Saper vivere/La lieta mensa/VI. Il menu di un pranzo
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VI. Il «menu» di un pranzo
Credete voi che io ve lo darò qui? Perché dovrei darvelo? Sarebbe un non senso. Se voi, lettrice, lettore, siete abituati a dare dei pranzi di grande e di mezza cerimonia, vuol dire che avete un buon cuoco pieno di fantasia o una buona cuoca, piena di abilità: e che avete, di accordo con loro, combinato dei «menu» di stagione, per questi pranzi. A voi, nulla serve. Per chi dà più raramente dei pranzi, ma pure è costretto a darne, non ci vogliono se non delle regole generali, delle linee, diciamo così, perché la sua ospitalità sia gradita al palato e allo stomaco dei suoi invitati. Nei pranzi, anzitutto, bisogna curare i particolari: ricchezza e finezza di biancheria, di argenteria, di porcellane, di cristalli: ricchezza di lumi: ricchezza di fiori: stanza calda in inverno, fresca in estate: sedie comode, sgabello sotto i piedi delle signore, servitù attentissima, garbata, taciturna. Una zuppa leggera, leggerissima, dopo le ostriche; un pesce bollito, con salsa, o meglio se con due salse, a scelta dell’invitato, e se il pesce è caldo, salsa calda, se è freddo, salsa maionese o piccante; un piatto leggero di carne, come filetti di pollo, o riz de veau o costolettine di montone o altra delicatezza simile; una verdura che sia, asparagi, carciofi, cardi, cavoli, sedani, con burro, o con salsa bianca; un arrosto importante, tacchino, pollanca di Bresse, caccia contornata da un’insalata di crescione; un gelato; frutta svariata, ricchissima, copiosissima; biscotti inglesi o honbons dopo le frutta, senza dimenticare che, col gelato, va unito sempre un piatto di pasticceria. Pei vini: uno bianco per la zuppa e il pesce, due rossi per i quattro piatti di mezzo; un vino d Italia o di Spagna, insieme col gelato: lo champagne con le frutta e i dolcetti della line. Il vino non deve essere in tavola, ma versato dalle bottiglie originali, dai camerieri, che ne debbono dire anche il nome. Questo menu generale, che ho dato, può essere un poco diminuito e non molto aumentato. Ogni pranzo, per essere chic, deve avere una primizia, come caccia, come verdura, come frutta, qualche cosa di esotico, di mai visto, di mai assaggiato. Il caffè, nei grandi pranzi, non si serve mai a tavola: neppure nei pranzi di mezza cerimonia. In salotto, coi liquori, cognac vecchissimo, kummel fine, chartreuse autentica o qualche altro straordinario liquore. Solo se è fra amici, la signora permette che si fumi in sua presenza, dopo il pranzo: un salotto, uno studio del padrone, una stanza qualunque, si trova sempre, per fumare. E ora, buon appetito!