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stesso periodico (col. 168-171); la ''Zeitschrift für Mathematik und Physik (historisch-literarische Abtheilung)'', nel I fasc. del 1897 e finalmente vari articoli del dotto e cortese prof. {{AutoreCitato|Antonio Favaro|Antonio Favaro}}; il quale, a mia richiesta, ripetevami non esservi dubbio alcuno per lui che quella frase sia assolutamente apocrifa. {{AutoreCitato|Galileo Galilei|Galileo}} non potè in nessun modo tornare ad affermare la sua opinione dopo aver pronunziata l’abiura nella quale fra altre cose prometteva solennemente di denunziare al S. Offizio chiunque egli sapesse che quella opinione avesse sostenuto. Lo stesso esemplare del famoso ''{{TestoCitato|Dialogo sopra i due massimi sistemi}}'' ch’egli postillò e nel quale trovansi ripetute invettive contro la insipienza dei suoi giudici, esemplare presentemente posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova, e dal medesimo prof. {{AutoreCitato|Antonio Favaro|Favaro}} illustrato nelle ''Memorie dell’Accademia delle Scienze di Modena'', to. XIX, 1879, non serba traccia alcuna dell’''Eppur si muove'', il quale, ripetiamolo, non deve essere mai uscito dalle labbra di {{AutoreCitato|Galileo Galilei|Galileo}} nè alla presenza del Sacro Tribunale nè dopo. Ma forse egli disse innanzi ai suoi giudici qualcosa di simile, donde potesse sorgere l’equivoco? Non ci consta; anzi molto probabilmente, dopo pronunziata l’abiura, egli null’altro soggiunse, e se qualche parola uscì dal suo labbro, sarà stata di ringraziamento per la mitezza della condanna, indirizzata ai Cardinali, taluno dei quali (come il {{AutoreCitato|Guido Bentivoglio|Bentivoglio}}) era stato suo scolare: precisamente come in Austria, nei felici tempi del bastone, era d’obbligo che il bastonato ringraziasse chi gli aveva applicata la pena!
stesso periodico (col. 168-171); la Zeitschrift für Mathematik und

Physik (historisch-literarische Abtheilung), nel I fase, del 1897 e
finalmente vari articoli del dotto e cortese prof. Antonio Favaro;
il quale, a mia richiesta, ripetevami non esservi dubbio alcuno per
lui che quella frase sia assolutamente apocrifa. Galileo non potè
in nessun modo tornare ad affermare la sua opinione dopo aver
pronunziata l’abiura nella quale fra altre cose prometteva solennemente
di denunziare al S. Offizio chiunque egli sapesse che
quella opinione avesse sostenuto. Lo stesso esemplare del famoso
Dialogo sopra i due massimi sistemi ch’egli postillò e nel quale
trovansi ripetute invettive contro la insipienza dei suoi giudici,
esemplare presentemente posseduto dalla Biblioteca del Seminario
di Padova, e dal medesimo prof. Favaro illustrato nelle Memorie
dell’Accademia delle Scienze di Modena, to. XIX, 1879, non serba
traccia alcuna àeV Eppur si muove, il quale, ripetiamolo, non deve
essere mai uscito dalle labbra di Galileo né alla presenza del Sacro
Tribunale né dopo. Ma forse egli disse innanzi ai suoi giudici qualcosa
di simile, donde potesse sorgere l’equivoco? Non ci consta;
anzi molto probabilmente, dopo pronunziata l’abiura, egli nuli’ altro
soggiunse, e se qualche parola uscì dal suo labbro, sarà stata
di ringraziamento per la mitezza della condanna, indirizzata ai
Cardinali, taluno dei quali (come il Benti voglio) era stato suo scolare: precisamente come in Austria, nei felici tempi del bastone,
era d’obbligo che il bastonato ringraziasse chi gli aveva applicata
la pena!
Nei tempi nostri avremo da ammirare l’eroico
Nei tempi nostri avremo da ammirare l’eroico
{{Cld|347|J’y suis et j’y reste.|traduzione = Ci sono e ci resto.}} del generale {{AutoreCitato|Patrice de Mac-Mahon|{{Sc|Mac Mahon}}}}, risposta data da lui l’8 settembre 1855 all’ufficiale inglese Michael Biddulph durante la guerra di Crimea, dopo aver occupato la torre di Malakoff dove le truppe erano esposte al fuoco micidiale dei Russi. Qualcuno volle contestargli il merito della risposta, eroica e semplice: ma la testimonianza della persona stessa cui le parole furono dirette, venne a confortare la tradizione (''Interm. des cherch. et des cur.'', 30 mai 1908, col. 800; 10 juin 1908,
- J’y su i s et j’y reste.
del generale Mac Mahon, risposta data da lui l’8 settembre 1855
all’ufficiale inglese Michael Biddulph durante la guerra di Crimea,
dopo aver occupato la torre di Malakoff dove le truppe erano esposte
al fuoco micidiale dei Russi. Qualcuno volle contestargli il merito
della risposta, eroica e semplice: ma la testimonianza della persona
stessa cui le parole furono dirette, venne a confortare la tradizione
(Interm. des cherch. et des cur., 30 mai 1908, col. 800; io juin 1908,. Ci sono e ci resto.