Sentenza Consiglio di Stato 17 gennaio 2019, n. 823
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Organo giudicante: Consiglio di Stato
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Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4390 del 2018, proposto da Rampinini Ernesto s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Lavatelli, Vincenzo Latorraca, Gianfrancesco Fidone ed Alberto Linguiti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Mazzini, 55; contro
Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Lucia Tamborino, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora, 16; nei confronti
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, nonché Provincia di Como, in persona del Presidente pro tempore, non costituiti in giudizio; per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 00508/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Latorraca e Quici, in dichiarata delega di Tamborino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo della Lombardia la società Rampinini Ernesto s.r.l. impugnava il regolamento regionale della Lombardia n. 6 del 2014, unitamente al suo atto applicativo costituito dal diniego alla richiesta deroga, nella parte in cui predetermina ed impone la vetustà del parco automezzi alle aziende – della sola Lombardia – esercenti l’attività di noleggio autobus con conducente, nonché nella parte in cui concede, transitoriamente, un tempo determinato per il rinnovamento degli autobus con anzianità di immatricolazione superiore, dopo l’intervenuta modifica, a 17 anni (in precedenza 15 anni).
Il predetto regolamento, in particolare, recante “Disciplina dei servizi di noleggio di autobus con conducente”, all’art. 1, nel definire l’oggetto e le finalità della norma, precisa che lo stesso è emanato “in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 3, c. 2, lett. i) e di cui all’art. 24, c. 1 della legge regionale 4 aprile 2012, n. 6, nonché dell’art. 1, c. 85, lett. b) e c. 87 della legge 7 aprile 2014, n. 56” per disciplinare “in conformità all’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il rilascio, da parte delle Province, dell’autorizzazione all’attività di noleggio di autobus con conducente di cui all’art. 5 della legge 11 agosto 2003, n. 218” e per definire: “[…] i requisiti, le procedure e le modalità per l’esercizio sul territorio regionale delle attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente”.
Ad avviso del ricorrente il suddetto regolamento, travalicando la normativa statuale e quella europea, nella parte relativa alla gestione del parco automezzi, inciderebbe ingiustamente sulla longevità degli autobus predeterminandone, allo scadere del termine, l’automatica obsolescenza.
Il che si tradurrebbe in una violazione dei diritti fondamentali di libera iniziativa economica e del principio di tutela della concorrenza.
Ciò in quanto, con la sua entrata in vigore, è stato imposto alle imprese che svolgono attività di noleggio autobus con conducente – tra cui la ricorrente ed odierna appellante – il possesso, tra gli altri, dei seguenti requisiti (art. 3, lett. b): “disponibilità di un parco autobus adibito ad uso noleggio con caratteristiche tecniche tali da garantire il contenimento delle emissioni dei gas di scarico nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia, e con anzianità massima non superiore a quindici anni rispetto alla prima immatricolazione per le imprese aventi in dotazione un parco autobus pari o superiore a due unità; i nuovi mezzi immatricolati non possono comunque avere un'età superiore a cinque anni […]”.
La società ricorrente dichiarava di possedere tutti i requisiti richiesti dal regolamento per l'esercizio del servizio, ma di disporre di alcuni autobus che, all’effettiva entrata in vigore della disposizione, non avrebbero più potuto essere impiegati, nonostante il positivo superamento della revisione prevista dalle vigenti norme statali.
In particolare, il legislatore regionale aveva inizialmente previsto, all’art. 11, comma 6 del predetto regolamento, un termine di 2 anni, dall’entrata in vigore dello stesso (il 21 febbraio 2015) per l’ammodernamento del parco autobus già immatricolato.
Nelle more del giudizio, la Regione peraltro adottava il regolamento n. 1 del 2017, prorogando di ulteriori due anni l’entrata in vigore dei limiti imposti per la circolazione degli autobus ed altresì prolungando di ulteriori due anni il limite di vetustà dei mezzi.
Tale misura, però, per la ricorrente non poteva dirsi risolutiva, non eliminando – in particolare – le gravi violazioni già individuate dalla Corte Costituzionale in riferimento ad un analogo provvedimento legislativo della Regione Piemonte.
Costituitasi in giudizio, la Regione Lombardia eccepiva l’infondatezza del gravame, chiedendone la reiezione.
Con successiva memoria, inoltre, deduceva la carenza di interesse al ricorso, in conseguenza dell’intervenuta modifica del regolamento impugnato, tanto più che detta modifica non era stata gravata con ricorso per motivi aggiunti.
Con sentenza 22 febbraio 2018, n. 508, il giudice adito dichiarava l’improcedibilità del ricorso, per essere nelle more intervenute delle sostanziali modifiche del regolamento, suscettibili di determinarne l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, “atteso che incidono sugli elementi del regolamento e della nota applicativa su cui si fonda l’impianto del ricorso”.
Avverso tale pronuncia la società Rampinini Ernesto s.r.l. interponeva appello, articolato nei seguenti motivi di impugnazione:
1. Violazione degli artt. 34 c.p.a. e 99 e 112 c.p.c. Violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia e violazione della domanda.
2. Omessa pronuncia, omessa motivazione ed omessa valutazione dei motivi di ricorso in riferimento alla violazione dei principi di concorrenza, al diritto di libera iniziativa economica, alla disciplina europea e nazionale.
3. Ancora omessa valutazione in ordine alla violazione del principio di concorrenza e di libera iniziativa economica (con riferimento a Corte Costituzionale n. 30/2016 e successivamente Tar Piemonte, ordinanza di rimessione alla Corte, n. 54/2018).
4. Omessa valutazione circa l’illegittimità del regolamento regionale n. 6/2014 per violazione manifesta del principio di proporzionalità ed adeguatezza. Violazione dell’art. 5 del TUE. Illogicità.
5. Omessa pronuncia sulla domanda di nullità per incompetenza assoluta e straripamento di potere.
Costituitasi in giudizio, la Regione Lombardia deduceva l’infondatezza dell’appello, chiedendo che fosse respinto.
Con ordinanza 6 luglio 2018, n. 3119, la V Sezione del Consiglio di Stato accoglieva l’istanza cautelare formulata dall’appellante, sul presupposto dell’evidenza del periculum in mora.
Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le proprie rispettive tesi difensive ed all’udienza del 17 gennaio 2019, dopo la rituale discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Ad un complessivo esame delle risultanze di causa, il Collegio ritiene opportuno, per ragioni di priorità logica, esaminare innanzitutto il secondo motivo di appello, attinente al merito della controversia, con il quale viene denunciata la violazione, ad opera del regolamento regionale impugnato, dei principi di concorrenza e di libera iniziativa economica, di competenza statale.
Deduce l’appellante che non solo l’impugnato regolamento n. 6 del 2014 risulterebbe illegittimo, ma pure il regolamento n. 1 del 2017, adottato sempre dalla Regione Lombardia nelle more del giudizio di primo grado, incidendo in modo parziale sui criteri di vetustà (portati da 15 a 17 anni) e sui termini per la sostituzione degli autobus più risalenti, non avrebbe comunque determinato il venir meno dell’interesse al ricorso, non avendo in alcun modo eliminato la violazione dei principi sopra enunciati.
Invero, l’esercizio dell’attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente trova regolamentazione, a livello nazionale, nella legge 11 agosto 2003, n. 218 nonché, a livello eurounitario, nel Regolamento CE n. 1071/2009.
La normativa nazionale, all’art. 1, comma 4, precisa che “Scopo della presente legge, nei limiti di cui al comma 1, è garantire in particolare: a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di accesso delle imprese al mercato, nonché il libero esercizio dell'attività in riferimento alla libera circolazione delle persone; b) la sicurezza dei viaggiatori trasportati, l'omogeneità dei requisiti professionali, la tutela delle condizioni di lavoro”.
Il successivo art. 4, sempre nell’ottica della tutela dei principi concorrenziali, dispone che “Al fine di […] di assicurare condizioni omogenee per l'inserimento sul mercato delle imprese nazionali e di quelle comunitarie, spetta alle regioni adottare propri atti legislativi o regolamentari che siano rispondenti ai criteri di tutela della libertà di concorrenza di cui alla presente legge”.
La stessa disposizione individua poi anche i limiti entro i quali la Regione è chiamata ad operare: “In particolare, spetta alle regioni l'adozione di atti legislativi o regolamentari volti: a) a stabilire le modalità per il rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 5; b) a fissare le modalità e le procedure per l'accertamento periodico della permanenza dei requisiti previsti dalle norme comunitarie e nazionali per lo svolgimento dell'attività di trasporto di viaggiatori su strada […]”.
Infine, l’art. 5, comma 3 precisa che “l’autorizzazione non è soggetta a limiti territoriali”.
Alla luce di tali premesse, conclude l’appellante, risulterebbe evidente l’illegittimità dell’impugnato regolamento n. 6 del 2014, con il quale, all’art. 3, sono stati previsti irragionevoli e discriminatori limiti per l’accesso e per la continuazione dell’attività di noleggio autobus con conducente, rimasti sostanzialmente invariati anche con l’adozione del regolamento n. 1 del 2017.
Tali criteri, invero, anche a seguito della detta “correzione” continuano a violare i termini della delega operata dalla normativa nazionale, la quale ha demandato al legislatore regionale esclusivamente il compito di definire le “modalità” delle prestazioni, nel rispetto della libertà di concorrenza; inoltre, i criteri fissati dalla disposizione regolamentare restringono notevolmente la libertà di esercizio dell’attività di noleggio bus con conducente, conseguentemente comportando, in ragione del rigido e non contestualizzato automatismo di tali previsioni, una violazione del principio della libera iniziativa economica e di concorrenza.
Il motivo è fondato.
Ritiene il Collegio che alla vicenda controversa debbano applicarsi i principi enunciati, da ultimo, da Corte Cost. 11 gennaio 2019, n. 5, che di seguito si riportano, per quanto di pertinenza.
Il trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autoveicolo con conducente costituisce un «autoservizi[o] pubblic[o] non di linea», ai sensi dell’art. 1 della richiamata legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea). Prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, esso rientrava nella competenza regionale concorrente in materia di “tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale”, che comprendeva “i servizi pubblici di trasporto di persone e merci” (art. 84 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, recante “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382”).
Gli artt. 4 e 5 della legge n. 21 del 1992, che indicavano gli oggetti delle competenze regionali e comunali, non comprendevano i requisiti di sicurezza dei veicoli.
Questi ultimi rientravano infatti nella competenza esclusiva statale, come confermato dalla stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 135 del 1997, secondo cui le “attribuzioni dello Stato, delle regioni e delle province autonome, nella materia delle linee automobilistiche di interesse regionale, come definite, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, in particolare dall’art. 3 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5 e dagli artt. 84 e 85 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, si ripartiscono secondo criteri funzionali basati precipuamente sul livello e sul tipo degli interessi da tutelare”, essendo riservata alla competenza di organi dello Stato,“secondo la giurisprudenza della Corte (sentenze n. 2 del 1993 e n. 58 del 1976), la sicurezza degli impianti, dei veicoli e dei natanti, essendo connessa alla protezione dell’interesse generale dell’incolumità dei cittadini, che esige uniformità di parametri di valutazione per tutto il territorio nazionale, mentre alle regioni spettano le competenze, che si riferiscono alla regolarità e alle diverse modalità di svolgimento delle tramvie e delle linee automobilistiche, cioè sostanzialmente alla gestione del servizio, in quanto si tratta di profili tipicamente inerenti al rapporto tra concedente e concessionario”.
La disciplina diretta a garantire la sicurezza della circolazione, in relazione alle caratteristiche dei veicoli, è contenuta nel d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e nelle disposizioni di esso attuative.
Il codice della strada dispone, all’art. 1, che la sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato; regolamenta inoltre le “caratteristiche costruttive e funzionali” dei veicoli a motore (“che interessano sia i vari aspetti della sicurezza della circolazione sia la protezione dell’ambiente da ogni tipo di inquinamento”), ai fini dell’omologazione iniziale (artt. 71, 75, 76 e 77), sia i requisiti e i controlli volti a garantire l’efficienza dei veicoli in circolazione (artt. 79 e 80). In particolare, l’art. 80 prevede per gli autobus la revisione annuale (comma 4), da effettuarsi presso l’ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri.
A sua volta, la normativa di attuazione del codice (d.P.R. 16 dicembre 19”92, n. 495, recante il “Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada”) detta le prescrizioni tecniche riguardanti sia l’efficienza “originaria” dei veicoli (artt. 227 e 228) sia quella “successiva” dei veicoli in circolazione, ai fini della revisione (artt. 237 e 238).
I controlli tecnici periodici dei veicoli a motore sono poi stati disciplinati in modo dettagliato dalla direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014 (relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE), nonché e dal d.m. 19 maggio 2017 (“Recepimento della direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE”), che la recepisce.
La Corte Costituzionale ribadisce quindi la competenza esclusiva statale sulla disciplina tecnica e sulla materia della sicurezza della circolazione e dei trasporti, che viene infatti confermata dagli artt. 98 (in materia di viabilità) e 104 (in materia di trasporti) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”) e, in relazione al trasporto pubblico locale, dall’art. 4, comma 1, lett. b), del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 (“Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”).
Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, mentre la materia del servizio pubblico di trasporto, di linea e non di linea, è transitata nell’ambito della competenza regionale residuale (ex multis, Corte Cost. nn. 78 e 137 del 2018; n. 30 del 2016), la materia della sicurezza della circolazione e dei veicoli è rimasta di competenza esclusiva statale (Corte Cost. nn. 77 del 2013, n. 223 del 2010 e n. 428 del 2004). Per quel che riguarda, più nello specifico, la revisione dei veicoli, la sua disciplina “si innesta nelle materie della sicurezza e dell’ambiente” (Corte Cost. n. 77 del 2013).
La normativa statale dedicata al noleggio di autobus con conducente, adottata con la citata legge n.
218 del 2003, è peraltro rivolta anche a tutelare la concorrenza nell’attività di NCC (art. 1, commi 1 e 2), al dichiarato scopo di garantire, in particolare, “la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di accesso delle imprese al mercato, nonché il libero esercizio dell’attività in riferimento alla libera circolazione delle persone”, oltre che “la sicurezza dei viaggiatori trasportati, l’omogeneità dei requisiti professionali, la tutela delle condizioni di lavoro” (art. 1, comma 4).
In questi termini, evidenzia la Corte, l’art. 3 della medesima legge prevede una competenza ministeriale in materia di misura delle sanzioni pecuniarie e sospensione e revoca dell’autorizzazione, “al fine di garantire condizioni omogenee di mercato per le imprese operanti nel settore e di evitare possibili distorsioni della concorrenza su base territoriale”.
L’art. 4, comma primo, dedicato agli «Adempimenti delle regioni», richiede che gli atti normativi regionali in materia di NCC “siano rispondenti ai criteri di tutela della libertà di concorrenza di cui alla presente legge”.
Quanto alla sicurezza, la legge n. 218 del 2003 si occupa dei requisiti soggettivi per lo svolgimento dell’attività, dell’autorizzazione richiesta, dei controlli, delle sanzioni, mentre in relazione ai requisiti “oggettivi” dei veicoli l’art. 2 si limita a prescrivere che le imprese esercenti servizi di noleggio di autobus con conducente utilizzino “autobus rispondenti alle caratteristiche tecniche di esercizio, dei quali hanno la disponibilità” (comma 1), rinviando implicitamente al complesso della normativa statale in materia di requisiti tecnici dei veicoli.
Deve quindi concludersi che la legge n. 218 del 2003 costituisce esercizio delle competenze esclusive statali in materia di tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lett. “e” Cost.) e di sicurezza (art. 117, secondo comma, lett. “h” Cost.), conciliando gli interessi, potenzialmente contrapposti, al libero esercizio dell’attività di NCC ed alla sicurezza del trasporto.
La sintesi fra questi interessi viene definita in una disciplina uniforme in materia di sicurezza, finalizzata a garantire condizioni omogenee di mercato e l’assenza di distorsioni della concorrenza su base territoriale. Una disciplina che dunque non può essere incisa dal legislatore regionale, privo, sul punto, di competenza.
La disciplina statale, che prescrive espressamente alle regioni di adottare atti normativi “rispondenti ai criteri di tutela della libertà di concorrenza di cui alla presente legge” (art. 4, comma 1, l. n. 218 del 2003), condiziona la competenza legislativa residuale regionale in materia di servizio pubblico di trasporto (nel caso di specie, non di linea).
Evidenzia in particolare l’Alta Corte – nella recente sentenza n. 5 del 2019 – che la logica e la lettera delle disposizioni statali richiamate, lette in connessione con il complesso della disciplina statale in materia di controlli tecnici dei veicoli (illustrata in precedenza), precludono alle Regioni di introdurre un ulteriore requisito attinente all’efficienza tecnica del veicolo, che finisce per limitare l’esercizio dell’NCC da parte degli operatori “interni” e per creare dunque una distorsione della concorrenza su base territoriale.
In particolare, essendosi assunto il legislatore statale il compito di conciliare la libertà di iniziativa economica con l’esigenza di sicurezza dei viaggiatori (art. 1), le Regioni sono abilitate a regolare solamente gli oggetti indicati dalla stessa legge statale (art. 4) – in generale, la gestione del servizio – ma non possono introdurre, a carico delle imprese di trasporto aventi sede nel territorio regionale, limiti che, lungi dal rispettare i “criteri di tutela della libertà di concorrenza” fissati nella legge statale (art. 4, comma 1), penalizzerebbero gli operatori “interni”, data l’assenza di delimitazioni territoriali delle autorizzazioni rilasciate nelle altre regioni (art. 5, comma 3 - così Corte Cost. n. 30 del 2016).
Alla luce di tali premesse, deve concludersi per l’illegittimità dell’impugnato regolamento della Regione Lombardia n. 6 del 2014, poiché negativamente incidente sul livello di tutela della concorrenza fissato dalla legge statale.
Invero, se anche la previsione censurata potrebbe a priori apparire non irragionevole, alla luce degli obiettivi tutelati (in materia di sicurezza o di tutela ambientale), è pur tuttavia palese che tale disposizione ecceda l’ambito costituzionalmente definito della potestà legislativa regionale, con conseguente violazione della richiamata normativa statale in materia, alla luce di quanto previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
La proroga di due anni disposta dal regolamento regionale n. 1 del 2017, lungi dal far venir meno l’interesse al ricorso (proposto non solo ai fini di un differimento dei termini per determinare “ex lege” la vetustà degli autobus, ma innanzitutto per accertare l’incompetenza della Regione a dettare disposizioni quali quelle in esame, con conseguente caducazione delle stesse) semplicemente reiterava l’illegittimità originariamente denunciata, sia pure con la fissazione di un termine meno oneroso del precedente.
Circostanza che però non influiva sul presupposto di base, per cui la fissazione di un limite di tale natura eccede comunque i limiti entro i quali il legislatore regionale può disciplinare la materia – di sua mera competenza residuale – del trasporto pubblico locale, dato che fra tali limiti vi è quello del rispetto del bilanciamento operato dal legislatore statale nella materia trasversale e prevalente, ad esso affidata in via esclusiva, della “tutela della concorrenza” (in termini, già Corte Cost. n. 30 del 2016).
Come correttamente deduce l’appellante, il limite all’utilizzo di veicoli di età superiore a quindici anni previsto dal regolamento impugnato (pur con la previsione di un regime transitorio di alcuni anni) viene innanzitutto a determinare un’evidente disparità di trattamento tra le imprese che hanno sede nella Regione Lombardia (cui si applica il predetto regolamento) e le altre imprese italiane che operano nel settore del noleggio autobus con conducente; del resto, il principio di eguaglianza sostanziale davanti alla legge, di cui all’art. 3 Cost. e – più di recente – anche all’art. 20 della Carta dei diritti UE, è un principio generale in base al quale situazioni analoghe non possono essere trattate in modo diverso e situazioni differenti non possono essere trattate allo stesso modo, a meno che una differenziazione non sia “obiettivamente giustificata”.
Giustificazione che non è però dato rilevare, nel caso di specie.
Va inoltre considerato che il Regolamento CE n. 1071/2009 del 21 ottobre 2009, recante “Norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada”, applicabile al caso di specie, non risulta dettare alcuna prescrizione in merito alle caratteristiche degli automezzi che possono essere acquistati ed utilizzati dalle imprese di trasporto.
Sotto questo profilo, la legge statale non prevede limitazioni all’utilizzo di autobus usati, né prevede limitazioni territoriali per le imprese autorizzate.
Per contro, come già ricordato, l’art. 1 della legge n. 218 del 2003 chiarisce che l’esercizio dell’attività di trasporto di viaggiatori su strada “rientra nella sfera della libertà di iniziativa economica ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione, cui possono essere imposti esclusivamente vincoli per esigenze di carattere sociale o prescrizioni finalizzate alla tutela della concorrenza”, laddove il successivo art. 4 non attribuisce alle Regioni il potere di disciplinare in senso più restrittivo la tipologia di automezzi utilizzabili dalle imprese autorizzate.
Deve quindi ritenersi che il regolamento impugnato introduca una restrizione all’utilizzo di autobus usati nei confronti dei soli operatori economici iscritti nel registro della Regione Lombardia, al di fuori peraltro dei principi stabiliti dalla legge statale.
L’accoglimento del motivo di appello, investendo la stessa legittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso originario, è assorbente delle ulteriori censure dedotte dall’appellante (sia quella di cui al primo motivo di appello, concernente profili di carattere processuale, sia quelle di cui al terzo, quarto e quinto motivo di gravame, costituenti approfondimenti di specifici aspetti già esaminati in relazione al precedente).
Conclusivamente, alla luce dei rilievi che precedono l’appello va accolto.
La complessità e novità delle questioni esaminate giustificano comunque, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l’effetto annullando – in riforma della sentenza appellata – i provvedimenti impugnati con il ricorso originariamente proposto dalla società Rampinini Ernesto s.r.l.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Valerio Perotti Giuseppe Severini
IL SEGRETARIO