Sentenza Corte Costituzionale n. 424-1995
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Organo giudicante: Corte Costituzionale Deposito in Cancelleria: --
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Sentenza 424/1995
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente BALDASSARRE - Redattore
Udienza Pubblica del 11/07/1995 Decisione del 06/09/1995
Deposito del 12/09/1995 Pubblicazione in G. U. 20/09/1995
N. 424
SENTENZA 6-12 SETTEMBRE 1995
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE; Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 1, lettere b) e c), della legge 14 febbraio 1963, n. 60 (Liquidazione del patrimonio edilizio della Gestione INA-Casa e istituzione di un programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori), dell'art. 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l'edilizia residenziale), dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 27 aprile 1994 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Albori Riccardo ed altri e l'INPS ed altri, iscritta al n. 595 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1994;
Visti l'atto di costituzione di Schinella Domenico ed altri, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica dell'11 luglio 1995 il Giudice relatore Renato Granata;
Uditi l'avv. Bruno Miranda per Schinella Domenico ed altri, e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio promosso da Albori Riccardo ed altri lavoratori nei confronti dell'INPS, del Ministero del tesoro e del datore di lavoro dei ricorrenti stessi, i quali avevano chiesto accertarsi e dichiararsi l'insussistenza dell'obbligo di corresponsione dei contributi ex Gescal, ordinarsi al datore di lavoro di non operare le relative trattenute, condannarsi il Ministero del tesoro alla restituzione in favore di ciascun ricorrente delle ritenute ex Gescal operate sulle retribuzioni mensili nell'ultimo decennio l'adito pretore di Milano, con ordinanza del 27 aprile 1994, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 53 Costituzione - questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, primo comma, lettere b) e c), della legge 14 febbraio 1963, n. 60, 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e 1 della legge 23 dicembre 1992, n. 498.
Il giudice rimettente premette che il cit. art. 1 della legge n. 498 del 1992 - nel prorogare fino al 31 dicembre 1995 i contributi c.d. GESCAL introdotti con la legge n. 60 del 1963 - ha previsto l'utilizzazione di parte delle risorse (in misura non superiore a 250 miliardi) derivanti dai predetti contributi per la realizzazione di interventi di ricostruzione o riparazione di immobili ad uso abitativo distrutti o danneggiati dalle avversità atmosferiche di cui ai decreti n. 426 del 1992 e n. 471 del 1992.
Ciò comporta che i potenziali assegnatari delle abitazioni tramite gli Istituti autonomi per le case popolari (I.A.C.P.) ovvero i potenziali destinatari dei contributi per la ricostruzione o riparazione di immobili distrutti o danneggiati da eventi atmosferici sono anche i lavoratori autonomi, che non versano e non hanno mai versato i contributi ex Gescal. Si è quindi determinata - secondo il giudice rimettente, che richiama la precedente decisione di questa Corte in materia (sentenza n. 241 del 1989) - una situazione di disparità di trattamento in danno dei lavoratori dipendenti, sui quali grava l'obbligo del versamento dei contributi finalizzati ad interventi di ricostruzione o riparazione, di cui sono potenziali beneficiari anche i lavoratori autonomi.
Inoltre - ritiene ulteriormente il giudice rimettente - la normativa censurata viola anche l'art. 53 della Costituzione, in quanto - avendo la suddetta obbligazione contributiva assunto sostanzialmente natura tributaria una volta venuta meno la originaria causa del prelievo - difetterebbe il presupposto della capacità contributiva, non senza considerare che comunque un onere tributario non può essere posto a carico esclusivo di una sola categoria di persone.
2. - Si sono costituiti Schinella Domenico ed altri ed hanno chiesto - aderendo alle argomentazioni svolte dal giudice rimettente - che le norme censurate siano dichiarate incostituzionali.
3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata o comunque infondata.
In particolare da una parte l'Avvocatura osserva che a decorrere dal 1 gennaio 1988 è stata ripristinata l'originaria destinazione dei fondi GESCAL in favore dei soli lavoratori dipendenti. Analoga considerazione poi l'Avvocatura svolge con riferimento all'art. 1 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, che non è assimilabile al secondo comma dell'art. 22 della legge n. 67 del 1988 (dichiarato, in parte, incostituzionale dalla citata sentenza n. 241 del 1989). Mentre, infatti, quest'ultima norma aveva distratto una parte del gettito contributivo disponendone l'acquisizione alla indistinta entrata del bilancio dello Stato (a fronte, dunque, di esigenze finanziarie, e per finalità di carattere generale), l'art. 1 della legge n. 498 del 1992 si è limitato a devolvere un'assai modesta parte di quelle risorse alla realizzazione di interventi di ricostruzione o di riparazione d'immobili ad uso abitativo distrutti o danneggiati da determinate avversità atmosferiche. D'altra parte la ridottissima devoluzione del gettito anche a beneficio dei lavoratori autonomi, che abbiano visto danneggiate dai predetti eventi atmosferici le loro case di abitazione, non è vicenda assolutamente abnorme e significativamente incidente sul meccanismo contributivo suddetto.
Considerato in diritto
1. - È stata sollevata questione incidentale - in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione - degli artt. 10, primo comma, lettere b) e c), della legge 14 febbraio 1963, n. 60 (Liquidazione del patrimonio edilizio della Gestione INA-Casa e istituzione di un programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori), 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l'edilizia residenziale) e 1 della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica) nella parte in cui prevedono l'obbligo, da ultimo prorogato fino al 31 dicembre 1995, di pagare i contributi c.d. Gescal e quindi di operare le relative trattenute sulle retribuzioni mensili dei lavoratori subordinati, con conseguente formazione di una provvista che in generale può essere impiegata in favore di lavoratori autonomi ed in particolare può essere utilizzata, fino alla concorrenza di 250 miliardi, per la realizzazione di interventi di ricostruzione o di riparazione di immobili ad uso abitativo, a costoro appartenenti, distrutti o danneggiati dalle avversità atmosferiche di cui al decreto-legge del 4 dicembre 1992, n. 471 e al decreto-legge del 4 novembre 1992, n. 426.
In particolare si sospetta da parte del giudice rimettente la violazione del principio di eguaglianza in ragione della conseguente situazione di disparità in danno dei lavoratori dipendenti ed in favore dei lavoratori autonomi, atteso che sui primi grava l'obbligo del versamento dei contributi finalizzati a realizzazioni edilizie e ad interventi ripristinatori di cui sono potenziali beneficiari anche i lavoratori autonomi.
Sarebbe altresì violato - nella prospettazione del giudice rimettente - il principio della necessaria capacità contributiva anche perché l'obbligo contributivo in questione, avendo assunto natura sostanzialmente tributaria, non può essere posto a carico esclusivo di una sola categoria di soggetti.
2. - Va premesso - sia sotto il profilo della rilevanza dell'incidente di costituzionalità che dell'esatta identificazione del thema decidendum, necessariamente limitato a quello devoluto dall'ordinanza di rimessione - che in quest'ultima si ravvisano, da un lato, la denunzia dell'art. 35 della legge n. 457 del 1978 in quanto rivolto ad ampliare, a livello di fattispecie legale tipica, la platea dei soggetti beneficiari al di là della categoria dei lavoratori dipendenti, che pur rimane l'unica tenuta alla contribuzione, e, dall'altro, la denunzia dello storno di una parte, quantitativamente determinata, delle risorse per finalità diverse da quelle tipiche in favore dei lavoratori dipendenti - gli unici incisi dall'obbligo di contribuzione - previsto dall'art. 1, comma 10, della legge n. 498 del 1992, in tale storno rinnovandosi e perpetuandosi una ingiustificata discriminazione in danno di tali lavoratori.
Quindi la questione sollevata dal giudice rimettente si palesa senza dubbio alcuno pertinente alle domande proposte dagli attori nel giudizio a quo (accertamento della non debenza e condanna alla restituzione dei contributi già corrisposti) e pertanto sussiste il requisito della rilevanza.
3. - Il primo profilo di censura è ancorato alla tesi secondo cui oggi - a seguito del mutamento ed ampliamento degli scopi cui possono essere destinati i proventi della contribuzione - beneficiari potenziali della utilizzazione dei contributi stessi complessivamente considerati sono anche i lavoratori autonomi, e non più soltanto i lavoratori dipendenti nei confronti unicamente dei quali, per contro, avviene il prelievo.
Così prospettata la questione è infondata (con riferimento sia all'art. 3 della Costituzione che all'art. 53 della Costituzione), perché - come già rilevato dalla sentenza n. 241 del 1989 - "a decorrere dal 1 gennaio del 1988", in forza dell'art. 22 della legge n. 67 del 1988, "è stata ripristinata la originaria destinazione a favore .. dei soli lavoratori dipendenti". Né può essere condivisa l'argomentazione, espressa dalla difesa della parte privata, secondo cui il citato art. 22 sarebbe stato "sostituito" dall'art. 1 della legge n. 498 del 1992, che peraltro non avrebbe tenuto fermo il ripristino della originaria destinazione operato dalla prima disposizione; ed invero la legge n. 498 del 1992 - osserva la Corte - nel prorogare il regime normativo dei contributi Gescal lo ha recepito tal quale esso era presente nell'ordinamento al momento della sua entrata in vigore, comprensivo quindi - anche - della ripristinata (dall'art. 22 della legge n. 67 del 1988) destinazione dei contributi, in linea generale, alle finalità originarie relative alle esigenze abitative dei soli lavoratori dipendenti.
4. - Il secondo profilo di censura si appunta invece, come già si è messo in luce, contro la disposizione dettata con l'art. 1, comma 10, della legge n. 498 del 1992 che prevede lo storno dalle finalità proprie dei contributi Gescal - quali ripristinate in sede di fattispecie legale tipica in favore dei soli lavoratori dipendenti soggetti al prelievo - di una parte delle complessive risorse fino al limite di 250 miliardi di lire e la sua destinazione alla realizzazione di interventi di ricostruzione e di riparazione di immobili ad uso abitativo distrutti o danneggiati da determinate avversità atmosferiche.
Nell'ambito così precisato la censura è fondata, alla stregua delle considerazioni svolte dalla citata sentenza n. 241 del 1989 a fondamento della dichiarazione di illegittimità costituzionale di altra analoga disposizione - l'art. 22, comma 2, della legge n. 67 del 1988 - che riservava una determinata parte dei contributi "all'entrata del bilancio dello Stato". Invero, secondo quanto già precisato dalla Corte in quella occasione, le finalità del prelievo, a carico dei lavoratori dipendenti, riaffermate esplicitamente proprio dallo stesso art. 22, impongono che l'intero ammontare dei proventi venga destinato a soddisfare le esigenze abitative della categoria dei lavoratori assoggettati al prelievo stesso. Sicché l'ammissione - per contro - alla fruizione di una parte dei contributi di soggetti individuati soltanto in funzione della subita incidenza nel loro patrimonio immobiliare degli effetti distruttivi provocati da determinate calamità naturali, a prescindere quindi dalla qualità di lavoratori dipendenti, oltre che palesarsi irragionevole in sé, comporta anche violazione del principio di uguaglianza a causa della parificazione del trattamento di situazioni diverse. Da qui la illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 10, della legge n. 498 del 1992, per violazione dell'art. 3 della Costituzione limitatamente al secondo ed al terzo periodo, che prevedono il parziale utilizzo dei contributi Gescal per la diversa finalità di cui si è detto.
5. - Rimane assorbita la dedotta violazione dell'art. 53 della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 10, della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica) limitatamente al secondo periodo ("Le risorse derivanti dai predetti contributi, nonché quelle derivanti dai contributi versati negli anni precedenti e non ancora utilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere utilizzate, in misura complessivamente non superiore a lire 250 miliardi, per la realizzazione di interventi di ricostruzione o di riparazione di immobili ad uso abitativo distrutti o danneggiati dalle avversità atmosferiche di cui al decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 471, e al decreto-legge 4 novembre 1992, n. 426") ed al terzo periodo ("Entro trenta giorni dalla predetta data, il Ministro dei lavori pubblici stabilisce con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il Comitato per l'edilizia residenziale, le relative modalità di attuazione.");
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 10, primo comma, lettere b) e c), della legge 14 febbraio 1963, n. 60 (Liquidazione del patrimonio edilizio della Gestione INA-Casa e istituzione di un programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori) e 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457, (Norme per l'edilizia residenziale) sollevata, con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dal Pretore di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 settembre 1995.
Il Presidente: BALDASSARRE
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 12 settembre 1995.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA