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il Regno s’inviarono. Rimase adunque la duchessa col suo nuovo marito e seco in grandissima contentezza viveva. Quivi partori ella, non dopo molti mesi, un altro figliuol maschio, al quale posero nome Alfonso. Mentre che costoro dimoravano in Ancona amandosi più di giorno in giorno, il Cardinal di Ragona con il già detto suo fratello, che a modo nessuno non volevano sofferire che la sorella loro a simil modo maritata si fosse, fecero tanto col mezzo del Cardinal di Mantova, il signor Gismondo Gonzaga che era sotto Giulio II pontefice massimo legato d’Ancona, che il Bologna con la moglie furono dagli anconitani licenziati. Eglino erano stati in Ancona circa sei o sette mesi, ed ancora che il legato instasse per fargli mandar via, erano tante le pratiche che il Bologna faceva che la cosa andò in lungo. Ma conoscendo il Bologna che al fine saria licenziato, per non esser colto a l’improviso, avendo un suo amico a Siena, procurò aver salvocondotto da quella Signoria e l’ebbe di potervi con tutta la famiglia stare. In questo mezzo egli mandò via i figliuoli ed ordinò le cose sue di modo che il di medesimo che ebbe il comandamento dagli anconitani di partirsi fra quindici giorni, egli con la moglie ed altri suoi montato a cavallo se n’andò a Siena. Il che i dui fratelli Ragonesi intendendo e veggendosi ingannati, ché pensavano a l’improviso còrgli per la via, fecero tanto con Alfonso Petrucci Cardinal di Siena, che il signor Borghese fratello del cardinale e capo de la Signoria senese operò che medesimamente da Siena il Bologna fu mandato via. Il perché assai pensando dove si devesse riparare, deliberò con tutta la famiglia andar a Vinegia. Si misero adunque in viaggio cami- nando per quello dei fiorentini verso Romagna per mettersi in mare e navigar a Vinegia. E già essendo arrivati su quello di Forli, s’avvidero di molti cavalli che gli seguitavano, dei quali ne avevano avuto qualche spia. Onde, pieni di paura e poveri di conseglio, non veggendo a la vita loro scampo, più morti che vivi restarono. Nondimeno spinti dal timore si misero a caminar più forte che potevano per giunger in una villetta non molto lungi con speranza là dentro salvarsi. Era il Bologna suso un cavai turco di gran lena e volante corridore, ed aveva messo
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PARTE PRIMA
il Regno s’inviarono. Rimase adunque la duchessa col suo nuovo
marito e seco in grandissima contentezza viveva. Quivi partori
ella, non dopo molti mesi, un altro figliuol maschio, al quale
posero nome Alfonso. Mentre che costoro dimoravano in Ancona
amandosi più di giorno in giorno, il Cardinal di Ragona con il
già detto suo fratello, che a modo nessuno non volevano soffe¬
rire che la sorella loro a simil modo maritata si fosse, fecero
tanto col mezzo del Cardinal di Mantova, il signor Gismondo Gon¬
zaga che era sotto Giulio II pontefice massimo legato d’Ancona,
che il Bologna con la moglie furono dagli anconitani licenziati.
Eglino erano stati in Ancona circa sei o sette mesi, ed ancora
che il legato instasse per fargli mandar via, erano tante le pra¬
tiche che il Bologna faceva che la cosa andò in lungo. Ma co¬
noscendo il Bologna che al fine saria licenziato, per non esser
colto a l’improviso, avendo un suo amico a Siena, procurò aver
salvocondotto da quella Signoria e l’ebbe di potervi con tutta
la famiglia stare. In questo mezzo egli mandò via i figliuoli
ed ordinò le cose sue di modo che il di medesimo che ebbe
il comandamento dagli anconitani di partirsi fra quindici giorni,
egli con la moglie ed altri suoi montato a cavallo se n’andò a
Siena. Il che i dui fratelli Ragonesi intendendo e veggendosi
ingannati, ché pensavano a l’improviso còrgli per la via, fecero
tanto con Alfonso Petrucci Cardinal di Siena, che il signor Bor¬
ghese fratello del cardinale e capo de la Signoria senese operò
che medesimamente da Siena il Bologna fu mandato via. Il perché
assai pensando dove si devesse riparare, deliberò con tutta la
famiglia andar a Vinegia. Si misero adunque in viaggio cami-
nando per quello dei fiorentini verso Romagna per mettersi
in mare e navigar a Vinegia. E già essendo arrivati su quello di
Forli, s’avvidero di molti cavalli che gli seguitavano, dei quali
ne avevano avuto qualche spia. Onde, pieni di paura e poveri
di conseglio, non veggendo a la vita loro scampo, più morti
che vivi restarono. Nondimeno spinti dal timore si misero a
caminar più forte che potevano per giunger in una villetta non
molto lungi con speranza là dentro salvarsi. Era il Bologna suso
un cavai turco di gran lena e volante corridore, ed aveva messo