Brani di vita/Libro primo/Delle biblioteche: differenze tra le versioni

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Lo strano è che con questo bel sistema di reclutamento si siano avuti fin ora degli impiegati onesti. Ella notava alcuni furti accaduti nelle biblioteche del regno e specialmente nella Vittorio Emanuele di Roma. Non sarebbe difficile farne una lista lunghissima, ed è noto che molte delle cose nostre rarissime od uniche bisogna cercarle ora nelle biblioteche inglesi. Con tutto ciò io dico e sostengo che gli impiegati sono onesti, poichè colla facilità del furto e colla paga derisoria che hanno, avrebbero a quest’ora dovuto vendere anche le scansìe.
Un anno, mentre facevo il mio tirocinio in biblioteca per il bel sugo di prenderci cappello, capitarono due tedeschi. Non parlavano né francese, né inglese, né italiano. Io di tedesco ne masticavo allora meno che ora e non c’era modo di intenderci. Finalmente uno di loro, grande e cogli occhiali d’oro, disse: ''Marcus Tullius Chicero''. Oh, il latino! Fu una idea luminosa, e cominciai a parlare la lingua di Cicerone con una eloquenza da fare arrossire il {{AutoreCitato|Tommaso Vallauri|Vallauri}}. E la dicono una lingua morta! S’intende che in biblioteca non si porta il vestito di società. Il regolamento vuole che in un dato mese dell’anno si spolverino tutti i libri, operazione che richiederebbe parecchi mesi a farla bene, un personale numeroso e soprattutto il trasporto dei libri giù nel cortile, se no la polvere rimane in biblioteca. Il regolamento è furbo! Si fa dunque come si può, e la polvere, si sa, non manca mai nelle biblioteche, che sono chiamate appunto polverose. Ma la polvere dei libri sporca i panni ed ecco perché si va vestiti alla meglio. Io poi andava tanto alla meglio, che molti visitatori, ai quali facevo da cicerone, allungavano la mano per regalarmi mezza lira; rifiutata, s’intende, con un gesto di pudicizia offesa, degno d’esser fuso in bronzo.
I miei due tedeschi parlavano tra di loro in tedesco, ''e allor chi li capisce''? S’entra nella sala dei manoscritti e domandano di vedere quel che c’è delle Epistole di Cicerone. Ne reco parecchi codici preziosi, quando quello dagli occhiali mi strizza l’occhio e mostrandomi un codicetto in pergamena mi dice nella più pura lingua del Lazio se glielo voglio vendere. ''Mehercule''! dissi io: ''an te pudet, Germane''.... Chi sa che bella pagina di latino ha perduto la moderna letteratura! S’intende che i due tedeschi se ne andarono scornati e il codice è ancora là, nel suo scaffale. Ma faccia conto che al mio posto ci fosse stato un povero diavolo carico di famiglia e di fame! Non c’è che da stracciare una scheda e stender la mano ai marenghi. Dunque! Dunque, cosa strana, gli impiegati delle biblioteche non sono forse al loro posto, ma sono onesti.