Don Chisciotte della Mancia/Capitolo XVII: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Aggiungo la variabile traduttore |
m |
||
Riga 56:
- Potrebbero farne fede anche le mie - rispose don Chisciotte; - ma questo non basta per credere che egli sia proprio il mago.
Intanto il bargello si avvicinò ai due, e trovandoli a parlar tranquillamente fra loro, ne fu maravigliato. É vero che don Chisciotte se ne stava ancora colla bocca all'insù, senza potersi
- Come va, galantuomo?
Riga 75:
- Signore, chiunque voi siate, fatemi il favore e la grazia di darmi un po' di ramerino, di olio, di sale e di vino; ne ho bisogno per curare uno dei migliori cavalieri erranti che sieno al mondo, il quale giace ferito pericolosamente sul letto per mano del Moro incantato che si trova in questa osteria.
Il bargello, udendo queste parole, lo tenne per pazzo, e poichè cominciava già a farsi giorno, aprì la porta dell'osteria, chiamò l'oste, e gli disse che cosa domandava quel pover'uomo. L'oste gli provvide quanto voleva, e Sancio recò ogni cosa a don Chisciotte. Egli si teneva la testa fra le mani, lamentandosi del dolore della lucernata, che gli avea prodotte due enfiagioni molto gravi. Ma quel che credeva sangue non era altro che un gran sudore prodotto dall'angoscia dei passati tormenti. In conclusione, egli prese quegli ingredienti e ne formò un miscuglio, facendoli bollire insieme a lungo, fin tanto che la manipolazione gli parve riuscita. Chiese poscia un'ampolletta per riporvi il suo balsamo, ma nell'osteria non ce n'era nessuna, e pensò, quindi, di metterlo in un vasetto di latta, che l'oste gli donò. Poi vi recitò sopra più di ottanta paternostri, altrettante avemmarie, salveregina e credo, accompagnando ogni parola con segni di benedizione, e tutto alla presenza di Sancio, dell'oste, del bargello, ma non del vetturale, che attendeva a governare le sue bestie con tutta pace. Fatto questo, volle sperimentare la virtù di quel
{{capitolo
|