Teatro Historico di Velletri/Velletri Albergo de' Grandi: differenze tra le versioni

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V'è stato ancora Carlo Ottavo Re di Francia, cosi nell'andare, come nel ritornare da Napoli, à cui furono fatte quelle ossequiose dimostrationi, et applausi, che furono possibili, perché li nostri Cittadini fecero Fontane di vino, Archi Trionfali, con l'incontro del Magistrato, e di tutta la Soldatesca. Due Archi Trionfali più sontuosi de gl'altri li furono alzati, uno nella Piazza di sopra, quale, oltre a molti ornamenti, che l'abbellivano, si vedeva in un Svolazzo il seguente Motto, <small>CAROLO FRANCORUM REGI INVICTISSIMO HONOR, ET GLORIA</small>. E l'altro nella Piazza di sotto, che con altri abbellimenti conteneva questo Scritto, <small>GLORIAM REGNI TUI, ET POTENTIAM TUAM LOQUEMUR IN SAECULUM</small>. Condusse seco Zizimo<ref>Cem, o Gem, detto anche Zizim, era figlio di Maometto II e fratello minore di Bayezid II con il quale entrò in conflitto per la successione al trono. Dopo essere stato sconfitto per la contesa al trono, si consegnò ai Cavalieri di Rodi che lo tennero prigioniero e lo consegnarono successivamente nelle mani di papa Innocenzo VIII. Il suo successore, Alessandro VI, lo consegnò nel 1494 al re francese Carlo VIII nel corso della sua discesa in Italia per reclamare il Regno di Napoli.</ref> (il {{AutoreCitato|Paolo Giovio|Giovio}} lo chiama Gemi)Fratello di Baiazetto, Imperatore de' Turchi, consegnatoli da Papa Alessandro Sesto, acciò s'accingesse all'Impresa contro la empia Setta Maomettana. Ma gionto in Velletri morì Zizimo, e si perdè quella bona occasione di far progressi per la Fede di Christo. Il Rè si trattenne in Velletri per qualche tempo per dare udienza à D. Antonio Fonseca Ambasciatore del Rè di Spagna, il quale molto si risentì per la poca corrispondenza mostrata dal Rè Francese all'affetto paterno del Pontefice; così registra il Giovio, ''Igitur Fonseca apud Velitris in Consilio Regis, et Procerum, gravi Oratione habita, quaestus est, etc.'' E si mostrò così sdegnato, che pigliò ardire di squarciare il Viglietto nel quale stavano scritte le Capitolazioni della Pace sottoscritte d'ambidue li Rè, ''Ut Fonseca alioqui sedati Animi, ita perfervidus, Libellum, in quo Foederis scripta, utriusque Regis manu subscripta, ac obsignata erant, in conspecta Regis concerpsit'', dice l'istesso Giovio; onde il Rè Carlo li fece intendere da suoi Baroni che li Francesi erano differenti dà Mori di Granata, come presto l'haverebbe fatto vedere con l'esperienza.
 
Non voglio in questo luogo lasciar sotto silenzio, ch'in Velletri si fece una stravagante mutatione d'humani accidenti, perché la Città d'allegra divenne mesta, e di ridente, piangente, come registra il nostro Landi né suoi Manoscritti. Perché havendo il Pontefice conceduto al Rè, che per l'impresa de Napoli, potesse condurre seco Cesare Borgia, giunto in Velletri, lo teneva così custodito, come fosse suo priggione, onde il Borgia cominciava à dubitar della sua vita, e tanto più, quanto che s'allontanava dal Papa: cominciò egli à pensare à casi suoi, e se raccomandò all'aiuto d'alcuni Cittadini Velletrani, quasi mossi à compassione d'un personaggio tale, giudicando certo il pericolo della sua vita, promessero di prestarli ogni aiuto, e liberarlo dalle mani del Rè con la fuga; cosi fecero, e furono Lodovico Monticelli, Giovanni Lerice, et un Alfiere di casa Borgia, Velletrano ancor egli, chiamato Pietro, quali unitamente con segretezza possibile, mentre si attendeva alle feste, et allegrezze per l'arrivo del Rè, loro con habito mentito, per le mura fecero fuggir Cesare, e per strade non pratticate, lo posero in saluto, lo posero in salvo, et egli se ne ritornò à Roma, ''Valentinus Cardinalis, minus intentis in eius custodia Gallis, mutato habitu, à Velitris profugit'', seguita il Giovio. Fù riferita la fuga del Cardinale al Rè Carlo, della quale restò tanto sdegnato, che ordinò à suoi Soldati l'incendio della Città, doppo la sua partenza. Alloggiava in casa d'un Cittadino del Magistrato il primo Secretario del Rè, e perché fù ben trattato, e servito, e perché haveva veduti gli applausi della Città, gli venne compassione di lui, e della sua fameglia, gli conferi con ogni secreta confidenza il precetto Regio, acciò rimediasse à casi suoi al meglio, che poteva. Quanto il nostro Cittadino non restasse afflitto, e doglioso, lo consideri chi ama la Patria, e li figli, e dubita della disolatione della Città. Corse il mesto Cittadino con prestezza, à farne avvisati li suoi Compagni del Magistrato, e la Città tutta, che in un subito cangiò le feste, e li giubili in lamenti, e pianti. Andarono unitamente li Nove del Magistrato con altra buona comitiva de Gentilhuomini à darne parte al Cardinal della Rovere, detto di S. Pietro ''Ad Vincula'', ch'era nostro Vescovo Cardinale, e stava allhora in Velletri per far'accoglienza al Rè: lo supplicarono à volere rimediare alla rovina, che soprastava alla sua Chiesa; et egli con animo generoso, pigliando à cuore l'impresa, andò subitamente al Rè, che, quantunque stasse in letto, li diede udienza, et concedè alle preghiere di lui la salvezza della Città, e la vita de' Cittadini. Questa andata del Rè Carlo à Napoli vien registrata da molti, ma chi lascia sotto silentio una cosa, chi l'altra, e della morte di Zizimo sono similmente diversi li pareri di chi scrive; perché il {{AutoreCitato|Giovanni Nicolò Doglioni|Doglioni}} dice, che quello morisse in Gaeta, ò in Terracina; Roberto Guaguino vuole, che morisse in Napoli, ecco le sue parole, ''Veniens Romam Carolus, favente Populo, in ea stationem fecit, et quas ab Alexandro Urbes hauberat, libere dimittit, praeter Ostiam, et Zizimum Turcum; qui apud Neapolim vita decesserat''. Teodoro Spandugino nel discorso, che fa de' Prencipi de Turchi, dice, che morisse in Velletri, e dice, ''Ma Carlo Ottavo venendo potentissimo all'Impresa del Regno di Napoli, nella Capitolazione, che fece con Alessandro Sesto, fra l'altre cose, volse il Zizimi, per lui designando d'andar à far l'impresa contro il Turco, acquistato c'havesse il Regno prenarrato, et arrivato, che fù in Velletri il Zizimi venne à morte''. Per la varietà di chi scrive, si dà campo franco di credere à chi leggere.
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