Geografia (Strabone) - Volume 2/Libro II/Capitolo III: differenze tra le versioni

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Polibio descrivendo l’Europa dice di voler passare sotto silenzio gli antichi scrittori, ed esaminare invece coloro che li han censurati, come a dire Dicearco ed Eratostene (l’ultimo che di que’ tempi avesse trattato della geografia), e quel Pitea, dal quale parecchi furono tratti in errore. E nel vero egli dice di avere discorse tutte le parti accessibili della Britannia<ref>Secondo un’altra lezione più comune dovrebbe tradursi: ''Egli dice, per verità, di non aver viaggiato per tutta quell’isola, ma nondimeno afferma che la sua circonferenza è'', ec.</ref>, ed afferma che la circonferenza di quell’isola è di più che quaranta mila stadii. Poscia parlando di Tule e de’ luoghi colà intorno soggiunge che quivi non v’ha più nè terra nè mare nè aria, ma un cotal miscuglio di tutte e tre queste cose, simili a ''Polmone marino''<ref>Animale che vive nel mare.</ref>, in cui (dice) la terra, il mare e tutte le cose sono inviluppate, ed esso è quasi un legame a tutte comune, dove l’uomo non può camminare nè a piedi nè per mare. Soggiunse poi che questa materia somigliante a polmone marino l’ha veduta egli stesso, ma che le altre cose le riferisce secondo udienza. Questo è ciò che racconta Pitea; ed anche afferma che, ritornato da quel viaggio, percorse tutta quanta la parte marittima<ref>Il testo dice: τὴν παρωκεανῖτιν τῆς Εὐρώπης, ''la parte dell’Europa bagnata dall’Oceano''; sebbene poi, estendendosi questo secondo viaggio di Pitea da Cadice al Tanai, si tratti delle coste occidentali, dove non è più l’Oceano ma il mare Mediterraneo. Gli Edit. franc. credono quindi che l’espressione παρωκεανῖτιν sia qui adoperata ''per estensione'', perchè la prima porzione delle coste da Pitea percorse (da Cadice fino allo stretto di Gibilterra) sono veramente sull’Oceano. Non è questo peraltro il solo esempio della voce παρωκεανῖτιης adoperata nel senso generale di ''luogo marittimo'', e però non dubitai di darle questa interpretazione.</ref> dell’Europa da Gadi fino al Tanai.
 
Ma Polibio dice: «che anche questa è cosa incredibile; e domanda come mai ad uomo privato ed anche povero riuscisse di compiere sì lunghe navigazioni e sì grandi viaggi? E come mai Eratostene, dopo aver messo in dubbio se a questo Pitea si debba prestare credenza, nondimeno credette poi ciò che dice della Britannia, di Gadi e dell’Iberia? Però egli afferma potersi con molto migliore consiglio aver fede in Evemero che in costui: perocchè Evemero dice di aver navigato intorno ad una sola regione, la Panchaja<ref>''Panchaja''. Gli Edit. franc. dicono: ''Dans une seule contrée inconnue, dans sa Panchaïe''. Tuttavolta il Gossellin è di parere che quest’isola ''Panchaja'', di cui Evemero avea pubblicata una relazione (Diodoro Siculo ce ne ha tramandato un estratto) non sia una semplice sua invenzione. ''Mém. de l’Acad. des Inscript. et Belles Lett.'', t. {{Sc|xlix}}.</ref>; ma Pitea asserisce di avere veduta l’Europa settentrionale fino agli estremi del mondo: cosa che niuno vorrebbe credere nemmanco a Mercurio, se pur l’affermasse. E nondimeno Eratostene, il quale mostra di tener a vile Evemero denominandolo ''bergeo''<ref>''Bergeo''. Cioè: Bugiardo e venditor di fole come Antifane di Bergea.</ref>, presta poi fede a Pitea in quelle cose medesime nelle quali nè Dicearco pure gli assente».
 
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