Rubin e il problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione/Capitolo 4

Conclusioni

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Capitolo 3.4 Capitolo 5

In questo lavoro avremmo potuto passare in rassegna le varie posizioni del dibattito sul cosiddetto "problema della trasformazione", scegliere quella che ci sembrava la più coerente con la dottrina marxista, svolgere l'argomentazione ricorrendo a citazioni, procedendo infine alla identificazione delle tesi più convincenti; avremmo anche potuto redigere il tutto in una veste neutrale, oppure ampliare la controversia con una nuova posizione.

Si è scelta invece un'altra strada e un altro obiettivo: non solo non individuare vincitori né giudicare nessuno, ma uscire proprio dal tribunale per cercare di vedere le cose da un altro punto di vista, più storico-sociologico e meno economico. Così lo studioso russo oggetto della nostra indagine, Isaak Ilijc Rubin, ha avuto l'intenzione di chiarificare che dietro al processo di trasformazione dei valori in prezzi di produzione c'era nientemeno che la storia dell'ascesa del capitalismo e della sua classe borghese.

Questa tesi lascia ad altri l'elaborazione di sistemi algebrici volti a ricavare da una serie di equazioni le varie incognite chiamate "saggio generale del profitto", "prezzi di produzione", ecc, per poi dimostrare se la trasformazione avviene oppure no, magari con l'ausilio di sofisticati software matematici. Noi invece, con in mano un semplice libro di storia, riteniamo che il dubbio se la trasformazione avvenga o meno l'abbia già risolto la borghesia da almeno 200 anni con la pragmaticità che la contraddistingue: facendo lavorare la ghigliottina a orario continuato contro l'aristocrazia feudale, espropriando le terre comuni, sottomettendo i piccoli produttori e trasformandoli in operai salariati, modellando il mondo intero a sua immagine e somiglianza facendolo gravitare attorno ad un unico centro di gravità, il Capitale.

Per noi, dunque, fintanto che dominerà incontrastato sul pianeta il modo di produzione capitalistico, i prezzi delle merci ruoteranno attorno al prezzo di produzione in quanto prezzo che esprime la necessità dell'uguale profitto per uguale entità del capitale. Questa è la prima fondamentale - e ovvia - conclusione, accettata persino da Marx che, a riguardo, ha affrontato l'enorme lavoro1 di scrivere il III libro del Capitale.

Se l'interesse è quello di scoprire cosa ci sta sotto ai prezzi relativi delle merci nel capitalismo, la risposta è: il prezzo di produzione. Nel capitalismo è solo quello, non c'è altro centro di gravità concorrente; mentre se l'interesse fosse stato relativo all'epoca feudale, avremmo forse risposto che in mezzo ci stavano anche e soprattutto rapporti di signoria e servaggio. Ma a Rubin, come a noi, è venuto l'interesse di provare a guardare oltre ai rapporti tra cose}, suscitandoci sospetto e stranezza il vedere qualità tipiche ed esclusive degli individui (rapporti sociali di produzione) attribuite agli oggetti. I prezzi relativi delle merci ricoprono così un importanza secondaria, derivata. Si riprende dunque la teoria del feticismo della merce già contenuta in Marx interpretandola per quello che è: la premessa sociologica di ogni analisi marxiana, in particolare di quella che analizza i rapporti tra produttori semplici di merci, vale a dire la teoria del valore, che comprende la teoria del prezzo di produzione in quanto anche nel capitalismo i rapporti di produzione sono espressi nella compravendita feticistica di merci.

È probabile che se si vede il problema della trasformazione come una questione di esistenza o inesistenza di soluzioni di un dato sistema di equazioni, oppure come un'analisi di presunte contraddizioni tra il I e il III libro, si ricade nella diatriba che ha impegnato così tanti studiosi nel corso di più di un secolo. Questa tesi, attraverso la voce di Rubin, sostiene invece altri due concetti fondamentali:


  1. oggetto dell'analisi di Karl Marx non è un'entità ideale o metafisica, bensì la società capitalistica, un modo di produzione reale e storico; conseguentemente non possono essere accettate interpretazioni della teoria del valore-lavoro come una componente defettibile del sistema teorico marxiano2.
  2. la conseguente sterilità di ogni approccio che, affrontando Marx, non tiene conto dell'analisi "sociologica" (di cui soprattutto il I libro è pieno in ogni punto3) e si limita a una comparazione logico-matematica di enunciati slegata da essa, priva di ogni carattere dialettico.


Così per alcuni la teoria del valore non è la teoria della struttura fondamentale dell'economia mercantile tenuto in considerazione un solo aspetto sociologico (produzione atomistica, individui formalmente eguali, ecc.), ma una idealistica teoria che sgorga dalla mente di Marx da contrapporre all'altra ugualmente idealistica sua teoria del prezzo di produzione. Questo Marx privato nientemeno che del materialismo storico (e ancor di più del materialismo dialettico}4) conduce a una diatriba che riteniamo essere più inutile che sbagliata.

Ci auguriamo dunque che questa tesi possa contribuire ad alimentare un "corretto" interesse scientifico verso questi argomenti, la cui potenza è facilmente intuibile (si consideri per esempio l'opera di Henryk Grossman5), e che poggiano tutti sulle fondamenta della teoria marxiana del valore. Conclusione, nonostante tutto, niente affatto condivisa da tutti6.

Note

  1. La cui difficoltà e pena si evince chiaramente dalla lettera a Engels del 1866 (Marx 1965, 1017).
  2. Il riferimento è verso coloro vedono nel marxismo un contributo "etico" e "ideologico" (Landreth 1995, 321-323), in totale opposizione all'intenzione di Marx di uno studio scientifico del capitalismo. In virtù di ciò, è nostro parere che la teoria di Marx debba essere confermata o confutata al pari di ogni altra teoria scientifica.
  3. Tra le innumerevoli possiamo ricordare, oltre la già esaminata teoria del feticismo del primo capitolo, anche i capitoli 8, 11, 12, 13, 23 e 24.
  4. Politzer 1936.
  5. Grossman 2010.
  6. Ad esempio sempre Landreth e Colander (ivi, 349-350) che a mio parere (personale finché si vuole ma basato su letture ed esperienze reali, tra le altre il libro Introduzione alla sociologia} e la successiva corrispondenza con l'autore, prof. Santambrogio) rappresenta sostanzialmente la posizione di una certa quota di studiosi dell'argomento o di coloro che accettano solo parzialmente Marx nel loro bagaglio culturale.