Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/255: differenze tra le versioni

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<section begin="1" />e a Napoli. Tutti sono raccolti nel Regno<ref>Alcuni vasi etruschi, che sono nella biblioteca Vaticana, potranno provenire dal regno di Napoli, ma la maggior parre sicuramente proviene dalla Toscana; giacchè un numero grande di questi, tutti trovati in Toscana, fu donato al {{AutoreCitato|Filippo Antonio Gualterio (cardinale)|card. Gualtieri}} seniore da <!--Gaetano Maria Bargagli-->monsig. Bargagli patrizio senese, vescovo di Chiusi, e zio materno del ch. monsig. {{AutoreCitato|Mario Guarnacci|Guarnacci}}; e poscia tutti questi passarono nella biblioteca Vaticana. [ Si veda qui avanti ''Tomo I. pag. 218. not.'' {{Sc|a}}.</ref>, e la maggior parte è stata trovata a Nola. Frattanto scriverò a Parigi all’incisore del de Wille mio amico per farmi copiare esattamente la scrittura, ec.<ref>Questa nella Tavola in rame, che ne dà {{AutoreCitato|Anne-Claude-Philippe de Tubières, conte di Caylus|Caylus}}, è quale la riporta qui il nostro Autore. Che poi non sia esatta perfettamente, {{AutoreCitato|Johann Joachim Winckelmann|Winkelmann}} poteva meglio provarlo colla iscrizione del vaso dato da {{AutoreCitato|Alessio Simmaco Mazzocchi|Mazochi}}, se l’avesse riportata quale si legge presso lo stesso; poichè è la medesima di quella del vaso di Caylus, essendovi scritte le stesse due parole, e ripetutevi più volte: di maniera che, se Opoas fosse il nome dell’artefice, esso potrebbe credersi il fabbricatore d’amendue i vasi. Un’altra riflessione si può fare per confermare il sentimento di Winkelmann, che il vaso dato da Caylus sia greco: facendo cioè un paragone della sua forma con quella di un altro vaso trovato, per quanto si dice, in Grecia, pubblicato in Napoli nel 1752. con una corta spiegazione latina dello stesso Mazochi. È nella forma similissimo a quello, ed ha intorno all’orlo per di fuori la iscrizione: '''ΚΙΛΟΣ ΚΩΝΕΙΟΥ ΠΕΡΙ ΣΟΚΡΑΤΗΝ''', che si spiega: ''il succo della cicuta per Socrate''; quasiche volesse dire: a Socrate è stata data a bere la cicuta: tu bevi pur lietamente con quello vaso, o bicchiere, che non vi è da temere di esser avvelenato: e ciò come per una di quelle tante acclamazioni, che solevano mettersi anche intorno ai bicchieri di vetro, delle quali può vedersi il {{AutoreCitato| Filippo Buonarroti (antiquario)|Buonarroti}} ''Osserv. sopra alc. framm. ec. Tav. 15. pag. 100., Tav. 29. pag. 208''. Essendo pertanto simili questi due vasi nella forma, colla quale sono simili tanti altri vasi dati da {{AutoreCitato|Anne-Claude-Philippe de Tubières, conte di Caylus|Caylus}} fra le antichità etrusche, può credersi che abbiano tutti servito ad uno stesso uso di bere, e che siano opera di una stessa nazione, benché forse di tempo diverso, argomentandolo dalla forma delle lettere di questo secondo vaso, che sono molto migliori, e di forma più moderna. La prima, parola dovrebbe essere scritta colla X, in vece del K: errore, che soleva commettersi nelle iscrizioni, come nota lo stesso {{AutoreCitato|Alessio Simmaco Mazzocchi|Mazochi}}.</ref>.
<section begin="1" />e a Napoli. Tutti sono raccolti nel Regno<ref>Alcuni vasi etruschi, che sono nella biblioteca Vaticana, potranno provenire dal regno di Napoli, ma la maggior parte sicuramente proviene dalla Toscana; giacchè un numero grande di questi, tutti trovati in Toscana, fu donato al {{AutoreCitato|Filippo Antonio Gualterio (cardinale)|card. Gualtieri}} seniore da <!--Gaetano Maria Bargagli-->monsig. Bargagli patrizio senese, vescovo di Chiusi, e zio materno del ch. monsig. {{AutoreCitato|Mario Guarnacci|Guarnacci}}; e poscia tutti questi passarono nella biblioteca Vaticana. [ Si veda qui avanti ''Tomo I. pag. 218. not.'' {{Sc|a}}.</ref>, e la maggior parte è stata trovata a Nola. Frattanto scriverò a Parigi all’incisore del de Wille mio amico per farmi copiare esattamente la scrittura, ec.<ref>Questa nella Tavola in rame, che ne dà {{AutoreCitato|Anne-Claude-Philippe de Tubières, conte di Caylus|Caylus}}, è quale la riporta qui il nostro Autore. Che poi non sia esatta perfettamente, {{AutoreCitato|Johann Joachim Winckelmann|Winkelmann}} poteva meglio provarlo colla iscrizione del vaso dato da {{AutoreCitato|Alessio Simmaco Mazzocchi|Mazochi}}, se l’avesse riportata quale si legge presso lo stesso; poichè è la medesima di quella del vaso di Caylus, essendovi scritte le stesse due parole, e ripetutevi più volte: di maniera che, se Opoas fosse il nome dell’artefice, esso potrebbe credersi il fabbricatore d’amendue i vasi. Un’altra riflessione si può fare per confermare il sentimento di Winkelmann, che il vaso dato da Caylus sia greco: facendo cioè un paragone della sua forma con quella di un altro vaso trovato, per quanto si dice, in Grecia, pubblicato in Napoli nel 1752. con una corta spiegazione latina dello stesso Mazochi. È nella forma similissimo a quello, ed ha intorno all’orlo per di fuori la iscrizione: '''ΚΙΛΟΣ ΚΩΝΕΙΟΥ ΠΕΡΙ ΣΟΚΡΑΤΗΝ''', che si spiega: ''il succo della cicuta per Socrate''; quasiche volesse dire: a Socrate è stata data a bere la cicuta: tu bevi pur lietamente con quello vaso, o bicchiere, che non vi è da temere di esser avvelenato: e ciò come per una di quelle tante acclamazioni, che solevano mettersi anche intorno ai bicchieri di vetro, delle quali può vedersi il {{AutoreCitato| Filippo Buonarroti (antiquario)|Buonarroti}} ''Osserv. sopra alc. framm. ec. Tav. 15. pag. 100., Tav. 29. pag. 208''. Essendo pertanto simili questi due vasi nella forma, colla quale sono simili tanti altri vasi dati da {{AutoreCitato|Anne-Claude-Philippe de Tubières, conte di Caylus|Caylus}} fra le antichità etrusche, può credersi che abbiano tutti servito ad uno stesso uso di bere, e che siano opera di una stessa nazione, benché forse di tempo diverso, argomentandolo dalla forma delle lettere di questo secondo vaso, che sono molto migliori, e di forma più moderna. La prima, parola dovrebbe essere scritta colla X, in vece del K: errore, che soleva commettersi nelle iscrizioni, come nota lo stesso {{AutoreCitato|Alessio Simmaco Mazzocchi|Mazochi}}.</ref>.


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