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no in fuori hanno il vantaggio di non poter essere sforzate così facilmente come le altre; e non occupando spazio nella casa, danno minor incomodo, che quelle che lì aprono in dentro. Si trovano però degli esempj di porte aperte in dentro: una se ne vede a un tempio rotondo fu di uno de’ più belli bassi-rilievi antichi nella villa Negroni1.

§. 62. Coloro, che cercano materia da sottilizzare, pretendono e sostengono, che le porte di bronzo della Rotonda non siano siate fatte per questo tempio2; ma che siano state tolte da altro edifizio. Ciò si è pur lasciato persuadere Keysler, senza dire perchè sulla porta vi sia una grata. Secondo la loro opinione, questa porta avrebbe dovuto arrivare sino all’architrave3. Quelli, che possono vedere le pitture d’Ercolano, osserveranno nel quadro della pretesa Didone4 una porta consimile, a cui è attaccata in cima la grata, che vi serve per dar lume nell’interno dell’edifizio.


Alle


  1. Ved. Tav. XVIII., e uno presso Grutero Tom. I. p. 1 g8., Boissard par. 3. Tab. 1 z6. Secondo Plutarco loc. cit. pare che a suo tempo l’uso di aprire così le porte forte andato generalmente in difuso anche in Grecia: græcas (januas) ajunt apud vereres omnes fuifJt ad eum modumfaclas, argumento a corneedis fumpto, quod qui in publicum funt prodituri, januas suas intus pulfent, 6’ ftrepitum edam: quo foris qui progrediuntur, ve! prò oflio flant, caveant ubi audiunt, ne fores ir. vicum expanfa. illidantur in ipfos. E così Elladio Befantinoo, odia della città di Antinoja in Egitto, nella sua Chresiomathia, di cui dà l’eftratto Fozio cod. CCLXX1X. tol.ijg f., illuftrato da Meursio op. Tom. VI. col. 331. dice lo stesso del tempo suo, cioè del principio del secolo IV. dell’era criftiana sotto Licinio e Massimiano, mostrando di aver quasi copiate le dette parole di Plutarco: ideo, inquit apud comicos exeuntes pulfant fores, quia non, ut apud nos nunc oftia olim apcriebantur interius,fed adverso modo. Foras enim trudentes exìbant, manu rufantesprius, ut audirent si qui ad fores ejfcnt, ft caverent ne insiii Uderentur, foribus repente in viam protrusis. Contuttociò potrebbe dirsi, che iolola maggior parte non ufalTe più la porta in fuori a que’ tempi; perchè mi pare certo, che taluni così la teneflero anche al tempo di Giustiniano, cioè verso la metà del secolo VI., come si ricava dal frammento del giureconsulto Scevola riportato da quello imperatore fra le leggi, che doveano aver forza a suo tempo, e in appresso, nelle Pandette lib. 8. tit.z. De fervit. vr&d. uri. I. uh. in fine. Le porte delle botteghe si sono probabilmente fempte aperte al di fuori, come al presente ancora.
  2. Ficoroni Le vest. di Roma ant. lib. 1. cap. zo.pae. 1 iz. dà per cosa nota, che le porte antiche di metallo foriero portate via da Genserico re de’ Goti; ma non cita verun antico autore, che ciò racconti. A lui si uni fee l’abate Venuti Accur. e succ. descr. topogr. di Roma, par. 2. cap. 3. pag. 7?. Procopio, il quale riferifee le ruberie di Genserico, non fa parola di quelle porte, come dirò nella dilTertazione fu le rovine di Roma da inferirli qui appredo. Pili prudenrementc il Nardini Roma antica, lib. 6. e. 4-.p. zo f. si era contentato di dubitare, che non fossero le primiere. Venuti loc. cit. aggiugne, che quelle due porte lìano siate collocate fui bilico ne’ tempi moderni; e che anticamente girasiero colle bandelle fui gangheri.
  3. Sarebbe stata allora una porta sproporzionata, e fuor di regola per l’altezza.
  4. Pitt. d’Ercol. Tom. I. Tav. 1 i. p. 73, [ Ne ho parlato nel Tom. I. pag. 4.08. n. b.