Sommario della storia d'Italia/1520

1520

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1520. Leone, combattuto assai dal re di Francia d’accostarsi a lui, instava in sul volere Ferrara; e Francesco, come dissi di sopra, gliene dava parole. E in questo tempo, che fu alla fine dell’anno MDXX, le reliquie de’ fanti spagnuoli, che erano stati più anni in Italia, e poi erano iti a combattere le Gerbe, contro a’ Mori, per servizio di Cesare; e non potendo fare progresso, se ne ritornorono in Sicilia e poi in Calabria; si messono insieme e vennono insino alli confini della Chiesa, pensando che Leone s’avessi a ricomperare da loro, come aveva fatto nella guerra d’Urbino. Il Papa mandò loro incontro Giovanni de’ Medici, suo congiunto, e nell’arme molto ardito e franco, con qualche somma di fanti. E volendo detti Spagnuoli pigliare uno castello del Papa in sul Tronto, chiamato Ripatrasonna, furono ributtati, con occisione di molti di loro; in modo che, vedendo quelli li primi impeti loro non succedere, se ne tornorono sul Regno alle stanze. Il Papa, per questo impaurito, deliberò di stare armato e provveduto; e mandò messer Antonio Pucci, vescovo di Pistoja, a’ Svizzeri, il quale ne condusse in Italia seimila uomini prontissimi alla guerra. Leone avrebbe voluto che Francesco concorressi a questa spesa per metà, e ne lo fece più volte ricercare; ma egli dubitando che il Papa non volessi assaltare con essi Ferrara, differiva il rispondere; nè gli pareva possibile, che, benchè indugiassi a rispondere, ed ancora quando avessi negato volere concorrere a detta spesa, che il Papa dovessi ne pigliare tanta indegnazione, che s’avessi a accordare con Cesare a nuocergli: perchè Leone non era tenuto di si poco ingegno, che non conoscessi che Carlo era troppo potente; e che tutti li Imperatori che sono stati potenti, quando hanno avuto adito in Italia, sono suti inimici de’ Pontefici, ed hanno cerco non solo d’abbassarli, ma di ruinarli; perchè, chiamandosi re de’ Romani, non pare loro conveniente avere il titolo, e che i Pontefici abbino il dominio. Ma sempre le cose non si possono misurare con la ragione.

Il Papa, parendogli che Francesco non tenessi conto di lui, e mosso dalle persuasioni di don Ianni Emanuel, oratore per Cesare a Roma, e da Ieronimo Adorno genovese, che faceva in Roma le faccende del cardinale de’ Medici; concluse con Cesare contro al re di Francia: e li soprascritti gli mostrorono, che subito che egli fussi collegato con Carlo, che la fama sola gli farebbe vincere la guerra, e che non poteva avere poi dubbio alcuno della grandezza di Cesare; perchè secondo e’ capitoli, il ducato di Milano doveva venire a Francesco Maria, era allora in Alemagna; e che Piacenzia e Parma dovevano ritornare al Papa; il quale doveva essere aiutato da Cesare a espugnare Ferrara, in modo che per queste convenzioni Cesare non acquistava cosa alcuna in Italia, nè diventava più formidabile che si fussi prima. E fu questa Lega conclusa in poche parole; e furono prima le galee del Papa sopra Genova, che si sapessi l’animo suo: il quale volendo poi escusare questo suo partito precipitoso, diceva averlo preso a beneficio della repubblica Cristiana; ancora che fussi pericoloso per la Chiesa e per lui: perchè cognosceva il re de’ Turchi potentissimo per avere di nuovo vinto il Soldano, e preso il suo regno, e per avere ridotto in termine il Sofi, che n’aveva da tenere per poco conto; e che era necessario che sorgessi uno Principa tra’ Cristiani sì grande, che fusse atto a fargli resistenzia; e che solo questi duoi Re erano atti a farla, Carlo e Francesco; ma che l’uno superassi l’altro, perchè altrimenti nessuno di loro arebbe tanta potenzia nè tanta riputazione, che ardissi opporsi al Turco: e che cognosceva che era più facile che Carlo diventassi superiore a Francesco, che Francesco a Carlo; e che non gli pareva inconveniente, per la salute universale di tutti i Cristiani, mettere in pericolo lo stato della Chiesa; e che questa era la principale causa che Leone diceva che l’aveva mosso a collegarsi con Cesare. Ma io, esaminato le qualità sue, e quanto egli conosceva, e quanto bene discorreva e tritava e’ partiti innanzi gli pigliassi, e quanto desiderassi esaltare la Chiesa; non mi posso persuadere, che la ragione detta di sopra, lo movessi, e che egli non cognoscessi certo che la esaltazione di Cesare era la depressione sua; e che per niente la volessi.