Pagina:Vita di Dante (Tiraboschi).djvu/38: differenze tra le versioni

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egli e Guido; e come il {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}} nato nel 1304 contava, mentre scriveva tal lettera, cioè nel 1367, sessantatre anni d’età, così è evidente che verso il 1316 il padre del Petrarca avea egli pure circa sessantatre anni, mentre Dante nato nel 1265 appena avea passati i cinquanta. Come dunque potea scrivere il Petrarca, che suo padre era più giovin di Dante? É egli possibile che l’ab. de Sade, osservator sì minuto dell’opere del Petrarca, non abbia a ciò posto mente? Nè io perciò ardisco decidere che la riferita lettera sia supposta; ma desidero solo che l’ab. {{AutoreIgnoto|de Sade}} sia alquanto più ritenuto nell’insultare agli Italiani, perchè non abbian parlato di una lettera, della cui sincerità essi potean dubitare non senza qualche ragione. Ma rimettiamoci in sentiero, e torniamo a’ comenatori di Dante. Già abbiamo parlato della traduzione che Alberigo da Rosciate fece in lingua latina del Comento di {{AutoreCitato|Jacopo dalla Lana|Jacopo dalla Lana}}, cui anche stese ed ampliò maggiormente. Il {{AutoreCitato|Giovanni Boccaccio|Boccaccio}} ancora, Benvenuto da Imola, Francesco da Buti scrissero in questo secolo dichiarazioni e comenti; ma questi appartengono a un’altra classe d’interpreti de’ quali ora ragioneremo.
egli e Guido; e come il {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}} nato nel 1304 contava, mentre scriveva tal lettera, cioè nel 1367, sessantatre anni d’età, così è evidente che verso il 1316 il padre del Petrarca avea egli pure circa sessantatre anni, mentre Dante nato nel 1265 appena avea passati i cinquanta. Come dunque potea scrivere il Petrarca, che suo padre era più giovin di Dante? É egli possibile che l’ab. de Sade, osservator sì minuto dell’opere del Petrarca, non abbia a ciò posto mente? Nè io perciò ardisco decidere che la riferita lettera sia supposta; ma desidero solo che l’ab. {{AutoreIgnoto|de Sade}} sia alquanto più ritenuto nell’insultare agli Italiani, perchè non abbian parlato di una lettera, della cui sincerità essi potean dubitare non senza qualche ragione. Ma rimettiamoci in sentiero, e torniamo a’ comenatori di Dante. Già abbiamo parlato della traduzione che Alberigo da Rosciate fece in lingua latina del Comento di {{AutoreCitato|Jacopo dalla Lana|Jacopo dalla Lana}}, cui anche stese ed ampliò maggiormente. Il {{AutoreCitato|Giovanni Boccaccio|Boccaccio}} ancora, Benvenuto da Imola, Francesco da Buti scrissero in questo secolo dichiarazioni e comenti; ma questi appartengono a un’altra classe d’interpreti de’ quali ora ragioneremo.


Era sì grande il concetto in cui aveasi Dante, che si credè opportuno l’aprire in Firenze{{SAL|38|4|Raoli}}
Era sì grande il concetto in cui aveasi Dante, che si credè opportuno l’aprire in Firenze