Filosofia

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10.


L’agitazione dei Professori universitari. Una lettera del prof. Ardigò... L’illustre nostro amico Ardigò... nella lealtà sua ci scriveva parole dolenti e di maraviglia per i nostri articoli. Subito replicammo confidenzialmente... L’onorando uomo ci ha replicato con una lettera molto cortese, che riproduciamo integralmente.

Padova, 15 luglio 1908.


Caro Ghisleri,

Nobilissima è la lettera che mi scrive e conforme al bel carattere che sempre mi sono compiaciuto e mi compiaccio di riconoscerle.

E non dubito menomamente che Ella sia avverso alla cultura superiore.

Ma il giornale mi dà l’impressione che, applaudendo al voto ingiustificabile e disastroso della Camera, concorra, e indebitamente affatto, a screditare presso il pubblico la classe e l’opera dei rappresentanti della cultura superiore.

Sicuro! Vi sono tra i professori universitarj di quelli che non fanno il loro dovere, dunque vadano alla malora tutti gli altri che il loro dovere lo fanno e in modo da fare con questo onore all’Italia. E con loro quindi vada alla malora la loro opera per la superiore cultura. È questo il modo di favorirla e di raccomandarne la stima e l’apprezzamento al pubblico? [p. 257 modifica]

Ma no, si dice ipocritamente. Prima riformiamo l’Università e poi del bisogno (pur presentemente urgentissimo) dei professori (anche di quelli che non hanno bisogno per sovvenire alla cultura superiore della riforma, che è sempre qualchecosa di ipotetico e di utopistico), e poi del bisogno dei professori parleremo.

Sì: l’ipotesi utopistica della riforma universitaria in cinquant’anni non si riuscirà a concretarla. E così i professori che fanno il loro dovere aspettino cinquant’anni e poi vedremo!

Ma, si insiste ancora, la riforma bisogna aspettarla, perchè infine adesso l’opera di un professore universitario (e di tutti in massa) si riduce a tre orette per poche settimane di chiacchiere qualsiansi.

Questa buffonata anche si aggiunge: e il giornale tiene bordone.

Tre orette di chiacchiere qualsiansi per poche settimane dell’anno?

Io insegno da cinquantasei anni. L’insegnare collo studio che vi si richiede mi ha sempre costato il lavoro di ben otto ore per tutti i giorni dell’anno, nessuno eccettuato. Più di duemila ore all’anno. Ed è così in realtà, o press’a poco, l’opera del professore universitario, se si prescinde dai pochi, che mancano al loro dovere, e che devono essere chiamati all’ordine da quelli che hanno il dovere di farlo, e non che siano invece addotti a scusa della denigrazione indegna degli altri.

Otto ore al giorno tutta la mia vita, e vivendo nel modo più modesto e ristretto, senza mai i mezzi per un po’ di svago, pur tanto necessario per riavermi dalla fatica. Ora in ultimo accarezzo la speranza che almeno l’estremo anno della mia vita (essendo adesso nell’ottantesimo) potesse restarmi tanto da assicurarmi un loculo al cimitero. Ma no. Neanche questo mi sarà dato.

Ed è così che l’Italia ha a cuore la cultura superiore? E che il giornale rigeneratore abbia da darle ragione? [p. 258 modifica]

Ecco l’impressione che mi lasciò il giornale e che mi ha fatto scrivere la lettera che Le ho scritto.

Con tutto questo si assicuri che io Le voglio bene assai, come sempre Le ho voluto.

Affezionatissimo

Prof. R. Ardigò

(La ragione, Roma, 18 luglio 1908).