'altrui iuditio, ho deliberato essere consiglato da voi come, in uno caso, il quale potrebbe seguire con qualche infamia del nostro imperio, io mi debba governare. Perché, dicendo tucte l'anime degli huomini, che vengono nel nostro regno, esserne stato cagione la moglie, et parendoci questo impossibile, dubitiamo che, dando iuditio sopra questa relatione, ne possiamo essere calunniati come troppo creduli, et, non ne dando, come manco severi et poco amatori della iustitia. Et perché l'uno peccato è da huomini leggieri, et l'altro da ingiusti, et volendo fuggire quegli carichi, che da l'uno et l'altro potrebbono dependere, et non trovandone il modo, vi habbiamo chiamati, acciò che, consiglandone, ci aiutiate et siate cagione che questo regno, come per lo passato è vivuto sanza infamia, così per lo advenire viva».
 
Parve a ciascheduno di quegli princìpiprìncipi il caso importantissimo et di molta consideratione; et, concludendo tucti come egli era necessario scoprirne la verità, erano discrepanti del modo. Perché, a chi pareva che si mandassi uno, a chi più nel mondo, che sotto forma di huomo conoscessi personalmente questo vero; a molti altri occorreva potersi fare sanza tanto disagio, costringendo varie anime con varii tormenti a scoprirlo. Pure, la maggior parte consiglando che si mandassi, s'indirizorno a questa opinione. Et non si trovando alcuno, che voluntariamente prehendessi questa impresa, deliberorno che la sorte fussi quella che lo dichiarassi. La quale cadde sopra Belfagor arcidiavolo, ma per lo adietro, avanti che cadessi di cielo, arcangelo. Il quale, anchora che male volentieri piglassi questo carico, nondimeno, constretto da lo imperio di Plutone, si dispose a seguire quanto nel concilio si era determinato, et si obligò a quelle conditioni che infra loro solennemente erano state deliberate. Le quali erano: che subitosùbito a colui che fussi a questa commissione deputato fussino consegnati centomila ducati, con i quali doveva venire nel mondo, et sotto forma di huomo prenderprehender mogliemogle et con quella vivere dieci anniànni, et dipoi, fingendo di morire, tornarsene, et per esperienza fare fede a i suoi superiori quali sieno i carichi et le incommodità del matrimonio. Dichiarossi anchora che durante detto tempo ei fussi sottoposto a tucti quegli disagi et mali, che sono sottoposti gli huomini et che si tira drietro la povertà, le carcere, la malattia et ogni altro infortunio nel quale gli huomini incorrono, excepto se con inganno o astuzia se ne liberassi.
 
Presa adunque Belfagor la condizione et i danari, ne venne nel mondo; et ordinato di sua masnade cavagli et compagni, entrò honoratissimamente in Firenze; la quale città innanzi a tucte l'altre elesse per suo domicilio, come quella che gli pareva più atta a sopportare chi con arte usurarie exercitassi i suoi danari[...] Et, factosi chiamare Roderigo di Castigla, prese una casa a ficto nel Borgo d'Ognisanti; et perché non si potessino rinvenire le sue conditioni, dixe essersi da piccolo partito di Spagna et itone in Soria et havere in Aleppe guadagnato tucte le sue facultà; donde s'era poi partito per venire in Italia a prehender donna in luoghi più humani et alla vita civile et allo animo suo più conformi. Era Roderigo bellissimo huomo et monstrava una età di trenta anni; et havendo in pochi giorni dimostro di quante richeze abundassi et dando essempli di sé di essere umano et liberale, molti nobili cittadini, che havevano assai figlole et pochi danari, se gli offerivano. Intra le quali tucte Roderigo scelse una bellissima fanciulla chiamata Onesta, figluola di Amerigo Donati, il quale ne aveva tre altre insieme con tre figluoli maschi tucti huomini, et quelle erano quasi che da marito; et benché fussi d'una nobilissima famigla et di lui fussi in Firenze tenuto buono conto, nondimanco era, rispetto alla brigata havea et alla nobilità, poverissimo. Fecie Roderigo magnifiche et splendidissime noze, né lasciò indietro alcuna di quelle cose, che in simili feste si desiderano. Et essendo, per la legge che gli era stata data nello uscire d'inferno, sottoposto a tucte le passioni humane, subito cominciò a piglare piacere degli honori et delle pompe del mondo et havere caro di essere laudato intra gli huomini, il che gli arrecava spesa non piccola. Oltr'a di questo non fu dimorato molto con la sua mona Onesta, che se ne innamorò fuori di misura, né poteva vivere qualunque volta la vedeva stare trista et havere alcuno dispiacere. Haveva mona Onesta portato in casa di Roderigo, insieme con la nobilità et con la belleza, tanta superbia che non ne ebbe mai tanta Lucifero; et Roderigo, che aveva provata l'una et l'altra, giudicava quella della moglie superiore; ma diventò di lunga maggiore, come prima quella si accorse dello amore che il marito le portava; et parendole poterlo da ogni parte signoreggiare, sanza alcuna piatà o rispetto lo comandava, né dubitava, quando da lui alcuna cosa gli era negata, con parole villane et iniuriose morderlo: il che era a Roderigo cagione di inestimabile noia.