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Il metodo del lavoro intellettuale di R. Ardigò ../ Le immagini rovesciate ../La formazione inconscia delle convinzioni IncludiIntestazione 14 aprile 2011 100% Filosofia

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15.
Il metodo del lavoro intellettuale di R. Ardigò.


Tutti, si può dire, i miei lavori, mi sono messo a per una occasione che mi vi spinse; ma valendomi di idee molto prima, a poco a poco, per lunga riflessione, maturate e conservate insieme nella massa riuscitane delle mie convinzioni: poichè non cominciai a scrivere per la stampa se non a quarant’anni circa. E in generale la occasione suddetta è anche indicata nella prefazione premessa a ciascun lavoro. Piuttosto posso dire che, delle principali delle idee mie proprie, posso anche ricordare presso a poco l’anno del concepimento, e persino anche il luogo, soprattutto fuori di casa, nelle vie di Mantova o fuori di essa, perchè il mio massimo riflettere l’ho sempre fatto girovagando solitario secondo il mio costume. Devo dire però pure che alcune delle mie idee mi sono venute nel prepararmi alle mie lezioni di filosofia al Liceo di Mantova.....

Una volta che mi prefiggo un dato lavoro, prima lo penso nel generale della sua totalità, e poi nelle sue parti principali più dettagliatamente, ma senza nulla scrivere. Poi, all’atto di stendere il lavoro, messomi ad una parte, me la dispongo in mente punto per punto e non mi metto a scriverla, se prima non è così tutta disposta in mente e quasi direi parola per parola. E così via, finita una parte e proseguendo alla successiva. E, durando il lavoro, non ricorro più a nessun libro, se non nel caso di dovere precisare qualche dato non perfettamente ricordato. In generale nel periodo relativo ad un lavoro la mia vita è così, che la mattina, subito dopo alzato e preso il caffè e acceso il sigaro (fumo sempre scrivendo), mi metto a scrivere ciò che ho pensato il giorno innanzi: e ciò dura d’ordinario fino all’ora della colazione verso il mezzogiorno. Nelle ore seguenti poi, per tutto il giorno, anche [p. 231 modifica]mangiando, anche svegliandomi la notte e soprattutto passeggiando fuori, penso e preparo per la mattina seguente. E se mi incontro, come assai spesso mi accade, con un punto difficile, tento e ritento la soluzione finchè vi sia riuscito, e con una pertinacia instancabile, sicchè dico sempre, che devo tutto alla pazienza, della quale sono capace, e per cui rifaccio magari venti volte se non sono interamente soddisfatto e scrivendo sempre da capo il tratto medesimo.

E si danno dei periodi, nei quali dovrei disperarmi, sentendomi quasi impotente più alla applicazione. Ma non dispero per l’esperienza fatta che tali periodi passano tornando la lena e l’estro di nuovo. E così smetto per poco e riposo aspettando il ritorno della buona disposizione.....

Il lavoro per me è un bisogno irresistibile. Lavoro fino al massimo della stanchezza, che riesce poi in generale accompagnata dalla soddisfazione e dalla compiacenza del lavoro fatto.

(Rivista di filosofia e scienze affini, Bologna, marzo-aprile 1907). (Inchiesta promossa dalla detta Rivista).