Rivista di Scienza - Vol. II/Die Biogenhypothese

Eugenio Rignano

Die Biogenhypothese ../Le crisi economiche ../Esquisse d’une sociologie IncludiIntestazione 10 febbraio 2014 75% Scienze

Le crisi economiche Esquisse d’une sociologie
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Max Verworn - Die Biogenhypothese, Eine kritisch-experimentelle Studie über die Vorgänge in der lebendigen Substanz, Jena, Fischer. 1903 (pag. 114).

Come punto centrale del ricambio materiale organico, l’autore ammette una combinazione chimica oltremodo complessa e instabile, la quale col suo continuo dissociarsi e ricostituirsi darebbe luogo a tutto l’insieme dei processi del ricambio materiale medesimo, e la quale costituirebbe così la cosiddetta sostanza vivente. Questa ipotetica sostanza è chiamata dall’autore col nome di «biogeno»; e siccome nelle varie forme della sostanza vivente si ha a che fare senza dubbio con sostanze diverse, così non avremo già una sola sorta di biogeno, bensì numerosissime sorta costituenti un gruppo chimico a sè, cioè a dire il gruppo dei biogeni.

La dissociazione funzionale della molecola di biogeno consisterebbe, secondo l’autore, in ciò che l’ossigeno intramolecolare andrebbe dal suo luogo di deposito o di accumulamento ad un gruppo o catena carburata, priva d’azoto, facilmente ossidabile, trasformandola così in acido carbonico e in altri composti di dissociazione pure privi d’azoto, come acido lattico, acqua, e via dicendo. Possiamo immaginarci il ricettore e translatore dell’ossigeno come un composto di azoto o di ferro, e il materiale d’ossidazione come una catena carburata costruita sul tipo degli idrocarburi a carattere di aldeide: ricettore dell’ossigeno e materiale d’ossidazione, ambedue attaccati come catene laterali ad un anello benzoico.

Le valenze divenute libere in seguito alla dissociazione [p. 381 modifica]parziale funzionale della molecola, di biogeno verrebbero ili nuovo saturate da appropriati gruppi carburati, apprestati dalla digestione, e dall’ossigeno, fornito dall’ambiente esterno, fino a che verrebbe ricostituito lo status quo ante.

L’aumento delle molecole di biogeno si spiegherebbe, secondo l’autore, colla polimerizzazione di molecole di biogeno già esistenti, le molecole polimere spezzandosi poi in molecole di biogeno semplici,

L’irritabilità sarebbe: «la capacità della sostanza vivente di reagire agli stimoli con un acceleramento del ricambio materiale delle molecole di biogeno. La misura per l’irritabilità sarebbe la grandezza del risultato, provocato dallo stimolo in una data quantità di sostanza vivente, in rapporto all’intensità di questo stimolo».

«È irritabile tanto la fase disassimilatrice del ricambio materiale quanto quella assimilatrice».

«Il grado della irritabilità disassimilatrice dipende, a parità d’intensità dello stimolo: dal grado di labilità o instabilita delle molecole di biogeno; dalla rapidità dei processi restituitivi che avvengono dopo la dissociazione funzionale del biogeno; dal numero assoluto delle molecole di biogeno esistenti; dalle condizioni che facilitano la propagazione del risultato dello stimolo».

«Il grado della irritabilità assimilatrice dipende, invece, sempre a parità di intensità dello stimolo: dalla quantità di materiale greggio introdotto come nutrimento; dai mozzi per l’elaborazione del materiale greggio nella forma appropriata, dei materiali di riparazione (Ersatzstofte); dalla quantità dei materiali di riparazione appropriati; dalla velocità di trapasso dei materiali di riparazione dai depositi di riserva, alle molecole di biogeno».

Osserviamo subito che, se è facilmente concepibile l’irritabilità della fase disassimilatrice, giacché in tal caso lo stimolo non deve fungere che da distruttore e gli basta quindi di produrre come uno scotimento della molecola di biogeno, altrettanto difficile a concepirsi, invece, almeno senza l’aiuto di qualche ipotesi sussidiaria intorno al modo di operare degli .stimoli trofici, e, fatta pure astrazione dall’improprietà della denominazione, l’irritabilità della fase assimilatrice, giacchè qui si tratta di costruire ogni volta in un solo modo ben determinato.

Inoltre, non si rende con ciò affatto conto, per limitare qui solo a questo fra i tanti aspetti peculiari presentati dal fenomeno vitale, — del meccanismo dell’azione trofica esercitata dall’attività funzionale; cioè a dire, non si vede affatto come mai la dissociazione parziale funzionale del biogeno debba provocare una [p. 382 modifica] attivazione della polimerizzazione nelle molecole del biogeno medesimo. Data, infatti, l’ipotesi sulla strettura molecolare del biogeno, l’auto-regolazione del ricambio materiale, quale è implicita in tale ipotesi, non può fare altro che ricostituire quella porzione della molecola di biogeno distrutta dallo stimolo funzionale; ma non può provocare alcun aumento nel numero delle molecole di biogeno. In altre parole, l’accelerazione dell’assimilazione provocata per via indiretta dallo stimolo funzionale sarebbe, secondo tale ipotesi, sempre equipollente all’accelerazione della disassimilazione provocata per via diretta dallo stimolo funzionale medesimo, e quindi lascierebbe ogni volta del tutto inalterata la quantità di biogeno già esistente.

Completiamo, invece, il concetto della dipendenza causale reciproca fra le due irritabilità, della fase disassimilatrice e della fase assimilatrice, sostituendovi l’altro di una corrispondenza univoca riversibile fra la specificità della irritabilità vera e propria, cioè quella della fase disassimilatrice, e la composizione chimica particolare del biogeno o elemento vitale rispettivo. Cioè a dire, ammettiamo che la scarica specifica di energia vitale o nervosa, costituente l’irritabilità della fase disassimilatrice, sia, allorchè funga invece da corrente di carica, atta alla sua volta a deporre, quale suo accumulatore specifico, quella sostanza particolare stessa alla cui decomposizione essa fu precedentemente dovuta. Non difficile sarà allora escogitare l’opportuno meccanismo atto a render conto, almeno in via approssimata, di quella azione trofica appunto che sulla sostanza vivente viene esercitata dalla scarica della fase disassimilatrice, in altre parole dall’attività funzionale in genere1.

Ma per riuscire a questo è d’uopo supporre nell’energia vitale o nervosa alcune proprietà elementari, quale questa dell’accumulazione specifica, non possedute da nessuna delle varie forme d’energia finora conosciute del mondo inorganico; supposizione, che in sè non ha niente di antiscientifico, visto che queste stesse diverse forme d’energia del mondo inorganico hanno ciascuna le loro proprietà fondamentali, diverse dall’una forma di energia all’altra.

Il Verworn, colla sua ipotesi del biogeno, si ostina, invece, a non vedere nel fenomeno vitale che un fenomeno chimico puro e semplice. È inevitabile perciò che, chiamata che sia la sua ipotesi a spiegare le manifestazioni complesse più caratteristiche della vita sostanzialmente diverse da quelle presentate dai [p. 383 modifica] fenomeni chimici, essa, ad onta di tutta la genialità del suo autore, si dimostri del tutto inadatta a dare di esso la benchè minima spiegazione appena appena soddisfacente.

Milano.

Note

  1. Vedi Eugenio Rignano - Sur la trammissibilité des caractères acquis, Hypothèse d’une centro-épigénèse. Paris, Alcan, 1906; ediz. italiana, Bologna, Zanichelli 1907, ultimo capitolo: «Il fenomeno mnemonico ed il fenomeno vitale».