Sentimenti de' Nazionali Corsi contro l'invasione della loro Patria
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SENTIMENTI
DE' NAZIONALI
CORSI
Contro L'invasione della loro
Patria.
In vano lusingansi i nostri Nemici d'averci vinti, ed abbattuti. Noi protestiamo a tutte l'età presenti, e future, che vive in Noi lo spirito della libertà, e viverà ne i nostri Posteri ancora, finchè scorrerà il sangue corso per le loro vene. I tristi oggetti, che ora ci si presentano ad ogni passo, le selve incendiate, le famiglie desolate, i nostri patriotti altri carichi di catene, ed afflitti nelle più orride prigioni, altri trasportati in Francia, e nell'Isole del nuovo mondo, altri arrotati, e pendenti dalle forche; le nostre Donne in fine con barbaro decreto d'esilio esposte a i naufragi del mare, e alla dura condizione di vivere raminghe in terre straniere, lungi dal portarci alla disperazione di colui che uccide se stesso, ci rappresentano co i loro orrori più cara, ed amabile la libertà; e ce la fanno più ardentemente desiderare. Noi conserviamo la vita, ma per unicamente sagrificarla alla libertà della Patria. La nostra causa è giusta: imperocchè è dritto di natura obbligante in coscienza sostenere la libertà della Patria, No[i] l'abbiamo acquistata con tanto sangue, quanto se n'è da noi versato per quarantadue anni nella nostra giustissima guerra contro la Genovese tirannia. I Francesi per lo spazio di quattr'anni, che col carattere di Mediatori per la pace tra le due Nazioni Corsa, e Genovese occupavano li nostri Presidi, anno riconosciuto l'independenza del nostro supremo Governo; e la libertà della nostra Patria. Li Rei, che rifugiavansi in quei Presidj, erano da i Comandanti Francesi rimandati a i nostri Tribunali, per essere puniti, o assoluti. Aveva ne' Presidj stessi tutti il suo valore la nostra moneta. La nostra Bandiera, i Passaporti, e Patenti e i Capitani di Mare erano riconosciuti anche ne i Porti francesi. All'arrivo in questo nostro Regno de i Gesuiti Spagnoli, vollero i Comandanti francesi cedere al nostro supremo Governo i Presidi da essi occupati; e fu il solo eroismo di rispetto, e di buona fede all'armi di Francia, che c'indusse a fidarci delle loro parole. Li sentimenti del primo Ministro della Corte di S. M. Cristianissima tendevano a promuovere la nostra libertà nel carteggio, che era continuo col nostro Sig. Generale de' Paoli. Qual Dritto dunque vi era d'invadere questa nostra Patria, e toglierci la libertà, da noi acquistata con tanto sangue, e da Francesi stessi riconosciuta? Ha forse luogo in questa invasione il dritto di conquista? Ma se questo dritto, qualora spogliato di queste valide ragioni, che lo giustifichino, come è nel caso nostro, deve valere, potrebbe invadersi ogn'altro Regno, benchè legittimamente posseduto dal proprio Sovrano, e si metterebbe in iscompiglio la sicurezza, e tranquillità di tutti gli stati. Per questo i Conquistatori di tal sorta sono sempre stati riputati mostri, e nemici del Genere umano. Riflettendo noi all'invasione della nostra Patria, ci siamo studiati di rintracciare qualche motivo, che potesse se non giustificarla, coonestarla almeno. Ma per verità non ne abbiamo ritrovato, ne può esservene alcuno. Non il motivo della Religione, che giustificò la conquista del nuovo Mondo. Poiché, grazie a Dio, la Religion Cattolica è tra noi sodamente stabilita. Non il motivo d'impedire, che non inquietiamo gli altri Stati, o Nazioni. Ma qual'è quella Nazione (eccettuata le Genovese) che sia a noi nemica, e verso di cui non abbiamo tutto il rispetto, e la buona amicizia? Forse gli antichi dritti della Francia sopra la Corsica giustificar potranno questa invasione? Ma se questi dritti, a quali la lunghezza del tempo, e latre ragioni han tolto ogni forza, bastassero, non vi sarebbe in tutta la terra Nazione, e stato, che fosse sicuro. Noi non vogliamo decidere, se siano, o no soggetti alla prescrizione i dritti del Principato, e in quali casi. Certo è, che la comune salute, e pubblica tranquillità toglie ogni dritto di conquistare quelli Stati, e Nazioni, a i quali o altro Re signoreggia, o in forma di Repubblica signoreggiano se stesse. Altri dunque saranno i motivi co quali pretenderanno giustificare in faccia al mondo l'invasione contro di noi, E in verità sentiamo opporci.
Primo, Che la nostra Nazione nel decorso della guerra contro i Genovesi ha dichiarato il desiderio di soggettarsi alla Corona di Francia. Secondo, che molti nostri Nazionali con li maneggi, e con le armi si sono uniti colla Truppa francese a soggiogare la nostra Patria. Terzo, che noi abbiamo ora riconosciuta la nuova dominazione fino a prestarne il solenne giuramento. Quarto, che la cessione d i Dritti sopra la Corsica fatta dalla Repubblica di Genova dà tutto il dritto di obbligarci anche colla forza di soggettarci.
Ma ii [il] primo motivo è una tela di ragno, che si dissipa con un soffio. Concediamo, che angustiati dalle stragi, che tra noi succedevano per le guerre civili fomentate da i Genovesi, e molto più dal non conoscere noi le nostre forze, e la debolezza de' nostri nemici, aspirassemo non già alla libertà, ma unicamente a liberarci dalla loro tirannia. Dispose però il Grande Iddio, che il presente nostro Signor Generale richiamato alla Patria ne assumesse il Governo. Ci fece Egli chiaramente allora conoscere le nostre forze, e la debolezza della Repubblica, dissipò le fazioni, stabilì tra noi l'armonia, costituì la forma del nostro Governo, pose in somma la nostra Nazione in tale, e sì fortunata situazione, che tutto il Mondo scorgeva in Noi tutti i caratteri della libertà, e l'esercizio di tutti i dritti d'un Governo sovrano, ed indipendente. Si pubblicò poi in Corte nel 1764 con le stampe la risposta di un nostro Nazionale ad un Soggetto di considerazione. Questo dimandava per sapere, se la nostra Nazione era nelle disposizioni di soggettarsi ad un Principe, il quale a sue spese ci avesse liberati dalla tirannia Genovese. La ri[s]posta in sostanza fu: sembrarle molto difficile, che i Corsi fossero per cedere la loro libertà, acquistatasi con tanto sangue: e conchiudeva, che si sarebbe forse potuto dar luogo alla negoziazione su di tal punto qualora però il Principe pretendente si fosse immediatamente indirizzato al nostro Supremo Governo, con cui senz'altra straniera mediazione, o dipendenza avesse trattato. Ecco dunque dichiarato il desiderio de' Corsi per la loro libertà, che esclude quello di assogettarci alla Corona di Francia. Dopo una dichiarazione sì chiara e sì formalmente rivocata come si può giustificare l'invasione della nostra Patria? E perchè non profittare di quel tempo in cui nutrivamo questo genio, anzi che differire fino al tempo presente con sì orribili, e ingiuste stragi, per toglierci quella libertà con tanta ragione, e giustizia da noi acquistata, e in noi riconosciuta dalli stessi Francesi? Il nostro buon genio, e consenso gli averebbe reso allora legittimo il possesso di questo nostro Regno: ma la nostra giustissima resistenza glie lo rende ora iniqua, ed ingiusta, e li condanna. E' chiaro, che l'invasione si principiò con tutti i caratteri d'una iniquissima violenza. Alcuni giorni prima del termine de' quattr'anni stabiliti per procurar la pace tra le due Nazioni, si praticarono le ostilità da i Francesi contro i patti, e le convenzioni, Non si volle neppure accordare pochi giorni di tempo, per convocare la nostra general Consulta ad oggetto di sentire le intenzioni de' nostri Popoli. Si indirizzarono gli editti Regi ai popoli di Corsica in generale; minacciando gli ultimi rigori di una guerra spietata, se non si ubbidiva alla cieca, e senza dilazione, e non lasciandoci né tempo, né arbitrio di chiedere alcuna convenzione, o privilegio avanti la commissione. Questo era lo stesso che non indrizzare gli editti ad alcuno. Impercioche, come mai potevano i Popoli risolvere, e determinare da se stessi su di tal punto senza l'auorità di quel Supremo Governo, a cui avevano giurato ubbidienza, e fedeltà? Chi doveva convocarlo? Chi far la proposizione di ciò che doveva farsi, e risolversi in un caso di tanta importanza? Oltredichè, se alcuni Popoli si fossero assemblati per fare una tal risoluzione, erano sicuri di essere rovinati dagli altri Popoli, i quali in ciò averebbero agito colla legittima auorità del Supremo Governo, e de i respettivi Magistrati provinciali. Sarebbe poi una stravolta chimera l'idearli, che tutti, e singoli Popoli fossero per convenire nello stesso sentimento di cedere alla loro libertà, e di assemblarsi. Finalmente gli Editti, o supponevano l'esistenza dei legittimi Magistrati, e Supremo Governo, o no. Se la supponevano; e perchè non indirizzarli ai Magistrati e Supremo Governo? Se non la supponevano, e perchè furono in tutti gli anni antecedenti riconosciuti da i Francesi? Ma se gli editti ciò non supponevano, non poteva però ignorarli, che esistevano e il Supremo Governo, e i Magistrati, e che tutti, e singoli i Popoli di Corsica riconoscevano in quelli tutta l'autorità legittima, e suprema: e in conseguenza che anche per una Massima di coscienza non si sarebbero mai senza l'antorità [autorità], e permissione di quelli assemblati, né mai indotti a prendere alcuna risoluzione su dital punto. Dunque avendo con tuttociò indrizzati gli editti a i Populi di Corsica in generale, fu lo stesso che indrizzarli a nessuno. Considerandosi dunque negli editti la nostra Nazione spogliata d'ogni suprema, e legittima Potestà, che la governasse, deve dirsi che il vero fine, e l'unico scopo degli editti sol tanto si fu di spargere ne i Popoli una orribile confusione, e costernarli in modo, che non potessero dar luogo alla riflessione, ed al consiglio.
Ma se il desiderio di cui abbiamo parlato sinora non può giustificare l'invasione della nostra Patria, molto meno potrà giustificarla la perfidia di alcuni pochi nazionali, che si unirono all'armi nemiche per metterla in ischiavitù. E quando mai la perfidia ha coonestato le altrui imprese? E que tali pochi Nazionali non dovranno giudicarsi rei di perfidia, che fa orrore alla natura, opponendosi all'amor della Patria, che è innato all'uomo? Questo è certamente un mettere in iscompiglio l'armonia della ragione, e de' sentimenti del nostro cuore. Sono in verità quelle della Patria le prime idee, che ci s'imprimono dalla Natura: e la Patria è il primo oggetto, che si affaccia a i nostri sensi. Con ciò la Provvidenza concilia l'armonie fra gli uomini, l'induce al amar quelle terre in cui son nati. La posterità non potrà rammentar senza orrore i nomi de' que pochi nostri sventurati Nazionali, che han cooperato a ridurre questa nostra Patria all'ultima desolazione. E a chi non farà orrore il vedere, o leggere nella Storia desolata congl'incendi quella terra anche per opera di quelli, che vi nacquero, afflitti colli esili, colle carceri, coi patiboli quelle Faniglie fra le queli gli stessi vissero, e molti ancora, co' quali erano legati con i vincoli della Patria, della amicizia, della Parentela? Si consolino pure fra lamenti, e fra i singhiozzi, e fra le lagrime dei loro fratelli, co' quali assordano l'aria. Trionfino pure in veder la loro Patria senza Magistrati, senza Bandiere, senza Università di Studj, senza monetazione. Sebbene noi crediamo, che è laverato il loro cuore da i rimorsi del commesso Parricidio. L'orrore del delitto, per quanto si studino di dissimularlo, li accompagna per ogni dove, e in ogni momento: e pur troppo sentono i giusti rimproveri, che loro fa l'istessa natura. Intendono ancora ben essi d'essere riputati per inumani traditori dalli stessi Francesi; i quali posponendo al bene della loro Patria, e Monarca ogni privato vantaggio, non ponno non abborrire que pochi nostri Nazionali, che a essi loro si unirono per soggiogare la Corsica. E poi, potrà asserirsi che una sì orrenda perfidia giustifichi la nostra invasione? Oltre di che quanti mai sono questi snaturati Nazionali? Noi ci vergognamo a numerarli. Basta solo osservare, che tutti i Popoli fecero resistenza nell'ultima guerra all'armi di Francia, e che sol tanto cedessimo alla forza. Ed ora che siamo soggiogati, ogni piccolo, e più lontano soffio basta a risvegliare lo spirito della perduta libertà.
Ma per meglio giudicare, se il piccol numero di que pochi Nazionali basti, o no a giustificare l'invasione della nostra Patria, si finga, che dovendosi da una Nazione deliberare, se debba, o no difendersi anche col sangue contro una Potenza straniera la libertà della Patria, de i mille individui, che la compongono, duecento s'ostinino per la difesa, e ottocento si uniscono al Principe straniero per invaderla; domandiamo, se questo maggior numero ne giustifichi l'invasione, o anzi il piccol numero degli altri, avvalorato dalla giustizia della causa, (e qual causa più giusta v'è stata della nostra Guerra?) condanni quella invasione per ingiusta? Nel Tribunale infallibile della ragione, e della virtù sarà sempre approvato il secondo, e con eterno orrore condannato il primo. Or se non può la perfidia autorizzare un'impresa; se è perfidia togliere alla propria Patria la libertà, se finalmente è sì piccolo, come abbiam dimostrato, il numero di quei snaturati Nazionali, che cospirarono a soggiogarla, come mai per questo capo [caso?] potrà esserne giustificata l'invasione?
Ma ci si opporrà, di aver noi ora riconosciuta la nuova Dominazione, fino ad averne dato il solenne giuramento. Non crediamo però, che alcuno non si persuada, che questo motivo giustifichi l'invasione della nostra Patria. Imperocchè gli stessi Francesi sono persuasi, che la sola violenza c'indusse a piegar la testa al Vincitore: e che questa sola c'impedisce dal fare altri movimenti. Che poi questa violenza duri e che noi non rinoviamo una generale rivolta per solo motivo di una violenza che ci forza, e che è da noi insuperabile, si fa manifesto non tanto dalla multitudine, che passa il mare per vivere in Paesi stranieri, quanto da altri non pochi, i quali senza partirsi dalla Patria vivono coll'armi alla mano nelle selve piuttosto che riconoscere il nuovo Governo. Ora è cosa certa, che le azioni, fatte per violenze insuperabile,e per un timore, atto a costernare la costanza di un uomo, non hanno luogo tra quelle umane azioni, alle quali sole si deve il premio, e il castigo. Quindi sono di niun valore quelle azioni, che non si fanno con piena libertà: e perciò si giudicano nulli, e come non fatti i giuramenti, i patti, e le promesse. L'opporsi pertanto a questi principj sarebbe lo stesso che rovesciare tutto l'ordine della civile, e morale società. Ne qui abbiamo bisogno di dimostrare, che duri tuttavia contro di Noi una violenza insuperabile, sapendosi pur troppo, quanto in ogni genere eccede, alla nostra la forza del presente Governo, ed inoltre quanto sieno frequenti le stragi, che ci tocca vedere alla giornata per il più menomo, e alle volte anche falzo sospetto. Se dunque l'invazione della nostra Patria si appoggia alla nostra sommissione, e giuramento, siccome questi sono affatto nulli, così quella non potrà mai comparir giustificata all'età presente, e futura.
Si ricorrerà dunque alla Cessione del nostro Regno fatta alla Francia dalla Serenissima Repubblica di Genova, per giustificarne l'invasione. Ma questa cessione ha più del ridicolo, che del sodo. Chi non riderebbe se l'Imperatore della Cina cedesse i suoi diritti sopra l'Italia a qualche principe? Ciò sarebbe lo stesso che cedere ciò che non è suo, ma di altri. Quali diritti aveva la Repubblica di Genova sopra la nostra Patria, avendola noi da gran tempo spogliata di quelli con tutta la giustizia: imperocchè i diritti della Sovranità nascono dalla volontà di chi spontaneamente si soggetta, e cede tutte le sue forze e [a] colui che costituisce per suo Signore, acciò le impieghi per procurare la salute, e felicità del Popolo. Ne questi diritti si creano dia Dio dimodo che Lui li conferisca a chi vuole anche senza il consenso, e l'approvazione degli uomini, che si soggettano. E in vero questa creazione di Sovranità sarebbe un nuovo genere di produzioni, da ritrovarsi ne i corpi immaginari de i possidili [possibili] Favolosi. Ogni uomo nasce libero: e perciò nissuno può dalla natura vantare il dritto di comandare agli altri, se questi spontaneamente a lui non si soggettano. Anno quindi il dritto di ritornare alla primitiva libertà, se la comune salute, ed altre ragioni così richiedono, o con eleggersi altro Signore, o con signoreggiare a se stessi in forma di Repubblica. Or con quanta più ragione abbiamo noi tolti alla Repubblica di Genova i dritti di Sovranità sopra la nostra Patria? La nostra guerra contro di essa è giustissima:e le nostre ragioni sono state pubblicate cou [con] le stampe, e hanno meritato l'approvazione di tutto l'universo. E' superfluo di ripetere ciò, che in varj libri abbiamo con verità dimostrato fino all'evidenza. Quindi non può accordarsi la Sovranità della Repubblica su la nostra Patria colla giustizia della nostra Guerra contro la Repubblica stessa, La Repubblica dunque era goistamente decaduta dal dritto di Sovranità sopra di noi. Quali dritti dunque poteva cedere, se nessuni ne aveva? Noi ce li avevano ripigliati, e gli esercitavamo con tutti i contrasegni più positivi dell'indipendenza: con pronunziare, cioè, sentenze in ogni genere di cause anche di morte, con coniare monete, con dar Patenti, Passaporti, e Bandiere a i Capitani di Mare, con trattare e co' Ministri della Repubblica, e co i Supremi Uffiziali della Truppa di Francia per il cambio de i prigionieri. A tutto ciò aggiungasi, che le sentenze de' nostri Tribunali, le Patenti, i Passaporti, le Bandiere, e le monete si riconoscevano per legittime nelli Presidj occupati da' Francesi, e in tutti gli altri Tribunali, e Porti d'Europa. Chi dunque può neppur fingere, che la Repubblica di Genova possedesse alcun dritto sopra la nostra Patria? Come dunque cedere ciò che non aveva? Ci si dirà che possedeva i Presidj; Ma questo era un possesso assai languido, e diminuito; essendo notissimo, che le principali Città inviavano alle nostre generali Consulte i loro Rappresentanti, con dichiarare di essere uniti a tutto il Corpo della Nazione, e di non più riconoscere la Sovranità della Repubblica. Ma dato ancora, e non concesso, che i Genovesi possedessero i succennati Presidj, potevano dunque cedere alla Francia il dritto che avevano sopra di questi, ma non già far la cessione del nostro Regno, e de i dritti da' quali erano da gran tempo giustamente decaduti, e de' quali in nessun modo ne avevano l'esercizio. Finalmente fa orrore che i dritti di Sovranità, che un uomo ha sopra gli altri uomini si cedano ad altro Sovrano senza il loro libero, e spontaneo consenso; Imperocchè ciò sarebbe un riputare le Nazioni come una mandra di bruti, che si vendono a chi vuol comprarli. Gli uomini a differenza de' bruti sono dalla natura dotati di ragione,e di libertà; e perciò Iddio diede all'uomo l'impero sopra le bestie, e non già sopra gli altrin uomini, se loro stessi non consentono di soggettarli. La cessione dunque della nostra Patria è affatto nulla: e per conseguenza non può giustificarsene l'invasione. Questi sono i nostri sentimenti: tanto più veri quanto più semplicemente espressi, e senza alcuno ornamento di eloquenza, e d'ingegno.
IN TREVERI 1771, SUP. PER.