Elogio catodico del quotidiano/Cap. 1: differenze tra le versioni

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'''Cap. 1 - Gli esuli della Rai abbattono il monopolio a colpi di trasmissioni amatoriali basate sulla partecipazione popolare.'''
 
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le leggi in vigore allora risalivano al 1936 e vietavano solo gli impianti telefonici, telegrafici e radiofonici. La tv via cavo era una cosa nuova, e non rientrava in nessuna di quelle categorie. E siccome c’era il principio di libertà che dice che tutto quello che non è espressamente vietato è ammesso Il governo dapprima prese per scherzo la cosa, ma si è uno scherzo che fanno a Biella, poi in breve non rise più nessuno
 
Il pretore Grizi in qualità di “giudice a quo” formulò la richiesta di legittimità costituzionale in via incidentale delle norme che regolavano il monopolio televisivo in Italia alla Corte Costituzionale. Grizi inviò gli atti anche ma anche alla Corte di giustizia della comunità europea.
 
Nella cronaca dell’epoca di Enzo Tortora all’epoca inviato del quotidiano La Nazione,
Ne parlano tutti, ne scrivono tutti: i due minuscoli «studi» (due stanzette in via XX Settem-bre, affitto lire trentamila) sono in questi giorni invasi dagli inviati di moltissimi quotidiani, arrivati a Biella sulla scia della notizia che una sentenza di un pretore h assolto gli «eretici» del piccolo video indipendente. Precisiamo subito una cosa: Telebiella non - è una stazione televisiva. E’ un giornale. E’, più esattamente, un «quotidiano di informazioni» (e come tale è stato regolarmente registrato in tribunale) che si serve, per la diffusione delle proprie copie, proprio di quel «ogni altro mezzo» che la Costituzione prevede e garantisce. Questo mezzo è il cavo. Il cavo coassiale. Non è il telefono, non è il telegrafo, non è un «impianto radioelettrico», il cui esercizio abusivo, in base al vetusto «codice postale» sarebbe passibile di sanzioni. Ma questi sottili «distinguo», croce e delizia dei legulei, al pubblico non interessano molto: il problema che «Telebiella», in questo nostro paese più sensibile finora ai «regolamenti» del festival di Sanremo o di Canzonissima che alle garanzie per le libertà fondamentali dei cittadini, butta sul tappeto, è chiarissimo nei suoi confmi. Dovremmo, per l’eternità, sorbirci l’ergastolo audiovisivo monopolistico, gestito da una RAI-TV che, sia pur nelle condizioni disastrose che tutti conoscono, fa il bello e il cattivo tempo fornendoci quel che le pare?
«Telebiella» affronta coraggiosamente la questione. «Quando cominciammo», dice Peppo Sacchi — nemmeno quarant’anni, una moglie, Ivana Ramella, che funge anche da annunciatrice — «non credevamo certo di mettere in moto questa valanga. Pensammo, con un gruppo dì amici, di ideare qualcosa che effettivamente si mettesse al servizio della città, delle sue esigenze, dei suoi problemi. Il banco di prova furono le elezioni di maggio. Con la collaborazione del comune, approntammo un servizio “trasmissione dati” che, in tre o quattro piccoli posti di visione, faceva fermare migliaia di persone per strada.
 
«Fu uno show elettorale, se volete (lavoravamo sino alle tre di notte) che ci convinse della bontà dell’idea. Biella ci appoggiò, e ci appoggia, in modo totale. Oggi “Telebiella” è, per i cittadini, uno strumento insostituibile di informazione. Noi diamo, con una ora di trasmissione al giorno, relazione dei nostri problemi:
approntiamo dibattiti sul “caso del giorno “, ospitiamo gli amministratori, di qualunque parte essi siano, perché vengano qui e si spieghino. E’ incredibile, l’autentica “sete” che la gente dimostra d’avere per qualcosa che la tocchi da vicino. E parliamo di tutto: di sport, a livello locale, si capisce, di nascite e di morti. Parliamo del dialetto, per esempio, e delle tradizioni e della cultura di casa nostra»;
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Prima trasmissione di Telebiella e quindi prima trasmissione della televisione libera italiana è “Campanile… in vasca?” una curiosa parodia del programma Rai “Campanile Sera” che propone una serie di sfide tra alcuni paesini del biellese.
Ma, vero protagonista di Telebiella, proprio per ovviare alla mancanza di scenografie, era il pubblico, che si recava negli studi della piccola emittente, ospitati nel seminterrato dell’ex convitto della scuola per tecnici lanieri, di cui il padre del regista Sacchi era preside.
 
Dai portici di Biella, la piccola televisione via cavo cerca di attuare una presa diretta sulla realtà: trasmette programmi sulla vita della città, rende gli spettatori protagonisti [Bartolomei, Bernabei, 1983, 11].
“Abituato agli spettatori-manichini della Rai, Peppo Sacchi accoglie con entusiasmo piccole orde in canottiera e pantofole, tableaux vivants dei suoi primi programmi” ricordano Dotto e Piccinini [2006, 16].
“Il pubblico ci voleva bene,- mi racconta Sacchi- ci portava negli studi delle torte e una volta all’anno facevamo dei pranzi sociali al santuario della Madonna di Sala Biellese, ognuno portava da mangiare qualcosa e si condivideva il tutto, eravamo più di 100 persone, a volte anche 150”.
 
“Volevo rompere il monopolio della Rai- dichiarò Sacchi al quotidiano La Stampa - volevo che la televisione si occupasse di informazione e cultura locali, cose che la tv di Stato non poteva e doveva fare. Credevo nella forza della provincia. Usavo la tv per dare al Consiglio comunale di Biella la stessa dignità di Montecitorio, per creare libere tribune d’opinione”.
«So che in una recente riunione di politici — raccontò con amarezza Sacchi a Enzo Tortora in un articolo per La Nazione — si è parlato di “Telebiella” come di folklore paesano. Ebbene, noi rivendichiamo questa etichetta, che costituisce al contrario un titolo d’onore. Un piccolo paese, un piccolo giornale, sono altrettanto importanti, agli effetti della democrazia, di una metropoli o di un giornalone».
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Solitamente, quando il cielo era ancora sfumato di crepuscolo, arrivavano le prime persone. Si portavano a presso le sedie impagliate o gli sgabelli, andando a prendere il loro posto nel crocchio. Poi, dalla stazione di Motta San Damiano, giungevano quelli che erano stati a lavorare in città. Avevano ripreso la bicicletta lasciata al mattino, in custodia, non dichiarata, al capostazione. Passando accanto ai ruscelli, che fiancheggiavano la strada, salutavano i compari che alla luce di una lampada ad olio pescavano rane. Erano lumini ondeggianti che si specchiavano nelle acque pigre e stagnanti. Distanziati l’un l’altro, disegnavano una incerta linea che sfumava verso l’oscurità mischiata di impalpabile nebbia. Poi, dopo essersi lavati con il sapone marsigliese, del quale si portavano appresso il profumo, si sedevano accanto agli altri.
 
Mentre mangiucchiavano la loro cena, raccontavano delle cose sentite a Pavia. Notizie nazionali ed internazionali, mescolate ai resoconti di chi era rimasto in Paese. O di chi era andato, con la corriera, al mercato di Stradella.
Era un minestrone di notizie non “impaginate”, ma spontanee e vere. Ed importanti.
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In Rai erano (o forse dovrei dire: eravamo) scettici sulle [..] prospettive di sviluppo e sull’effettiva capacità di rappresentare un’alternativa alla Rai.
 
Il pioniere Peppo Sacchi, già regista Rai, che dieci anni prima aveva iniziato a trasmettere una sorta di quotidiano televisivo con la testata Telebiella da noi era considerato con sufficienza non disgiunta da tenerezza. La stessa che potrebbe suscitare un ferroviere, che una volta andato in pensione, per non staccarsi dagli amati convogli, si mettesse a giocare con i trenini”.
 
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Prima annunciatrice di Telebiella, e prima persona in assoluto a comparire in una trasmissione televisiva italiana non della Rai fu la moglie di Peppo Sacchi, Ivana Ramella Pollone.
 
La signora Ivana, sembra essere l’anello di congiunzione perfetto tra le due anime di Telebiella, quella dei professionisti del settore televisivo e quella dei cittadini comuni. Come mi ha raccontato “Io ho studiato recitazione teatrale e avevo vinto anche diversi premi, poi avevo lavorato come annunciatrice in alcuni programmi per bambini, alla Rai e alla televisione Svizzera” ma negli anni dell’esperienza di Telebiella è come scrive Enzo Tortora “annunciatrice (ma per fortuna proprietaria di una boutique, come soluzione alternativa) ”.
 
Nella redazione di Telebiella, alla lettura dell’articolo, c’è aria di delusione; i vari collaboratori leggendo il quotidiano se lo passavano nervosamente di mano in mano commentando delusi
 
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Ma il vero propulsore dell’emittente erano i cittadini del quartiere di Milano2, che spingendosi l’un l’altro cercavano di andare in onda, i dirigenti di Telemilano davano generosamente molto spazio a queste iniziative in quanto garantivano audience sicuro. “Invitavamo anche gente nota di Milano2, i cui abitanti erano come i coloni americani, e questa televisione era anche uno strumento di conoscenza reciproca, poi pensavamo di proseguire da Milano2 al quartiere Feltre di Milano e poi cominciavano a essere costruiti altri condomini fuori dal comprensorio Edilnord.
Un pomeriggio ero al telefono […], ho visto un ometto piccolo con un sorriso cordiale, si è presentato e mi ha detto “Piacere, Silvio Berlusconi.”
 
Io conoscevo il nome, eravamo suoi inquilini mi sono alzato in piedi gli ho stretto la mano, l’ho fatto accompagnare da uno dei miei collaboratori nello studio sotto, dopo 1 minuto è risalito ha salutato e uscito, ma io ero ancora al telefono. Per tutta la vita mi sono rimproverato di non aver posato il telefono e di non averlo accompagnato, o magari anche averlo accompagnato per strada fuori, insomma stabilito un rapporto più diretto che mi avesse consentito di essere inserito nell’equipe del nascente grosso progetto della tv.