Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/266: differenze tra le versioni

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<poem>Ἄλσος μέν Μούσαις ἱερόν λέγε τοῦτ᾽ ἀνακεῖσθαι,
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Ἡμάς δέ φρουρεῖν, κ?? γνήσιος ἐνθάδ᾽ ἐραστής
Ἡμάς δέ φρουρεῖν, κ?? γνήσιος ἐνθάδ᾽ ἐραστής
Ἔλθῃ τῷ κισσῷ τοῦτον ἀναστέφομεν</poem>
Ἔλθῃ τῷ κισσῷ τοῦτον ἀναστέφομεν</poem>



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''Additando i volumi, che sono presso i platani:''
''Additando i volumi, che sono presso i platani:''
''Che noi li custodiamo; e se genuino amante''
''Che noi li custodiamo; e se genuino amante''
''Quà capitasse, questo noi coroniamo d’ellera''<ref name=pagina266>Questa iscrizione è stata già pubblicata da varj, come deve esser noto; ed ora si conserva nella stanza de’ codici mss. dell eminentissimo signor card. {{AutoreCitato|Francesco Saverio de Zelada|de Zelada}}. [ Il nostro Autore l’ha ripetuta nella citata lettera al signor {{AutoreCitato|Johann Caspar Füssli|Fuessli}} dell’edizione tedesca ''pag. 47''., e l’abate {{AutoreCitato|Domenico Augusto Bracci|Bracci}} ''Mem. degli ant. incis. Tom. I. Tav. 11. pag. 66.'' scorrettamente. Il carattere di essa è a un di presso come quello degli scritti di Filodemo, di cui li è parlato qui avanti ''pag. 191. segg''., ed io nell’esattamente rincontrare l’iscrizione ho procurato di farli qui imitare per quanto era possibile almeno in quelle lettere di forma più particolare. Riguardo all’allusione, credo che fosse scritto l’epigramma sul petto di un Genio, per indurlo a parlar così come custode di un plataneto, o boschetto di platani, i quali erano dedicati ai Genj. All’ombra di questo plataneto si faranno forse adunati dei poeti a recitare composizioni, come usasi oggidì in Roma nel bosco Parrasio dell’Arcadia, alla cui porta darebbe ottimamente questa iscrizione; e per tal ragione lì dice consecrato alle Muse. I platani non per altro erano tanto stimati dagli antichi se non se per la grand’ombra, che fanno colle loro ben regolate, e copiose frondi; e perciò si piantavano nelle ville, e nei luoghi di passeggio, coltivandoli con tanta diligenza da inaffiarli sin col vino, che molto giovava alle loro radici. {{AutoreCitato|Gaio Plinio Secondo|Plinio}} ''lib. 12. cap. 1. sect. 3. segg''. ne parla diffusamente, e nota, che Dionisio tiranno di Sicilia li fece il primo trasportar in Reggio, e piantarli nel suo giardino per fare all’ombra di essi un ginnasio, o palestra; e lo stesso era stato fatto nell’Accademia d’Atene, ove i filosofi platonici passeggiavano, e disputavano sotto di essi. I viaggiatori trovavano refrigerio all’ombra di questa pianta, e vi si divertivano le fanciulle, come scrive {{AutoreCitato|Temistio|Temistio}} ''Orat. 27. pag. 339''; e i poeti fingevano, che vi si trastullassero i Fauni, le Driadi, il dio Pan, i Lari, ec., come leggiadramente cantò {{AutoreCitato|Marco Valerio Marziale|Marziale}} del tanto famoso platano di Cesare a Cordova nella Spagna, ''Epigr. lib 9. ep. 46. edit. Raderi'', e più diffusamente {{AutoreCitato|Publio Papinio Stazio|Stazio}} ''Sylv. lib. 2. cap. 3''. del platano di Atedio Meliore. Vedasi anche <!--fr:Jean Brodeau-->Brodeo nel commentario a {{AutoreCitato|Teofrasto|Teofrasto}} ''Histor. plant. lib. 4. cap. 7. pag. 405. segg''. {{AutoreCitato|Claudio Eliano|Eliano}} ''Var. histor. lib. 2. cap. 14''. deride Serse, il quale nella Lidia vedendo un gran platano ne fu talmente rapito, che non solo vi stette una giornata accampato intorno; ma nel partire l’ornò ai rami di collare, armille, e fasce preziose; e vi lasciò uno, che ne avesse tutta la cura, come se fosse stata una sua amasia. Lo stesso gusto, e trasporto per questa pianta forestiera si aveva anche dai Romani in Italia. Plinio al luogo citato parla con maraviglia del platano dell’imperator Cajo nella sua villa posta nella campagna di Velletri, sui rami del quale disposti naturalmente quasi a modo di tavola, e di scabelli vi cenavano quindici persone; e nomina il plataneto del prepotente liberto Marcello Esernino al tempo di Claudio nel suburbano di Roma. Ortensio aveva platani nella sua villa sul Tuscolo, e partivasi espressamente da Roma per andarli ad inaffiar col vino, come abbiamo da {{AutoreCitato|Ambrogio Teodosio Macrobio|Macrobio}} Saturn. lib. 2. cap. 9. ?</ref></poem>
''Quà capitasse, questo noi coroniamo d’ellera''<ref name=pagina266>Questa iscrizione è stata già pubblicata
da varj, come deve esser noto; ed ora si
conserva nella stanza de’ codici mss. dell eminentissimo signor card. de Zelada. [ Il nostro Autore l’ha ripetuta nella citata lettera al
signor Fuessli dell’edizione tedesca pay 47.,
e l’abate Bracci Mem. degli ant. incis. Tom. I.
Tav. 11. pag. 66. scorrettamente. Il carattere
di essa è a un di presso come quello degli
scritti di Filodemo, di cui li è parlato qui
avanti pag. iq 1. segg., ed io nell’esattamente
rincontrare l’iscrizione ho procurato di farli
qui imitare per quanto era possibile almeno
in quelle lettere di forma più particolare.
Riguardo all’allusione, credo che fosse scritto
l’epigramma fui petto di un Genio, per
indutìo a parlar così come cuftode di un plataneto, o bofehetto di platani, i quali erano
dedicati ai Genj. All’ombra di questo
plataneto si faranno forse adunati dei poeti a
recitare composizioni, come usasi oggidì in
Roma nel bofco Parrasio dell’Arcadia, alla
cui porta darebbe ottimamente questa ilcrizione; e per tal ragione lì dice confecrato
alle Mufe. I platani non per altro erano
tanto stimati dagli antichi se non se per la
grand’ombra, che fanno colle loro ben regolate, e copiose frondi; e perciò si piantavano
nelle ville, e nei luoghi di passeggio,
coltivandoli con tanta diligenza da inafsiarli
sin col vino, che molto giovava alle loro radici. Plinio lib. 1 2. cap. t. feti. 3. segg. ne
parla diffusamente, e nota, che Dionisio tiranno
di Sicilia li fece il primo trasportar in
Reggio, e piantarli nel suo giardino per fare
all’ombra di essi un ginnasio, o palestra;
e lo stesso era stato fatto nell’Accademia d’Atene, ove i filosofi platonici passeggiavano,
e disputavano sotto di essi. I viaggiatori trovavano
refrigerio all’ombra di questa pianta,
e vi si divertivano le fanciulle, come scrive
Temistio Or it. 27. pag.,’;; e i poeti singevano, che vi (ì ri 1;.!..:ro i Fauni, le
Driadi, il dio Pan, i I ari, ec., come leggiadramente
cantò Mar?ia!e de! carto famoso
platano di Cesare a Cordova nella Spagna,
Epigr. lib 9. ep. 4.6. tal:. Ruderi, e piti diffusamente
Stadio Sylv. lib. 2. cap. 3. del
platano di Ate<!io Melio’e. Vedali anche
Brodeo nel commentario a Teofratto Hijior.
plant. lib. 4.. cap. 7. pag. 4.05. segg. Eliano
Var. hijior. lib. 2. cap. rj. deride Serfc, il
quale nella Lidia vedendo un gran platano
ne fu talmente rapito, che non solo vi (tette
una giornata accampato intorno; ma nel
partire J’ornò ai rami di collare, armille, e
falce preziofe; e vi (aseiò uno, che ne avefle
tutta la cura, come se fosse (tata una (uà
amalìa. Lo stesso guìro, e trafpoi to per questa
pianta foreftiera (i aveva anche dai Romani
in Italia. Plinio al luogo citato parla
con maraviglia del platano dell’imperator Cajo
nella sua villa posta nella campagna di Vclletri, fui rami del quale disposti naturalmente
quali a modo di tavola, e di fcabelli vi renavano
quindici persone; e nomina il plataneto
del prepotente liberro Marcello Efernino
al tempo di Claudio nel fuburbr.no di Roma. Ortensio aveva platani nella sua villa
sul Tuscolo, e partivasi espressamente da Roma
per andarli ad inaffiar col vino, come
abbiamo da Macrobio Saturn. lib. 2. cap. 9. ?</ref></poem>