1835

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Sonetti romaneschi 3 Gennaio 1835

 
     Quanno che ll’anno nostro è ggià sfornato,
avanti ch’in Moscovia s’arisforni
disce c’hanno da stà ddodisci ggiorni
per avello ppiú assciutto e bbiscottato.
              5
     Questa nun zapería sor don Miggnato,
s’è una carota pe ggabbà li ssciorni.
Però, ss’è vverità, ppare che ttorni
propio stanotte cqui st’anno ssciancato.
              
     Dunque io viengo a pportà li comprimenti
10e l’ugúri dell’anno cacanido
a cquell’antro che ggià mmette li denti.
              
     E vvoi, sor Ricci, pe la bbocca mia
de tutt’e ddua gradìtene uno spido
come de tordi grassi, e accusì ssia.
     


Questo non entri nella raccolta, perché troppo insipido, e perché contrario allo spirito di essa, siccome l’altro qui dietro. Brutto strafalcione da restar sepolto per omnia saecula saeculorum.