Della generazione de' mostri/Capo secondo: differenze tra le versioni

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Come tutti gli arcieri hanno un segno solo e non più, nel quale pongono la mira, ed ogni volta che non percuotono in quello, non conseguiscono il fine loro, e si dicono errare: così né più, né meno tutti i generanti hanno un fine solo, ciò è di generare cosa somigliante a loro, ed ogni volta, che per qualunque cagione non conseguono il desiderato fine, essi si dicono errare, e cotali parti si chiamano Mostri, i quali possono essere di molte e diverse maniere, anzi quasi infinito; perché come la mira è una, e tutti i colpi, che non colgono in quella, sono errori: così il parto vero è uno solo, e tutti gli altri sono mostri, i quali si fanno, come avemo detto, in tutte quante le cose così animate, e così artificiali, come naturali, di quante maniere e per quanti modi avemo raccontato di sopra generalmente.
 
I quali volendo specificare alquanto meglio o venir più al particolare, diciamo esser verissimo, che così negli animali come negli uomini nascono parti mostruosi, i quali o abbondano, o mancano delle membra ordinarie, così esteriori, come interiori, o l'hanno trasposte o offese. E per darne alcun esempio più notabile, oltra quelli che si trovano assai spesso in tutte le storie, racconta M. {{AutoreCitato|Ludovico Ricchieri|Lodovico Celio Rodigino}}, uomo il quale aveva lette e notate con assai diligenza infinite cose, nel terzo capitolo del tredicesimo libro delle ''Lezioni antiche'', che l'anno 1514 nacque in un borgo chiamato Sarzano vicino alla patria sua un bambino con due capi, nel quale erano più cose straordinarie e maravigliose: perciocché egli aveva tutte le membra intere, proporzionate e ben fornite, le quali mostravano di quattro mesi; e aveva i visi tanto simili l'uno all'altro, che non si potevano quasi discernere; aveva i capelli lunghetti e neri: tra l'un capo e l'altro sorgeva una terza mano, la quale non era maggiore