Sessanta novelle popolari montalesi/XLIII
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NOVELLA XLIII
Il Ciuchino caca-zecchini (Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
C'era una povera vedova con un figliolo solo, e lei aveva per cognato un fattore. Dice un giorno al su' bambino: - Va' dallo zio e domandagli se ci dà qualcosa per nun morire di fame. Il bambino dunque andette alla fattoria e allo zio gli chiese un po' d'aiuto: - No' si more di fame, zio. La mi' mamma con quel mestieri di tessitora guadagna poco, e i' son troppo piccino e nun busco nulla. Fateci la carità, che no' siem vostri parenti. Dice il fattore: - Perché no? Avevi a vienir prima, che prima i' v'are' aitato. Ma ora i' vi darò tanto da campar sempre 'nsenza più bisogno di nulla. I' ti regalo questo Ciuchino che caca zecchini. Tu gli ha' a mettere una pezzola sotto e lui te la piena di belle munete. Ma abbi giudizio! Nun lo raccontare e nun lassarlo a nissuno quest'animale. Il bambino se n'andiede tutt'allegro, e doppo camminato un bel pezzo si fermò a un'osteria per dormire, perché la su' casa 'gli era lontana. Dice all'oste: - Datemi un po' d'albergo, ma badate! il mi' Ciuchino 'gli sta con meco anco la notte. - Che! - dice l'oste. - Ti pare! Nun si pole. E il bambino: - Sì che si pole, perché il mi' Ciuchino nun mi nesce d'accanto. Contrastorno un po', ma l'oste poi fu d'accordo: soltanto gli viense del sospetto, e quando il bambino con la su' bestia gli eran serri dientro la su' stanza, lui si mettiede a spiare dal buco della chiave e vedde quel miracolo del Ciuchino che cacava zecchini a tutto spiano. - Perdinci! - scramò l'oste, - I' sare' un allocco davvero, s'i' mi fo scappar di mano questa fortuna! [360] Cercò subbito un ciuchino compagno, del medesimo pelame, della medesima statura, e nel mentre che il bambino dormiva sodo glielo scambiò con quello suo. La mattina il bambino, pagato 'l conto, se n'andette e per istrada il Ciuchino, con vo' rispetto, nun faceva più zecchini, ma porcheria. Il bambino, istupidito, dapprima nun sapeva quel che si pensare, ma poi guardando meglio gli parse che quel ciuco nun fusse punto 'l suo, e diviato ritorna dall'oste a lamentarsi della billéra. Bocia l'oste: - Mi maraviglio che te faccia di simili discorsi. Qui siem tutti galantomini 'e nun si rubba niente a nissuno. Va' via, 'gnorante, o te ne buschi da ricordartene per un pezzo. Al bambino, piagnendo, gli conviense dilontanarsi col su' Ciuchino, e rifece addietro la strada per insino alla fattoria dello zio e gli raccontò allo zio quel che gli era successo. Dice lo zio: - Se te nun ti fermavi dall'oste, nun l'avevi questa disgrazia. In ugni mo' per aitarti te e tu' madre i' ho un altro regalo. Ma badaci, veh! Nun ne discorrire con nimo e tienne di conto. Decco qui. I' ti dò un tovagliolo, e ugni volta che te dirai: Tovagliolo, apparecchia, doppo averlo steso, vederai un bel desinare a tu' piacimento. Il bambino tutt'allegro prendette il tovagliolo, ringraziò lo zio e se n'andette; ma da bue che lui era si fermò daccapo a albergo alla solita osteria. Dice all'oste: - Mettetemi in una cambera e da mangiare nun cade che me l'ammannite. Ce l'ho da me quanto mi pare. L'oste, malizioso, s'insospettì che ci fusse qualcosa di novo sotto, e quando il bambino fu dientro la cambera, lui stiede a spiare dal buco della chiave, e vedde il tovagliolo che apparecchiava da cena. Scrama l'oste: - Che bella sorte per il mi' albergo. Che! nun me la fo scappare. Lesto cerca un altro tovagliolo compagno della medesim'opera a dama, co' su' peneri, e in nel mentre che il bambino dormiva glielo scambiò con quello maraviglioso, sicché alla mattina il bambino nun se n'addiede della birbonata. Soltanto in nel bosco, perché aveva fame, volse servirsi del tovagliolo. Ma sì! fu tutto inutile che lo spiegassi e che urlassi: "Tovagliolo apparecchia." Il tovagliolo nun era più quello e non gli apparecchiò propio nulla. Disperato il bambino torna dall'oste a lamentarsi, e l'oste ci corse poco che nun gli randolassi delle briscole se lui nun fuggiva a gambe, e fuggì fintanto che [ 361] nun arrivò alla fattoria dallo zio. Lo zio in nel vedere il su' nipote a quel mo' strafelato gli disse: - Oh! che c'è egli? - Zio! - dice il bambino. - M'è successo che il medesimo oste m'ha scambiato anco il tovagliolo. Lo zio stiede in sull'undici once di picchiarlo ben bene quello scapato; ma poi, siccome s'avvedde che aveva da fare con un bambino s'abbonì. Dice: - I' ho capito; ma un rimedio perché te riabbi ugni cosa da quel ladro d'oste i' te lo darò. Decco! Questo è un bastone. Niscondilo sotto 'l capezzale e se qualcuno verrà a rubbartelo, te digli sotto voce: Bastona, bastona! e insin tanto che te nun gli di': Smetti, quello seguita. Figuratevi con che core quel bambino prendette il bastone! Era un bel bastone lustro, con la manica tutta d'oro, da 'ricantare a soltanto vederlo. Dunque il bambino ringraziò lo zio della su' bontà, e doppo camminato un bel pezzo arriva alla solita osteria. Dice: - Sor oste, i' vo' albergar qui stasera. L'oste subbito fece i su' conti attorno a quel bastone che 'l bambino portava alla scoperta in tra le mane, e la notte in nel mentre che lui credeva il bambino bell'e addormito, e in scambio faceva le viste, l'oste frucò pian piano sotto 'l capezzale e tirò via 'l bastone. Il bambino, abbeneché al buio, se ne accorgette del rubbamento e a voce piana disse: - Bastone! bastona, bastona! Di repente le legnate gragnolavano insenza misericordia: ugni cosa rotto, il cassettone, la spera, tutte le seggiole, tutti e' vetri della finestra, e macolato a morte l'oste e quelli che corsane al rumore. L'oste a squarcia gola sbergolava: - Libberami, bambino, i' son morto! E il bambino gli arrispondeva: - Che! nun vi libbero, se vo' nun mi rendete le mi' robbe, il Ciuchino caca-zecchini e il tovagliolo apparecchia-da-desinare. E se l'oste nun volse morire stroncato dalle legnate, bisognò bene che acconsentissi alle brame del bambino. Quando la su' robba l'ebbe riavuta, il bambino tornò a casa sua dalla mamma e gli fece il racconto di quel che gli era successo, e po' disse: - Ora, nun s'avrà più bisogno di nulla. I' ho un Ciuchino che caca munete, un tovagliolo che apparecchia da mangiare a mi' volontà, e un bastone per difendermi da chi mi dà noia. Sicché quella donna col su' figliolo, di poeri diventorno ricchi sfondolati da far astio a ognuno, e per [362] grandigia volsano 'nvitare a un pranzo i parenti per dargli anco una ricognoscenzia. Difatto nel giorno fissato i parenti viensano alla casa nova della donna; ma sona mezzo giorno, sona il tocco, ci mancava poco alle dua, e 'n cucina 'l foco si vedeva spento e provviste nun ce n'erano in nissuna parte: - Che ci abbin fatto la celia? - dicevano que' parenti. - E ci toccherà poi a andarcene via a denti asciutti. In quel mentre però batterno le dua all'orologio e il bambino, steso il tovagliolo in sulla mensa, comandò: - Tovagliolo, apparecchia da gran signore. Insomma quella gente gli ebbano un desinare togo e dimolti regali di quattrini, e il bambino con la su' mamma in gran trionfo e allegria
Se ne stettano e se la godettano E a me nulla mi dettano.