Sentenza Consiglio di Stato 31 maggio 2008, n. 200802625
Questo testo è da formattare. |
Organo giudicante: Consiglio di Stato Deposito in Cancelleria: 31 maggio 2008 - 200802625
|
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. Reg.Dec. N. 2862-9257 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2862/2007 e sul ricorso per opposizione di terzo n. 9257/2007 proposti:
a) – quanto all’appello n. 2862/2007, dalla società R.T.I. - Reti Televisive Italiane - s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Giuseppe Rossi e presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Panama 12,
contro
la società Rete A s.p.a., in persona del legale rappresentante p. t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Federico Sorrentino, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, lungotevere delle Navi 30,
e nei confronti
del Ministero delle Comunicazioni, in persona del Ministro p. t., e dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del Presidente p. t., non costituitisi in giudizio, e della società Television Broadcasting System (TBS) s.p.a., in persona del legale rappresentante p. t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Carla Rizzo e Nicola Lafranceschina e presso la prima elettivamente domiciliata in Roma, via Anapo 20,
interveniente ad opponendum
nonché
delle società Toscana TV s.r.l., TVR Teleitalia s.r.l. e Teletruria 2000 s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., costituitesi in giudizio, rappresentate e difese dagli avv.ti Avilio Presutti e Felice Vaccaro, intervenienti ad adjuvandum
b) - quanto al ricorso per opposizione di terzo n. 9257/2007, dalla società Centro Europa 7 s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Pace e Ottavio Grandinetti presso i quali elettivamente domicilia in Roma, piazzale delle Muse 8,
contro
la società Rete A s.p.a., in persona del legale rappresentante p. t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Federico Sorrentino, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, lungotevere delle Navi 30,
e nei confronti
del Ministero delle Comunicazioni, in persona del Ministro p. t., e dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del Presidente p. t., non costituitisi in giudizio, e della società Television Broadcasting System (TBS) s.p.a., in persona del legale rappresentante p. t., costituitasi in giudizio, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata, interveniente ad opponendum
nonché
della società R.T.I. – Reti Televisive Italiane – s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, ut supra rappresentata, difesa e domiciliata,
interveniente ad opponendum
per la riforma
della sentenza del TAR del Lazio, Sezione III ter, n. 13415/2006; visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto il ricorso in opposizione con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio, nell’appello n. 2862/2007, della società Rete A, della società Television Broadcasting System (TBS) s.p.a., interveniente ad opponendum, delle società Toscana TV s.r.l., TVR Teleitalia s.r.l. e Teletruria 2000 s.r.l., intervenienti ad adjuvandum;
visti gli atti di costituzione in giudizio, nel ricorso in opposizione n. 9257/2007, della società Rete A, delle società Television Broadcasting System (TBS) s.p.a. ed R.T.I. s.p.a., intervenienti ad opponendum;
viste le memorie prodotte dalle parti, nei due giudizi, a sostegno delle rispettive difese; visti gli atti tutti delle cause; alla pubblica udienza del 6 maggio 2008 relatore il Consigliere Paolo Buonvino; uditi, per le parti, gli avv.ti Luigi Medugno, Federico Sorrentino, Alessandro Pace e Ottavio Grandinetti. Ritenuto in fatto e considerato in diritto, quanto segue: Ritenuto in fatto
1) - Con il ricorso di primo grado la società Rete A s.p.a. (di seguito: Rete A), titolare di autorizzazione in data 21 luglio 2004 per l’attività di radiodiffusione televisiva nazionale su frequenze terrestri in tecnica analogica a carattere commerciale, esercitabile con le stesse posizioni giuridiche ed obblighi dei concessionari televisivi privati in ambito nazionale, ha chiesto l’annullamento:
- della nota del D.G. della Direzione Generale Servizi di Comunicazione Elettronica e di Radiodiffusione in data 8 agosto 2005, prot. n. 12466;
- della nota del Direttore del Dipartimento Regolamentazione dell’A.G.COM. del 25 maggio 2005, prot. n. U/05450/05/NA. Ha premesso, il TAR, che la ricorrente lamentava che la sua disponibilità di frequenze (193 in totale) non le consentiva di garantire la copertura di tutta la popolazione nel territorio cui si riferiva l’autorizzazione; che la stessa, inoltre, aveva presentato all’A.G.COM, in ragione di ciò, in data 3 giugno 2005, istanza di assegnazione di ulteriori frequenze televisive, notificando la richiesta anche al Ministero e, in particolare, di avere chiesto l’assegnazione di frequenze disponibili nell’ambito del territorio nazionale e, in via prioritaria, relativamente alle regioni Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Sicilia (il riferimento a tali regioni si giustificava in considerazione del fatto che il Ministero aveva annunciato che la conversione all’all digital sarebbe avvenuto secondo piani regionali, iniziando proprio dalle predette regioni a statuto speciale). Con il gravato provvedimento dell’8 agosto 2005 il Ministero delle Comunicazioni rispondeva di non poter evadere l’istanza ai sensi dell’art. 3, comma 8, della legge n. 249/1997 in quanto, secondo l’art. 23, comma 3, della legge n. 112/2004, per la realizzazione delle reti digitali si prevedevano soltanto trasferimenti di impianti o di rami di azienda tra soggetti esercenti l’attività televisiva, a condizione che le acquisizioni operate fossero destinate alla diffusione in tecnica digitale; in altri termini, risultava ormai possibile soltanto l’acquisto delle frequenze. 2) - Il TAR ha respinto, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dall’interveniente ad opponendum società R.T.I. s.p.a. (nel prosieguo: RTI) per difetto di notifica di esso ad alcun controinteressato. Il rigetto dell’eccezione non escludeva, peraltro, per il TAR, l’ammissibilità dell’intervento di R.T.I. s.p.a. avendo, questa, un interesse indiretto, riflesso, o, quanto meno, di fatto, al mantenimento del diniego gravato e, dunque, alla reiezione del ricorso. Il TAR ha respinto, poi, anche il secondo profilo di inammissibilità connesso al carattere cumulativo del ricorso, che si sarebbe connotato, per di più, come cumulo di domande assoggettate a riti diversi (ordinario quello dell’impugnativa del provvedimento ministeriale, e speciale, ex art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, quello dell’impugnativa dell’atto dell’A.G.COM). Nel merito, i primi giudici hanno, poi, accolto il ricorso, avendo ritenuto che non risultava compatibile, con i principi costituzionali in materia di radiotelevisione (e, in particolare, con il principio pluralistico ritenuto dal giudice delle leggi il valore costituzionale più importante), oltre che con il riconoscimento dell’etere in termini di bene comune, la prospettazione, alla base del provvedimento gravato, secondo cui l’unica modalità attualmente prevista dall’ordinamento per l’ampliamento delle risorse frequenziali in uso per i singoli concessionari od autorizzati fosse quella prevista dall’art. 23, comma 3, della legge n. 112/2004 (il c.d. frequency trading), conseguentemente, precluso l’incremento della rete anche per le trasmissioni analogiche; che altrimenti, l’acquisto delle frequenze sarebbe stato consentito solo agli operatori con maggiori potenzialità economiche, determinandosi un vulnus ai principi di pluralismo e di eguaglianza ed anche, indirettamente, agli artt. 41 e 42 della Costituzione. Inoltre, ha rilevato, tra l’altro, il TAR, pur non sussistendo un diritto all’utilizzo del mezzo radiotelevisivo, pur tuttavia doveva essere garantito al soggetto che intendeva accedere a detto mezzo, secondo le modalità previste dall’ordinamento, una posizione di eguaglianza dei punti di partenza con gli altri concorrenti; ciò che trovava conferma nella considerazione secondo cui il sistema di trasmissione analogica era destinato ancora a durare per un numero variabile di anni, il che, già di per sé, non giustificava la “sterilizzazione” del principio pluralistico.
Aggiungevano, infine, i primi giudici che la pretesa all’assegnazione di nuove frequenze disponibili sembrava trovare ulteriore fondamento anche nel diritto comunitario e, più specificamente, sia nei principi generali (in particolare, per effetto del richiamo, operato dall’art. 6, II comma, del Trattato U.E., dell’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950), sia nelle norme del Trattato poste a garanzia della libertà di prestazione di servizi e la concorrenza, sia, inoltre, nella direttiva 7 marzo 2002, n. 2002/20/CE (c.d. direttiva autorizzazioni) e nella direttiva 7 marzo2002, n. 2002/21/CE (c.d. direttiva quadro). Rispetto alle disposizioni quivi contenute risultava di dubbia compatibilità sistemica l’interpretazione, fatta propria dal provvedimento gravato, dell’art. 23, comma 3, della legge n. 112/2004, nel senso che avrebbe precluso la possibilità di acquisire ulteriori frequenze in via amministrativa. 3) - La sentenza è appellata dalla RTI con appello n. 2862/2007, con il quale ne viene contestata la correttezza sia laddove ha ritenuto il ricorso ammissibile, sia laddove l’ha accolto nel merito. Resiste all’appello Rete A che ne eccepisce l’inammissibilità e ne deduce, a ogni buon conto, l’infondatezza nel merito. Svolgono intervento ad adjuvandum le società Toscana TV s.r.l., TV Teleitalia s.r.l. e Teletruria 2000 s.r.l.
Interviene ad opponendum, insistendo per la conferma della sentenza appellata, la società Television Broadcasting s.p.a.
4) – Avverso la stessa sentenza volge opposizione di terzo, con ricorso n. 9257/2007, la società Centro Europa 7 s.r.l. (di seguito: Centro Europa 7), che fa valere la sussistenza del proprio tutelato interesse all’accoglimento del gravame (nel caso in cui la sentenza dovesse essere ritenuta per la stessa deducente pregiudizievole con riguardo ad altri ricorsi pendenti dalla stessa Centro Europa 7 instaurati nei confronti di Rete A) ed insiste per l’accoglimento dello stesso e la riforma della sentenza impugnata. Resiste al ricorso Rete A, che ne eccepisce l’inammissibilità e insiste, comunque, per l’infondatezza nel merito. Si è costituita ad opponendum, nel presente giudizio in opposizione, anche la società Television Broadcasting s.p.a., insistendo per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza del ricorso stesso. Si è costituita per resistere anche RTI, che insiste per l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza nel merito del gravame. 5) – Con memorie conclusionali depositate in prossimità dell’udienza le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi. Considerato in diritto 1) - Con il ricorso di primo grado Rete A, titolare di autorizzazione in data 21 luglio 2004 per l’attività di radiodiffusione televisiva nazionale su frequenze terrestri in tecnica analogica a carattere commerciale, esercitabile con le stesse posizioni giuridiche ed obblighi dei concessionari televisivi privati in ambito nazionale, ha chiesto l’annullamento:
- della nota del D.G. della Direzione Generale Servizi di Comunicazione Elettronica e di Radiodiffusione in data 8 agosto 2005, prot. n. 12466;
- della nota del Direttore del Dipartimento Regolamentazione dell’A.G.COM. del 25 maggio 2005, prot. n. U/05450/05/NA. Il TAR ha accolto il ricorso dopo aver rigettato le eccezioni pregiudiziali sollevate da RTI. Avverso detta sentenza propone appello (n. 2862/2007) RTI, mentre propone ricorso per opposizione di terzo (n. 9257/2007) Centro Europa 7. I ricorsi ora detti vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Entrambi sono inammissibili. 2) - Quanto, in particolare, all’appello n. 2862/2007, va rilevato che il TAR ha ritenuto non essere configurabile RTI (al pari di ogni altra emittente) quale controinteressata necessaria in primo grado, ma solo portatrice di un interesse di fatto legittimante il suo intervento ad opponendum.
RTI contesta sul punto la sentenza, assumendo il carattere lesivo nei suoi confronti che l’accoglimento dell’originario ricorso sarebbe stato in grado di produrre; carattere lesivo confermato dal fatto che a pag. 12 del ricorso sarebbero state anche individuate talune frequenze in ambito sardo, utilizzate dalla stessa RTI, che, secondo la ricorrente in primo grado, avrebbero dovuto essere dismesse ed eventualmente ad essa assegnate; che discorso analogo valeva per altre frequenze, pure individuate, utilizzate da altre emittenti.
Sennonché, correttamente il TAR ha ritenuto che, poiché Rete A aveva chiesto l’assegnazione di frequenze disponibili, e dunque “adespote”, senza avanzare una specifica pretesa di attribuzione di frequenze già concesse ad altri specifici operatori, invocando, a tutto concedere, l’esercizio, da parte dell’Amministrazione, del potere discrezionale volto alla cessazione delle frequenze non indispensabili per l’illuminazione dell’area di servizio e del bacino (come, peraltro, espressamente previsto dalla legge), il provvedimento impugnato, frutto di un procedimento ad istanza di parte, nel rigettare la domanda di assegnazione di frequenze di Rete A, non conferiva, in effetti, alcuna utilità specifica ad alcun soggetto terzo e, quindi, neppure a RTI che, per l’effetto, risultava priva del requisito di ordine sostanziale identificante la figura processuale del controinteressato. Al riguardo, va rilevato che l’atto di diniego impugnato in primo grado non individuava, in effetti, alcun soggetto del diniego stesso direttamente beneficiario, limitandosi ad affermare che l’istanza di assegnazione di frequenze era da rigettare ai sensi dell’art. 3, comma 8, della legge n. 249/1997, in quanto, secondo l’art. 23, comma 3, della legge n. 112/2004, per la realizzazione delle reti digitali si prevedono soltanto trasferimenti di impianti o di rami di azienda tra soggetti che esercitano l’attività televisiva, a condizione che le acquisizioni operate siano destinate alla diffusione in tecnica digitale; e che, quindi, risultava ormai possibile soltanto l’acquisto delle frequenze.
Né può parlarsi di soggetti facilmente individuabili, dal momento che l’atto stesso non prendeva affatto in considerazione la posizione di altri soggetti, attuali detentori o comunque utilizzatori - per concessione, per effetto di decisioni dei giudici amministrativi ovvero per legge – di frequenze suscettive di assegnazione. Allora è da chiedersi se la presenza di controinteressati nella presente controversia non fosse riconducibile ai contenuti dell’originaria domanda e a quelli del ricorso avanti al TAR. Ebbene, per ciò che attiene all’istanza di assegnazione delle frequenze, va rilevato che, a pag. 2, Rete A segnalava che essa, in quanto operatrice nazionale (dotata di autorizzazione per l’attività di radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri in tecnica analogica a carattere commerciale, esercitabile con le stesse posizioni giuridiche ed obblighi dei concessionari televisivi privati in ambito nazionale giusta l’apposito titolo rilasciatole il 21 luglio 2004) aveva interesse ad ottenere ulteriori frequenze, reperibili tra quelle risultanti, allo stato, disponibili per effetto dell’estinzione di concessioni, ovvero liberate per qualunque motivo, ovvero non necessarie secondo il piano di assegnazione delle frequenze in tecnica analogica e/o digitale; ciò anche in considerazione del fatto:
- che la legge n. 249/1997 attribuisce all’Autorità il potere di disporre la cessazione dell’uso delle frequenze ritenute non indispensabili ai soggetti esercenti l’attività radiotelevisiva per l’illuminazione dell’area di servizio e del bacino; - che l’Autorità stessa è tenuta ad assegnare, anche in via provvisoria, le suddette frequenze ai concessionari aventi un grado di copertura della popolazione inferiore al 90% di quella residente nel territorio cui si riferisce la concessione; - che l’emittente richiedente versava nella situazione prevista dalla legge ai fini della richiesta assegnazione.
Nella parte finale, poi, la richiedente insisteva per l’assegnazione delle frequenze già disponibili o che l’amministrazione avrebbe eventualmente provveduto a rendere tali, sussistendo a tal fine, in suo favore, i requisiti di legge. Nei termini e limiti che precedono, quindi, la domanda non era volta alla sottrazione di frequenze in danno di specifici operatori che ne disponevano, ma solo a sollecitare un’attività amministrativa i cui effetti e i cui possibili destinatari (ammesso che ve ne potessero essere) erano tutti ancora da definire in base a ordinarie procedure da condursi secundum legem.
Né rileva che nella domanda stessa sia indicato che taluni protocolli d’intesa tra amministrazione e RTI avrebbero assicurato a quest’ultima, in talune regioni a statuto speciale, la transizione al sistema digitale, mentre analoga possibilità non era stata offerta ad altri operatori privati e, tra questi, a Rete A; ciò in quanto a tale affermazione non si accompagnava né la richiesta di subentrare nella relative frequenze in luogo di RTI, né venivano fatti oggetto di specifica contestazione, ai fini della loro modificazione o rimozione, i protocolli stessi, la vicenda relativa ai quali appare riportata quale dato storico volto solo a segnalare il deteriore trattamento riservato agli operatori privati diversi da RTI, senza, però, volere, per tale via, chiedere il ridimensionamento delle posizioni di asserito favore di cui la stessa RTI avrebbe fruito, ma solo di conseguire le frequenze eventualmente disponibili o che l’amministrazione avesse reso tali conformandosi alla disciplina normativa di settore.
Non essendo contenuto, quindi, nella detta richiesta, alcun invito all’amministrazione a liberare specifiche frequenze di altri operatori, ma solo ad attivarsi per reperire, nel rispetto della legge, un sufficiente numero di frequenze onde assegnarle ad un operatore carente di idonee frequenze quale era Rete A, è da escludere che la richiesta stessa, in se considerata, fosse in grado di produrre, se accolta, un necessario pregiudizio in danno di RTI, la domanda stessa non individuando affatto le specifiche frequenze cui la richiedente avrebbe ambito. Pertanto, il danno paventato da RTI appare meramente eventuale, futuro e incerto e non tale da concretizzare in capo ad essa una posizione di controinteressata necessaria in sede di impugnativa del provvedimento reiettivo della domanda stessa; in altre parole, l’intendimento perseguito dall’odierna appellante appare essenzialmente quello del quieta non movere, votato, quindi, a perseguire un mero interesse di fatto, di generica tutela concorrenziale, in assenza dell’adozione, da parte della P.A., di provvedimenti concretamente lesivi della sua sfera giuridica; il semplice metus di adozione di futuri provvedimenti lesivi non può, invero, costituire, in capo all’odierna appellante (né degli altri imprenditori operanti nel campo della diffusione televisiva), una posizione di controinteresse atta a legittimarla alla proposizione dell’appello.
È anche vero che la legittimazione all'appello va individuata in base al criterio della soccombenza, ossia in capo alle parti che subiscono un effetto giuridico sfavorevole dalla sentenza di primo grado; sicché, nel caso di una pronuncia d'accoglimento del ricorso di primo grado e di annullamento dell'atto impugnato, detta legittimazione spetta non solo all’amministrazione emanante, ma anche a chi è portatore di una posizione sostanziale differenziata, diretta a sostenere l'atto annullato, anche in assenza dei presupposti per qualificare tale parte come controinteressato (Cons. Stato, V, n. 1764/2000; n. 456/1997); sennonché, nella specie, l'annullamento dell'atto impugnato in primo grado non è idoneo, neanche potenzialmente, a pregiudicare la posizione di RTI, in quanto la domanda avanzata da Rete A era diretta a consentire l'attribuzione, da parte dell'amministrazione, delle c.d. frequenze adespote, senza riferimento alcuno alla specifica posizione di RTI o di altre emittenti. Al contempo, il provvedimento impugnato affermava che per la realizzazione delle reti digitali si prevedevano soltanto trasferimenti di impianti o di rami di azienda tra soggetti esercenti l’attività televisiva, a condizione che le acquisizioni operate fossero destinate alla diffusione in tecnica digitale e che, in altri termini, risultava ormai possibile soltanto l’acquisto delle frequenze; ma anche per questa parte l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado non investe la sfera giuridica dell’odierna appellante, per la quale il mantenimento di altre forme di acquisizione delle frequenze non appare produttivo di alcuna lesione. Né a conclusioni differenti può pervenirsi se si prendono in esame i puntuali contenuti del ricorso di primo grado. È vero che in questo, a pag. 12, come rilevato dall’appellante, si afferma che il Ministero, nel rinviare l’istanza di Rete A alla fase di attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, non avrebbe considerato nemmeno che, a partire dal 31 gennaio 2006, nelle regioni a statuto speciale il patrimonio frequenziale disponibile (a seguito dello switch-off che avrebbe dovuto interessare a breve, prima delle altre, proprio tali regioni e tra esse, in particolare, la Sardegna) si sarebbe accresciuto a seguito delle restituzione delle risorse attualmente in capo ai maggiori operatori (frequenze che venivano, in parte, indicate e comprendenti anche, nella Regione Sardegna, tra analogici e digitali, dodici canali Mediaset e, quindi, facenti capo a RTI); non di meno, si tratta di un’indicazione meramente esemplificativa, volta solo a dare atto dell’esistenza del problema e, cioè, della presenza, in determinati ambiti territoriali, di frequenze libere (o eventualmente destinate a liberarsi in caso di abbandono da parte dell’utilizzatore o, comunque, di rientro nella disponibilità della P.A.) ed a sollecitare l’amministrazione ad attivarsi ai fini della sua risoluzione e non a richiedere espressamente la messa a disposizione dell’interessata delle frequenze stesse, previa loro specifica sottrazione ad RTI. Solo nel momento in cui l’amministrazione, nell’attivarsi e nell’individuare, quindi, concretamente le frequenze disponibili, vada ad individuare specifiche frequenze in capo a RTI o da essa, comunque, utilizzate, destinate ad esserle sottratte e redistribuite a favore di altre emittenti (conformemente anche ai principi e alle direttive comunitarie che regolano la materia, giusta quanto emerge, tra l’altro, dalla sentenza della Corte di giustizia del Lussemburgo del 31 gennaio 2008 in causa pregiudiziale C-380/05, su questione rimessale da questa stessa Sezione con decisione n. 3846/2005 resa in sede di appello n. 10395/2004), potrebbe venire a radicarsi in capo a detta concessionaria, l’interesse concreto e tutelato (e solo in quel momento dotato del requisito dell’attualità) a reagire avverso i relativi provvedimenti riduttivi del plafond di frequenze in precedenza da essa utilizzate (e risulta, del resto, che RTI abbia impugnato, successivamente, il bando con il quale il Ministero ha messo a concorso talune frequenze resesi disponibili). Per tali motivi deve escludersi, in definitiva, che RTI sia titolare di una posizione di interesse qualificato che la legittimi a proporre il presente gravame, donde l’inammissibilità dell’appello n. 9257/2007. 3) – Parimenti inammissibile va dichiarato, poi, il ricorso in opposizione avanzato da Centro Europa 7. Detta emittente, invero, precisa, a pag. 6 del proprio ricorso, che le impugnazioni da essa svolte, a suo tempo, avverso il provvedimento di autorizzazione del 2004 a favore di Rete A ed il successivo provvedimento del 2005, sempre in suo favore, che ne legittimava il prolungamento di efficacia, non avrebbero potuto subire pregiudizio dalla sentenza oggetto di gravame, in quanto atti impugnati dalla stessa Centro Europa 7 con ricorsi tuttora pendenti innanzi al TAR; subito dopo, peraltro, la medesima società segnala che, “per doverosa cautela”, intende proporre ricorso in opposizione, “per le non creduta e remota ipotesi” che la sentenza stessa “dovesse essere ritenuta incompatibile con la propria situazione giuridica e/o i propri interessi legittimi azionati nei giudizi sopra richiamati”. Di seguito la ricorrente svolge le proprie censure nei riguardi della gravata sentenza, sostenendo, in primo luogo, che l’autorizzazione fatta valere da Rete A ai fini dell’assegnazione di nuove frequenze sarebbe illegittima e la sua illegittimità travolgerebbe anche la controversia radicata innanzi al TAR e ora in esame, privando la stessa originaria ricorrente della necessaria legittimazione a ricorrere; in via di subordine, assume che il titolo autorizzatorio fatto valere dalla stessa Rete A non legittimerebbe il rilascio di frequenze, non potendo essere confuso con i titoli concessori che, in via esclusiva, legittimerebbero, ai sensi della legge n. 249 del 1997, l’assegnazione delle stesse. Ora, come è noto, la legittimazione a proporre l’opposizione di terzo nei confronti di una sentenza del giudice amministrativo resa tra altri soggetti va riconosciuta ai controinteressati pretermessi tout court; ai controinteressati pretermessi perché sopravvenuti (è il caso dei beneficiari di un atto consequenziale, quando una sentenza abbia annullato un provvedimento presupposto all'esito di un giudizio cui siano rimasti estranei); ai controinteressati non facilmente identificabili; più in generale, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione (cfr., per tutte, A.P. 10 gennaio 2007, n. 2). Sennonché, nel caso in esame, la ricorrente in opposizione svolge un ricorso del tutto condizionato affidato semplicemente al timore che la decisione gravata possa produrre un vulnus nella propria posizione giuridica e processuale; sennonché, la stessa deducente non è in grado di segnalare quale concreta lesione la sentenza possa avere prodotto o possa produrre nella sua sfera di interessi. Perciò non solo essa – alla pari di RTI - non può essere riguardata alla stregua di un contraddittore necessario nel ricorso di primo grado, ma neppure ha dimostrato, in qualche misura, di versare in una situazione giuridica autonoma, incompatibile rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa; solo nell’ipotesi in cui dovesse concretizzarsi, in prospettiva, il metus qui solo ipotizzato e alla decisione oggetto del presente gravame dovessero ricollegarsi pregiudizi immediatamente interferenti con la sfera giuridica dell’interessata, la questione potrebbe essere, astrattamente, riconsiderata, se e in quanto sia possibile configurare un’ipotesi di controinteressato pretermesso perché tale divenuto solo in un momento successivo (e, quindi, una sorta di controinteressato o, comunque, di “legittimando” in pectore). E, si aggiunga, le censure in concreto formulate sotto nessun profilo sono volte a contestare i contenuti – pregiudiziali e di merito – della sentenza oggetto di opposizione di terzo, ma valgono solo, tendenzialmente, a delegittimare la proponibilità dell’originario ricorso per difetto di una valida posizione legittimante in capo alla ricorrente; sennonché, l’illegittimità del provvedimento autorizzatorio del 2004 è oggetto di separato giudizio (già in fase d’appello con il ricorso n. 9258/2007) ed è in quella sede e solo in quella sede che va definito mentre, in questo giudizio, la relativa questione non può essere fatta valere autonomamente per manifesta tardività (detto provvedimento autorizzatorio, infatti, è stato impugnato, dalla stessa odierna ricorrente, nel 2005) e per il divieto del bis in idem. E analoghe considerazioni valgono anche con riguardo alle censure svolte in via di subordine, dal momento che la questione relativa al fatto che il titolo autorizzatorio fatto valere dalla stessa Rete A non legittimerebbe il rilascio di frequenze, non potendo essere confuso con i titoli concessori che, in via esclusiva, legittimerebbero, ai sensi della legge n. 249 del 1997, l’assegnazione delle stesse, è pure questione oggetto del giudizio anzidetto. Si noti, infine, che in pari data il predetto appello n. 9258/2007 è stato definito in termini non favorevoli all’odierna opponente sotto entrambi i profili dedotti in questa sede, con la conseguenza che il ricorso dalla stessa proposto in opposizione sarebbe, comunque, infondato anche nel merito.
4) – Per completezza può anche osservarsi, infine, che la declaratoria di inammissibilità ora detta lascia ferma la pronuncia del TAR di inammissibilità del ricorso di primo grado nella parte in cui investiva la nota del Direttore del Dipartimento Regolamentazione dell’A.G.COM. del 25 maggio 2005, prot. n. U/05450/05/NA e di ammissibilità dello stesso originario ricorso sebbene teso ad investire provvedimenti (del Ministero e dell’A.G.Com.) la cui impugnativa soggiace a differente regime processuale; con la conseguenza che – non essendo stato svolto appello incidentale, da parte di Rete A, avverso detta parziale declaratoria di inammissibilità - la decisione sul presente appello, involgendo, in effetti, solo la tematica relativa all’annullamento del provvedimento ministeriale, deve ritenersi regolata dal rito ordinario e non da quello di cui all’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971.
5) - Per i motivi che precedono sia il ricorso in appello, n. 2862/2007, sia quello in opposizione di terzo, n. 9257/2007, vanno dichiarati inammissibili. Le spese del grado relative al ricorso in appello (n. 2862/2007) e quelle relative al ricorso per opposizione di terzo (n. 9257/2007) possono essere integralmente compensate tra le parti in considerazione della complessità del giudizio.
P. Q. M
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta:
a) – riunisce il ricorso in appello n. 2862/2007 e il ricorso per opposizione di terzo n. 9257/2007;
b) - dichiara inammissibili entrambi i ricorsi;
c) - compensa tra le parti le spese di entrambi i giudizi. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 maggio 2008 con l’intervento dei sigg.ri:
GIOVANNI RUOPPOLO - Presidente
PAOLO BUONVINO - Consigliere est. DOMENICO CAFINI - Consigliere ROBERTO CHIEPPA - Consigliere MANFREDO ATZENI - Consigliere
Presidente Giovanni Ruoppolo Consigliere per il Segretario Paolo Buonvino Maria Rita Oliva
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il....31/5/2008...
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria