Sorella di Messalina/Parte terza/XVI
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XVI.
E la promessa fu mantenuta.
Rivedendo Raimonda quella sera stessa, Alberto le narrò la visita ricevuta, e soggiunse:
— Egli ti prega di andare a trovarlo a Muralto. Te ne supplica. Io ho promesso per te, che ci andrai.
— Tu!... hai promesso per me? — Ella lo fissò con uno sguardo strano.
— Sì, ho promesso, — fece Alberto con l’espressione testarda di un fanciullo ostinato. — Mi ha detto che non lo ricevi quando viene a cercarti, che non rispondi quando ti scrive... Era molto infelice.
Raimonda lo fissava collo sguardo gelido e il sorriso cattivo.
— Sta bene. Poichè sei tu, proprio tu, che me lo chiedi, andrò.
E stringendo le labbra in una linea dura, mise fine alla conversazione prendendo un libro dalla tavola.
— È uno sventurato, — continuò Alberto dopo un silenzio. E per debito di coscienza insistette: — Andrai domani?
— Sì, sì; andrò domani. All’alba, — fece lei, ironica.
— No. Perchè all’alba? Va nel pomeriggio, — disse Alberto. — Ed io, verso sera, verrò a prenderti.
Stese la mano ad accarezzare le dita di Raimonda, strette come una piovra bianca intorno alla copertina del libro. — Farai una buona azione, — soggiunse un po’ commosso.
— Sì, sì, sì — disse lei, — e si alzò. Gli battè leggermente la mano sulla spalla in quel gesto di indulgente superiorità che al giovane spiaceva assai, e lasciò la stanza.
All’indomani mattina, allorchè Alberto si recò a chiedere nuove di lei, gli dissero che alla prim’ora ella era partita.