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cavallo erano caduti, attendeva che quello fosse acconcio per rimontare. Ma come vide il buon cavallo del senescalco senza ferri dinanzi, s'accorse molto bene che questa era una de le cortesie d’Ariabarzane, e deliberò con quel medesimo modo vincerlo ch’egli si sforzava vincer lui, e ferrato che fu il cavallo ne fece dono al senescalco. E cosí il re volle piú tosto perder il piacer de la caccia, ch’esser da un suo servidor vinto di cortesia, avendo riguardo a la grandezza de l’animo di quello, che seco pareva che volesse in fatti gloriosi e liberali contendere. Non parve al senescalco esser convenevol di rifiutar il dono del suo signore, ma quello accettò con quella altezza d'animo ch’egli il suo aveva fatto sferrare, aspettando tuttavia occasione di vincer il suo padrone di cortesia ed ubligarselo. Né guari dopo questo stettero, che arrivarono molti di quelli che dietro venivano, ed il re, preso un cavallo d’un de’ suoi, a la cittá se ne ritornò con tutta la compagnia. Indi a pochi dí, il re fece bandir una solenne e pomposa giostra per il giorno di calende di maggio. Il premio che al vincitore si darebbe era uno animoso e generosissimo corsiero, con la briglia che il freno avea di fino oro riccamente lavorata, con una sella di grandissimo prezzo, li cui fornimenti al freno e a la sella non erano punto diseguali, e le redine erano due catene d’oro molto artificiosamente fatte. Copriva poi il cavallo una coperta di broccato d'oro riccio sovra riccio, che a torno a torno aveva un bellissimo fregio di ricamo, a cui pendevano sonagli, nespole e campanelle d'oro; pendeva a l’arcione
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uno stocco finissimo con la guaina tutta tempestata di perle e pietre preciose, di grandissima valuta, e da l’altro canto si vedeva attaccata una bellissima e forte mazza, lavorata a la damaschina molto maestrevolmente. Erano altresí appresso al cavallo in forma di trofeo poste tutte l'arme che a uno combattente cavaliere convengano, cosí ricche e belle, che nulla piú. Lo scudo era meraviglioso e forte, che insieme con una dorata e vaga lancia vedere si poteva quel dí che la giostra si farebbe. E tutte queste cose devevano darsi al vincitore de la giostra. Convennero adunque molti stranieri a cosí solenne festa, chi per giostrare e chi per vedere la pomposa solennitá de la giostra. De
PARTE PRIMA
cavallo erano caduti, attendeva che quello fosse acconcio per ri¬
montare. Ma come vide il buon cavallo del senescalco senza ferri
dinanzi, s'accorse molto bene che questa era una de le cortesie
d’Ariabarzane, e deliberò con quel medesimo modo vincerlo
ch’egli si sforzava vincer lui, e ferrato che fu il cavallo ne fece
dono al senescalco. E cosi il re volle più tosto perder il piacer
de la caccia, ch’esser da un suo servidor vinto di cortesia, avendo
riguardo a la grandezza de l’animo di quello, che seco pareva che
volesse in fatti gloriosi e liberali contendere. Non parve al se¬
nescalco esser convenevol di rifiutar il dono del suo signore,
ma quello accettò con quella altezza d'animo ch’egli il suo aveva
fatto sferrare, aspettando tuttavia occasione di vincer il suo pa¬
drone di cortesia ed ubligarselo. Né guari dopo questo stettero,
che arrivarono molti di quelli che dietro venivano, ed il re, preso
un cavallo d’un de’ suoi, a la città se ne ritornò con tutta la
compagnia. Indi a pochi di, il re fece bandir una solenne e
pomposa giostra per il giorno di calende di maggio. Il premio
che al vincitore si darebbe era uno animoso e generosissimo cor¬
siero, con la briglia che il freno avea di fino oro riccamente
lavorata, con una sella di grandissimo prezzo, li cui fornimenti
al freno e a la sella non erano punto diseguali, e le redine erano
due catene d’oro molto artificiosamente fatte. Copriva poi il ca¬
vallo una coperta di broccato d'oro riccio sovra riccio, che a
torno a torno aveva un bellissimo fregio di ricamo, a cui pen¬
devano sonagli, nespole e campanelle d'oro; pendeva a l’arcione
uno stocco finissimo con la guaina tutta tempestata di perle e
pietre preciose, di grandissima valuta, e da l’altro canto si ve¬
deva attaccata una bellissima e forte mazza, lavorata a la dama¬
schina molto maestrevolmente. Erano altresi appresso al cavallo
in forma di trofeo poste tutte l'arine che a uno combattente cava¬
liere convengano, cosi ricche e belle, che nulla più. Lo scudo
era meraviglioso e forte, che insieme con una dorata e vaga
lancia vedere si poteva quel di che la giostra si farebbe. E tutte
queste cose devevano darsi al vincitore de la giostra. Conven¬
nero adunque molti stranieri a cosi solenne festa, chi per gio¬
strare e chi per vedere la pomposa solennità de la giostra. De