Geografia (Strabone) - Volume 2/Libro II/Capitolo III: differenze tra le versioni

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Polibio accusa giustamente Eratostene di non conoscere le cose d’Iberia, sicchè poi qualche volta esce in proposizioni contraddicenti rispetto a quella regione. Così dopo aver detto che le parti d’Iberia bagnate dal mar esteriore fino a Gadi sono abitate dai Galati (e il dice chiaramente, asserendo che costoro occupano fino a Gadi tutta l’Europa occidentale), si dimentica poi di questa sua asserzione, e quando descrive la periferia dell’Iberia non parla punto dei Galati. Allorchè poi Polibio<ref>Il nome di Polibio non è nel testo, ma lo aggiungono gli Edit. franc., i quali sospettano che qui v’abbia qualche lacuna.</ref> dice la lunghezza dell’Europa essere minore di quella della Libia e dell’Asia prese insieme, non sa fare dirittamente il confronto di queste tre parti: «La sboccatura allo stretto delle Colonne, egli dice, è verso l’occidente equinoziale, ed il Tanai discorre dall’oriente estivo: la lunghezza dell’Europa è dunque minore di quella della Libia e dell’Asia, insieme prese, quanto è lo spazio che sta tra il levante d’estate e il levante equinoziale; giacchè questa porzione del semicerchio settentrionale è occupata dall’Asia». Ma oltrechè Polibio si fa qui difficile in cose per sè medesime facili e piane, è poi anche falso che il Tanai scorra dal levante d’estate. Perocchè tutti coloro che sono pratici di que’ luoghi dicono ch’esso muove dal settentrione nella Meotide, sicchè le bocche del fiume, quella della palude, e il fiume stesso per quanto se ne conosce, si trovano sotto un medesimo parallelo<ref>Egli è questo un errore assai grossolano, ma adottato dal più de’ geografi antichi. Il Don od il Tanai nasce a dir vero dal nord, corre verso l’oriente, poi si dirige all’ouest per modo che fra i punti indicati qui da Strabone v’hanno circa nove gradi di longitudine. (G.)</ref>. Alcuni altri dissero cose indegne d’attenzione, affermando che il Tanai ha la sua origine dai luoghi vicini all’Istro (Danubio) e muove dall’occidente; per non avere osservato che fra questi due fiumi scorron nel Ponto le grandi fiumane del Tira, del Boristene e dell’Ipani<ref>Il ''Tira'' è il Dniester; il ''Boristene'' è il Dnieper; l’''Ipani'' o ''Ipasi'', secondo la maggior parte dei moderni, è il ''Bog''.</ref>; il Tira parallelamente all’Istro, e gli altri due<ref>Le ordinarie edizioni leggon ὀ δὲ, ''e l’altro''; ma il Coray legge οί δε, ''e gli altri''; e così tradussero anche gli Editori francesi sull’autorità di alcuni manoscritti.</ref> al Tanai. E poichè non furono vedute le sorgenti del Tira nè quelle del Boristene e dell’Ipani, è naturale che siano molto più sconosciute le parti più settentrionali, di modo che poi il dire che il Tanai attraversa quelle fiumane, quindi muta direzione per volgersi alla palude Meotide (perocchè le foci di quel fiume sono manifestamente nella parte più settentrionale e più verso oriente di quella palude) è cosa immaginaria ed inconcludente. Così pure è senza alcun fondamento il dire che il Tanai attraversando il Caucaso<ref>Gli Editori francesi notano la singolarità dell’espressione ριὰ τοῦ Καυκάσου.</ref> scorre verso settentrione, poi dando volta si converte alla palude Meotide; e nondimeno anche questo fu detto. Nessuno peraltro affermò ch’esso abbia origine dalla parte d’oriente; perocchè se tale fosse il suo corso, i più accreditati geografi non avrebbero dimostrato ch’esso è contrario ed in qualche maniera diametralmente opposto a quello del Nilo, come se il corso di ciascheduno di questi due fiumi si trovasse sotto uno stesso meridiano.
 
La misura poi della Terra abitata si piglia sopra una linea parallela all’equatore, perchè anch’essa la terra prolungasi principalmente in questa direzione: quindi anche la misura di ciaschedun continente si deve pigliare sopra una linea fra due meridiani. E le misure delle lunghezze sono certi numeri di stadii che noi possiamo determinare o andando pe’ luoghi stessi, o col soccorso di strade parallele, o di passaggi di mare. Nondimeno Polibio, lasciata in disparte questa maniera, ne introduce una nuova, pigliata sulla porzione dell’emisferio settentrionale compresa fra il levante di state e quello equinoziale. Ma nessuno adoperi nelle cose immutabili regole e misure mutabili; nè si valga di cose che possono essere ora ad un modo or ad un altro dove trattisi di oggetti sussistenti per sè medesimi e che non ricevono mutazione. Ora la lunghezza d’un luogo è immutabile, ciò ch’è per sè medesimo manifesto; e per lo contrario il levante e il ponente equinoziale, e così anche quello d’inverno o d’estate, non sono punti determinati in sè stessi, ma solo rispetto a noi. Quindi se noi ci tramutiamo da un sito ad un altro, variano anche i luoghi del ponente e del levante equinoziale, ed anche i punti dei tropici; ma la lunghezza di quel continente nel quale ci troviamo rimane sempre la stessa. Però non è assurdo pigliare il Tanai ed il Nilo per limiti; bensì è cosa nuova il valersi del levante equinoziale e di quello d’estate.
 
Rispetto ai promontorj coi quali l’Europa si spinge nel mare, Polibio ne parla più accuratamente di Eratostene, ma non però quanto sarebbe mestieri. Perocchè Eratostene ne menziona tre: quello che finisce alle Colonne d’Ercole, e sul quale è l’Iberia; quello che si spinge allo stretto di Sicilia, su cui è l’Italia; e il terzo che riesce a Maleo<ref>Il ''capo Malio'' della Morea.</ref>, e comprende le nazioni tutte fra l’Adriatico, l’Eussino ed il Tanai. Polibio invece va d’accordo con lui rispetto ai primi due; ma poi procede menzionandone un terzo che finisce a Maleo ed al Sunio<ref>Il ''capo Colonna''.</ref> su cui trovasi tutta l’Ellade, e l’Illiria<ref>La ''Dalmazia''.</ref> ed alcune parti di Tracia<ref>La ''Romania''.</ref>: indi un quarto nel Chersoneso di Tracia dov’è lo stretto di Sesto ed Abido<ref>L’''Ellesponto'', o ''Stretto dei Dardanelli''.</ref> ed è abitato dai Traci: finalmente un quinto al Bosforo Cimmerio ed all’imboccatura della Meotide.
 
Concedansi a Polibio i primi due fra i promontorj da lui mentovati (perocchè sono compresi fra seni abbastanza distinti), cioè quello nel mare fra Calpe ed il promontorio Sacro dov’è Gadi<ref>Il seno fra il capo di Trafalgara e il capo S. Vincenzo; nel quale trovasi Cadice.</ref>, e fra le Colonne e la Sicilia; e quell’altro che si spinge in questo medesimo mare e nell’Adriatico: sebbene a dir vero, rispetto al secondo, farebbero qualche contrasto le estremità della Japigia<ref>Il promontorio Japigio risponde al capo di ''S. Maria di Leuca'' nel territorio di Lecce (in Terra d’Otranto), ch’è l’antica Japigia.</ref>, che si stendono anch’esse nel mare, e l’Italia che forma due punte. Ma i tre promontorj che Polibio aggiunge ai predetti, per essere molto più evidentemente irregolari e composti di varie prominenze, domandano tutt’altra divisione. Così parimenti si dica della divisione dell’Europa in sei parti stabilita da Polibio conformemente ai promontorj da lui determinati. Noi di tutte coteste cose faremo la conveniente rettificazione quando discenderemo alle singole parti del nostro trattato; così anche di quelle altre nelle quali Polibio cadde in errore rispetto all’Europa od alle coste della Libia. Per ora basteranno le cose già dette intorno agli scrittori che ci han preceduti; i quali stimammo poter citare come opportuni testimoni, che non senza ragione abbiamo impresa anche noi un’opera di geografia, dacchè in questa scienza vi sono tante cose da rettificare e da aggiungere.
 
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