Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/49: differenze tra le versioni

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pigliarsi giuoco di noi. Perocchè qual cosa è più oratoria e nello stesso tempo anche più poetica dello stile ornato? Ma qual mai stile è più ornato che quello di Omero? nessuno per certo. - Ma forse dirai che lo stile ornato poetico è diverso dall’oratorio. - E sia vero; ed anzi dentro i limiti stessi della poesia distinguonsi lo stil tragico e il comico, in quella guisa che nella prosa lo stile conveniente alla storia è distinto da quello che si adopera negli scritti giudiciarii. E non è forse lo stile un genere, di cui sono specie il metrico e quel della prosa? O forse dirai che lo stile universalmente considerato sia un genere, ma non così lo stile oratorio, non la dizione, non l’eloquenza? Ma nel vero lo stile della prosa, qualora esso sia ornato, è un’imitazione del poetico: perocchè innanzi tutto apparve l’artificio poetico e piacque; poscia Cadmo, Ferecide ed Ecateo imitando quell’artificio, sciolsero il metro, ma conservarono gli altri ornamenti poetici, e scrissero le loro istorie. Quelli che vennero dopo, levando sempre qualcosa da quel poetico stile, lo ridussero nella forma presente, quasi abbassandolo dalla primitiva sua altezza. Così potrebbe dirsi che la commedia pigliò l’essere suo dalla tragedia, abbassandone il linguaggio dalla tragica sublimità sino a quello che noi ora chiamiamo parlar familiare. E l’avere gli antichi detto ''cantare'' in vece di ''parlare ornatamente'', fa testimonianza che il fonte e il principio dell’ornato parlare e della rettorica sia stato lo stile poetico. La poesia accompagnavasi sempre col canto ogniqualvolta faceva mostra di sè. Un canto (ode) non era altro poi che un discorso modulato, d’onde
mortale non avrebbe allora''
''Con Ulisse conteso''<ref>Queste parole sono nel lib. {{Sc|iii}} dell’Iliade, v. 221; dove Antenore narra come Ulisse una volta fosse venuto a Troja con Menelao in qualità di ambasciadore per domandare che Elena si restituisse. La ''preghiera'' poi era anticamente il titolo del lib. {{Sc|ix}}, in cui Ulisse con Ajace e Fenice pregano, sebbene indarno, Achille a placarsi. In quanto al ''tentare gli animi'', o come dicono gli editori francesi alla ''prova'', allude l’autore al lib. {{Sc|ii}}, dove Ulisse contrasta alla divisata partenza dei Greci da Troja.</ref>.</poem>Chi poi sosterrà che un poeta il quale possa introdurre personaggi che parlino oratoriamente, che sappiano ben condurre gli eserciti, e mostrare in sè stessi gli altri uffici della virtù, sia un ciarliero, un venditore di meraviglie, capace soltanto d’ingannare e lusingare i suoi uditori, senza mai recar loro verun giovamento? O perchè non diremo piuttosto che la virtù del poeta consiste principalmente nell’imitazione della vita umana per mezzo della parola? Ma come potrebbe imitarla qualora non ne avesse nè pratica nè scienza? Perocchè non dobbiamo fare una medesima stima delle virtù dei poeti, e di quella de’ falegnami o dei fabbri; sendo che queste arti nulla hanno in sè di bello nè di onorevole, ma la virtù del poeta è congiunta con quella dell’uomo; e non può essere buon poeta chi prima non si è fatto buon uomo<ref>L’esperienza ed il raziocinio dimostrano che questa proposizione dell’Autore non s’ha da pigliare com’essa suona letteralmente. Certo è che il poeta eccellente debbe conoscere la virtù per rappresentarla ne’ suoi personaggi; ma non è poi impossibile ch’egli nella sua condotta pratica sia malvagio.</ref>. Il negar poi ad Omero l’arte oratoria gli